Napolitano bacchetta tutti: siamo all'emergenza sociale, i giovani fanno bene a protestare - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Napolitano bacchetta tutti: siamo all’emergenza sociale, i giovani fanno bene a protestare

È l’ultimo discorso di fine anno di un settennato che si avvia alla conclusione. Forse il più difficile. Pronunciato – per la prima volta nella storia della Repubblica – in piena campagna elettorale, in un momento delicatissimo per la vita del Paese, che ha accettato sacrifici molto duri per cercare di superare una crisi senza precedenti. Il debito pubblico, le difficoltà del mondo del lavoro, la necessità di ritorno alla fiducia. E il richiamo alla politica, alla responsabilità e all’impegno necessario per affrontare questioni sociali complesse. Dal suo studio al Quirinale Giorgio Napolitano si è rivolto innanzitutto ai giovani, del cui futuro incerto e difficile si è da sempre preoccupato. E ha tracciato, in 22 minuti, un bilancio del suo operato.

Nessun giudizio di parte alla vigilia del voto. Napolitano ribadisce in apertura del suo discorso che non darà nessun orientamento per il futuro governo. La soluzione dei problemi del Paese spetta, infatti, ai partiti. “Alla vigilia di importanti elezioni politiche – dice – non verranno da me giudizi e orientamenti di parte, e neppure programmi per il governo del paese, per la soluzione dei suoi problemi, che spetta alle forze politiche e ai candidati prospettare agli elettori”.

La questione sociale al centro dell’azione pubblica. Gli italiani in questi anni hanno sempre di più fatto riferimento al presidente, sicuri di essere ascoltati, capiti, se possibile aiutati. Hanno scritto

per raccontare storie personali e vicende che coinvolgevano una realtà più vasta, ricevendo sempre attenzione, una risposta, un invito alla speranza. “Ricevo – spiega Napolitano – lettere da persone che mi dicono dell’impossibilità di vivere con una pensione minima dell’Inps, o del calvario della vana ricerca di un lavoro se ci si ritrova disoccupato a 40 anni”. “Al di là delle situazioni più pesanti e dei casi estremi – continua il capo dello Stato – dobbiamo parlare non più di ‘disagio sociale’, ma come in altri momenti storici, di una vera e propria ‘questione sociale’ da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica”. Le forze politiche sono dunque chiamate ad affrontare con responsabilità e impegno i nodi di una crisi che ha fortemente influito sulla realtà sociale del Paese.

Sacrifici necessari per ridurre il debito pubblico. Il presidente riconosce poi i sacrifici cui i cittadini si sono sottoposti per contenere il debito pubblico e rimanere in Europa. “Guai – ribadisce il capo dello Stato – se non si fosse compiuto lo sforzo che abbiamo in tempi recenti più decisamente affrontato: pagare gli interessi sul nostro debito pubblico ci costa attualmente – attenzione a questa cifra – più di 85 miliardi di euro all’anno, e se questo enorme costo potrà nel 2013 e nel 2014 non aumentare ma diminuire, è grazie alla volontà seria dimostrata di portare in pareggio il rapporto tra entrate e spese dello Stato, e di abbattere decisamente l’indebitamento”.

In Italia è tornata la fiducia. Per Napolitano i sacrifici hanno già cominciato a dare frutti. “C’è stato un ritorno di fiducia nell’Italia, hanno avuto successo le nuove emissioni di Buoni del Tesoro, si è ridotto il famoso “spread” che da qualche anno è entrato nelle nostre preoccupazioni quotidiane”.

Si esce dalla recessione insieme all’Europa. Uscire dalla recessione, rilanciare l’economia, è possibile solo insieme con l’Europa. Ma il presidente sottolinea anche che “l’Italia non è un paese che possa fare, nel concerto europeo, da passivo esecutore; è tra i paesi che hanno fondato e costruito l’Europa unita, ha titoli e responsabilità per essere protagonista di un futuro di integrazione e democrazia federale, condizione per contare ancora nel mondo”.

I giovani sono la vera forza del Paese. Secondo Napolitano è importante che “tra i giovani si manifesti, insieme con la polemica e l’indignazione”, anche “la voglia di reagire, la volontà di partecipare a un moto di cambiamento”. Bisogna offrire ai giovani delle opportunità “attraverso politiche pubbliche di istruzione e formazione – aggiunge – rispondenti alle tendenze e alle esigenze di un più avanzato sviluppo economico e civile”.

Chi nasce in Italia deve essere italiano. Il presidente torna su un argomento più volte ribadito durante il suo settennato, ossia la questione della cittadinanza italiana agli immigrati nati in Italia: “Già un anno fa – spiega – avevamo 420 mila minori extracomunitari nati in Italia: è concepibile – si domanda – che, dopo essere cresciuti ed essersi formati qui, restino stranieri in Italia? E’ concepibile che profughi cui è stato riconosciuto l’asilo vengano abbandonati nelle condizioni che un grande giornale internazionale ha giorni fa – amaramente per noi – documentato e denunciato?”.

Diritti civili e violenze domestiche. Il capo dello Stato ricorda poi i passi avanti fatti nel campo dei rapporti e dei diritti civili, ad esempio con la legge che ha sancito l’equiparazione tra i figli nati all’interno e al di fuori del matrimonio, o con le nuove normative di questi anni per contrastare persecuzioni e violenze contro le donne. Ma ha rivolto un pensiero anche alle tantissime donne vittime di violenze e di “barbare uccisioni” e annuncia di aver appena firmato la legge di ratifica della convenzione internazionale rivolta a combattere la violenza domestica.

La situazione delle carceri e la sicurezza dei luoghi di lavoro. Napolitano giudica “incivile” la “realtà angosciosa delle carceri” italiane, e bacchetta il Parlamento per non aver approvato “una legge che avrebbe potuto almeno alleviarla”. Ritorna poi su un altro dei temi di particolare impegno durante il suo settennato, ovvero la sicurezza sui luoghi di lavoro, che è “condizione anche per il successo di intese volte a elevare la produttività e competitività del nostro sistema economico”.

Rammarico per la mancata legge elettorale e le nuove forze in campo. Il presidente riserva, nella parte finale del suo discorso, parole dure ai partiti per non aver “saputo o voluto riformare la legge elettorale”. E fa un appello alle forze politiche per garantire “la qualità delle liste”. Evidenzia, inoltre, che al giudizio degli italiani questa volta si presenteranno anche nuove offerte di liste e raggruppamenti che si vanno definendo: “L’afflusso -dice Napolitano – attraverso tutti i canali, preesistenti e nuovi, di energie finora non rivoltesi all’impegno politico può risultare vitale per rinnovare e arricchire la nostra democrazia, dare prestigio e incisività alla rappresentanza parlamentare”. Quanto a Mario Monti, “ha compiuto una libera scelta di iniziativa programmatica e di impegno politico. Egli non poteva candidarsi al Parlamento – spiega il capo dello Stato – facendone già parte come senatore a vita. Poteva, e l’ha fatto – non è il primo caso nella nostra storia recente – patrocinare, dopo aver presieduto un governo tecnico, una nuova entità politico-elettorale, che prenderà parte alla competizione al pari degli altri schieramenti. D’altronde non c’è nel nostro ordinamento costituzionale l’elezione diretta del primo ministro, del capo del governo”.

Riportare la politica a livelli alti. In chiusura, Napolitano cita una frase di Benedetto Croce per spiegare l’importanza della politica, senza la quale “nessun proposito, per nobile che sia, giunge alla sua pratica attuazione”. Per il capo dello Stato l’insegnamento del filosofo è ben chiaro: “Il rifiuto o il disprezzo della politica – conclude Napolitano – non porta da nessuna parte, è pura negatività e sterilità. La politica non deve però ridursi a conflitto cieco o mera contesa per il potere, senza rispetto per il bene comune e senza qualità morale”.

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