Saipem, maxi tangente divisa in 7 tranche
L’inchiesta punta ad accertare se parte dei soldi transitati sui conti della società di Hong Kong, tra Svizzera, gli Emirati Arabi e Dubai, siano rientrati in Italia e finiti nella disponibilità di altre persone, oltre a faccendieri, funzionari e politici algerini.
Le dimissioni di Scaroni non sono all’ordine del giorno. Parola di Recchi presidente Eni.
Sarebbe stata divisa in 7 tranche la maxi tangente pagata, secondo l’ipotesi accusatoria, da società del gruppo Eni per far ottenere alla controllata Saipem una serie di appalti miliardari in Algeria, 8 contratti per un complessivo di 11 miliardi di dollari.
Sette flussi finanziari relativi a “commissioni” arrivati sui conti della società di Hong Kong, Pearl Partners Ltd, il piu’ rilevante di oltre 77 milioni di euro in relazione al contratto ”LNG GL3Z (Arzew)”, per un totale di oltre 197 milioni di euro, ovvero il presunto “prezzo” della maxi-tangente che sarebbe finita anche ad esponenti del governo algerino.
Lo evidenziano i pm di Milano Fabio De Pasquale, Sergio Spadaro e Giordano Baggio, titolari dell’inchiesta milanese, nel decreto di perquisizione (casa e ufficio) emesso ieri nei confronti di Paolo Scaroni, amministratore delegato del gruppo energetico.
Inoltre, nel decreto si fa riferimento a «una nota redatta da Varone per il Consiglio di amministrazione del 4 ottobre 2007 di Snamprogetti spa (societa’ incorporata da Saipem nel 2008)». Nella nota l’ex manager parlava di un agente della società di Hong Kong, «il sig.Ouraied», spiegando che «è ben conosciuto nel contesto commerciale dell’Algeria e conosce il processo di valutazione a aggiudicazione del cliente». I pm poi, come emerge dal decreto di perquisizione, stanno indagando anche sui rapporti economici tra Varone e l’intermediario della Pearl Partners, Farid Bedjaoui (indagato), presunto collettore delle mazzette. Entrambi sono soci di una azienda agricola in Italia e ci sarebbero anche «cointeressenze economiche» tra la moglie separata di Varone, Regina Picano, e l’algerino. Una valigetta e’ stata sequestrata dagli investigatori lo scorso primo dicembre a una parente di Regina Picano e dentro gli inquirenti avrebbero trovato documenti interessanti su questi rapporti economici. L’inchiesta, infatti, punterebbe anche ad accertare se parte dei soldi transitati sui conti della società di Hong Kong, tra la Svizzera, gli Emirati Arabi e Dubai, siano poi anche rientrati in Italia e siano quindi finiti nella disponibilità di altre persone, oltre a faccendieri, funzionari e politici algerini.
Paolo Scaroni, l’ad di Eni iscritto ieri nel registro degli indagati per il reato di corruzione internazionale, dal canto suo si difende con un intervista rilasciata a Repubblica. In merito all’incontro tra il ministro algerino Chakib Khelil e il presunto intermediario Farid Bedjaoui afferma: «Ma quale faccendiere? Quel signore di cui si parla nelle carte della Procura lo ho incontrato una volta nella vita e solo per pochi minuti. Mi e’ stato presentato come il segretario particolare del ministro algerino dell’Energia: mi ha accompagnato e non l’ho mai più visto».
La linea difensiva di Scaroni, secondo quanto riferisce il quotidiano, non sarà quella di negare l’incontro ma quella di dimostrare come, in tutti i suoi anni alla guida di Eni a partire dal 2005, non si sia mai interessato dei contratti di Saipem. «Non potrei nemmeno. E’ vero che controlliamo Saipem al 43%, ma non interferiamo nella loro attività. E la ragione e’ molto semplice: per il 90% della sua attività Saipem lavora per tutti i nostri concorrenti, da Shell a Total. Se solo fossero sfiorati dal sospetto che sappiamo quello che fanno non lavorerebbero più». L’argomento dimissioni Scaroni non è all’ordine del giorno. Lo ha escluso, categoricamente il presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi, ribadendo la dichiarazione stampa:«Siamo totalmente estranei».Redazione Online News
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