CIVITAVECCHIA/In arrivo inceneritore per bruciare armi chimiche della 2° Guerra - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

CIVITAVECCHIA/In arrivo inceneritore per bruciare armi chimiche della 2° Guerra

Deposito-scorie-civitavecchia-249x300La popolazione che vive a Civitavecchia e dintorni, rischia di dover presto fare i conti con un nuovo inceneritore. Lo rivela “Il Fatto Quotidiano, parlando di  un ossidatore termico che servirà per bruciare nientemeno che le armi chimiche residuate della Seconda guerra mondiale contenenti iprite, fosgene, arsenico e adamsite.

Sono circa vent’anni che, tra l’autostrada A12 e le falde del monte Tolfa, vengono distrutte le vecchie bombe e le scorte di agenti tossici dell’arsenale chimico fascista, più le migliaia di ordigni chimici che – affermaIl Fatto – erano stivati nelle navi americane affondate nel 1943 dai bombardieri tedeschi nel porto di Bari, e che i militari italiani e statunitensi dopo la guerra pensarono bene di inabissare al largo di Molfetta.

Finora la bonifica è andata a rilento attraverso un procedimento chimico le cui scorie tossiche vengono impastate in grandi blocchi di cemento che  vengono accatastati all’aria aperta, sotto il sole o la pioggia. E rimangono lì, anni e anni. Il pericolo di infiltrazioni tossiche nelle falde acquifere sottostanti il centro è evidente, ma trattandosi di area militare non sono mai stati eseguiti controlli. “Con il Cetli abbiamo una convenzione riguardante l’ex magazzino di armi chimiche di Ronciglione, sul Lago di Vico – spiega la dottoressa Rossana Cintoli, direttrice tecnica dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) del Lazio – ma non abbiamo mai avuto modo di effettuare analisi sull’impatto ambientale delle attività di bonifica che avvengono nel comprensorio militare di Santa Lucia a Civitavecchia”.

Per il Consigliere regionale del Lazio Gino De Paolis (Sel), “pare vogliano riparare questi blocchi di cemento sotto delle tettoie, in attesa di spedirli in Germania per gettarli nelle miniere di sale abbandonate”. Questa ipotesi dimostrerebbe la pericolosità dei monoliti di cemento abbandonati alle intemperie tra i boschi laziali. Il problema dello smaltimento delle scorie, oltre alla lentezza dei tempi di lavorazione, ha spinto la Difesa a studiare fin dal 2009 un sistema alternativo di distruzione di queste armi, individuandolo nell’ossidazione termica: in parole povere, un inceneritore.

“Dalle informazioni in nostro possesso, la realizzazione dell’inceneritore è cosa ormai decisa”, spiega De Paolis, che sulla vicenda ha presentato lo scorso 5 settembre un’interrogazione urgente al presidente del Consiglio regionale, Daniele Leodori (Pd). “E’ stata individuata da tempo la ditta costruttrice, un’azienda tedesca, ed è stato predisposto uno stanziamento da 16 milioni di euro. Ma trattandosi di opera coperta da segreto militare, non è stato effettuato nessuno studio pubblico di impatto ambientale e sanitario”. Un dato confermato dalla stessa dottoressa Cintoli di Arpa Lazio. “Del progetto dell’ossidare termico non sappiamo assolutamente nulla: non siamo stati né informati né interpellati in merito dal Cetli”.

Secondo quanto riferisce “Il fatto Quotidiano”, la Difesa non avrebbe rilasciato alcuna dichiarazione, ma nello stesso tempo tra i boschi di Civitavecchia sarebbero già iniziati i preparativi per la costruzione del nuovo impianto.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login