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ABBIAMO VISTO PER VOI/ Eataly Ostiense, che stress. Mangiare? Meglio lasciar perdere

eatatgmjnIl Venerdì di Repubblica gli dedica la copertina e il servizio di apertura, quotidiani e riviste se lo contendono. Mister Eataly, al secolo Oscar Farinetti, può dire con orgoglio che sul suo impero commerciale non tramonta mai il sole, strizza l’occhio alla politica, scrive libri. Dicono di lui che ha inventato i supermarket della qualità e che ha nuovi faraonici progetti. Farebbe bene a tornare sui suoi passi, sulla vecchia strada, come diceva una vecchia canzone del “guru” Celentano. Perché la realtà, nuda e cruda, non è così brillante come la raccontano. Esperienza circoscritta, quella che riportiamo, e riferita all’Eataly dell’Ostiense, a Roma, la mega struttura nata dalle ceneri dell’Air Terminal della stazione Ostiense, la struttura realizzata per i Mondiali di calcio del 1990 . Inaugurato quindici mesi fa come il più grande luogo al mondo dedicato alle eccellenze agroalimentari italiane – 16.000 metri quadrati, oltre 5.000 prodotti agroalimentari di qualità, 18 luoghi di ristorazione monotematici, 40 aree didattiche/emozionali, cinquecento addetti – sembra aver esaurito lo slancio della corsa. L’entusiasmo della prima visita è via via scemato nel corso dei mesi, fino a trasformarsi un una sorta di fastidio autolesionista. Ci si riaffaccia periodicamente nella speranza di ritrovare le emozioni iniziali, si esce sconfitti. Bellissime le intuizioni di Farinetti, filiere, qualità, kmzero etc, ma all’Ostiense si paga tutto caro, dai prodotti di nicchia a quelli di largo consumo, si mangia male, scomodi, in mezzo alla confusione e con prezzi elevati. Un timballo di melanzane arrivato al tavolo freddo può costare dodici euro? L’impressione è di essere finiti in mezzo ad una catena di montaggio, conveniente all’esercente, penalizzante per il cliente. Che non ha nemmeno il conforto di essere coccolato al tavolo da un cameriere ma deve fare la coda alla cassa prima di mangiare per ordinare in fretta i piatti da consumare. Senza citare i marchi per esteso le garanzia sono quelle degli stand di una nota ditta di cioccolateria e di una azienda di caffè. Troppo poco. Esaurito l’effetto magico della novità, dell’essere protagonisti in uno scenario di tendenza, ci si chiede perché sia necessario sottoporsi a tante scomodità e delusioni per prendere quelle due o tre cose che ti fanno contento in un posto dove trovi di tutto. Mangiare? Mai più. Tante scelte, nessuna convincente, al ristorante si va per stare comodi, per essere serviti e riveriti, per rilassarsi. Non per stressarsi ulteriormente. Se non ti vendessero tutto come fosse il top ci si potrebbe anche stare, ma uscire con il sapore amaro della delusione in bocca

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