Il crack del megastore dell’elettronica. Buco da 70 milioni di euro al Centro Giotto, arrestati in cinque - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Il crack del megastore dell’elettronica. Buco da 70 milioni di euro al Centro Giotto, arrestati in cinque

centrogiottoUna famiglia di imprenditori da trent’anni figurava tra i leader della distribuzione di elettronica di consumo, gestendo oltre 30 megastore con l’insegna “Centro Giotto”, diffusi soprattutto nel centro Italia. Ma dietro la facciata si celavano conti non in ordine, magazzini gonfiati e un bilancio che faceva acqua da tutte le parti.
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno arrestato l’amministratore della società “Mediasonicroma S.r.l.”, e i tre figli che qui figuravano come soci. L’accusa è quella di aver provvocato il fallimento, come dichiarato dal Tribunale di Roma il 15 dicembre 2010, della società proprietaria della catena di distribuzione “Centro Giotto”. Oltre ai 4 imprenditori romani, nei guai è finito anche un commercialista di Pescara. Gli accertamenti compiuti dal Nucleo di Polizia Tributaria hanno consentito agli investigatori delle Fiamme Gialle di svelare un ben congegnato progetto illecito, attraverso il quale la famiglia di imprenditori, magistralmente consigliati da un noto commercialista abruzzese, ha dapprima costituito una serie di nuove società, cui sono state apportate liquidità e merci di magazzino per circa trenta milioni di euro, che sono poi state trasferite in Portogallo incorporandole in altre società di diritto lusitano, amministrate da soggetti prestanome.
Tali abili trasformazioni societarie avevano lo scopo di creare nuovi soggetti giuridici privi di debiti che, grazie a simulati contratti di affitto d’azienda con la Mediasonicroma S.r.l., sono di fatto subentrati nella gestione dei numerosi punti vendita della catena Centro Giotto, distribuiti sul territorio nazionale. Per effetto di tali operazioni la società capogruppo, che fino ad allora era stata a capo di un florido progetto di capillare distribuzione commerciale, è stata spoliata di tutte le merci in magazzino e si è ritrovata “piena” di passività, che hanno finito per condurla all’inevitabile fallimento. Gli indagati, inoltre, nel tentativo di sottrarsi alle conseguenze del fallimento della holding di famiglia, hanno anche presentato al Tribunale di Roma una domanda di concordato preventivo con proposta di liquidazione dei creditori, mediante ricorso ad un residuo attivo del tutto inesistente, risultato, all’esito degli approfondimenti delle Fiamme Gialle, essere costituito da liquidità indisponibili, crediti inesigibili, valore di magazzino gonfiato e beni immobili non di proprietà. Ad esempio, hanno indicato una inesistente massa di beni materiali per quasi 1 milione e mezzo di euro che avrebbero dovuto trovarsi in un magazzino di Città Ducale risultato in realtà essere un deposito di materiale di risulta o da discarica.
Gli investigatori hanno persino individuato una fittizia compravendita in favore della moglie di uno degli arrestati di un complesso immobiliare a Formello costituito da una villa di tredici vani catastali, con annesso terreno di oltre due ettari, già di proprietà della società fallita e del valore di due milioni di euro, mai corrisposti. Tale compravendita sarebbe avvenuta dopo una quanto meno “sospetta” separazione legale dei coniugi, sospetta poiché gli stessi continuavano a vivere insieme nella medesima villa, sottratta alla garanzia dei creditori. L’attività d’indagine e di ricostruzione delle vicende societarie è stata resa oltremodo difficile dall’assenza di libri e di scritture e documenti contabili, sottratti alla procedura fallimentare e solo in parte rinvenuti dagli investigatori nel corso delle indagini. Il deficit patrimoniale fin qui accertato è pari a circa 70 milioni di euro, di cui oltre 24 milioni nei confronti dell’Erario e altri circa 2,5 milioni tra stipendi ed emolumenti di spettanza dei dipendenti.
Gli arrestati, per i quali il Gip del Tribunale di Roma Paola Della Monica ha disposto la custodia agli arresti domiciliari, unitamente ad altri 3 indagati, dovranno ora rispondere innanzi all’Autorità Giudiziaria dei gravi reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login