ENOTECHE DI ROMA/ Lucantoni, passato e presente decantati a dovere - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

ENOTECHE DI ROMA/ Lucantoni, passato e presente decantati a dovere

lucantoni-roma-300x224Stefano Lucantoni, oltre che un ingegnere, è un giovane sommelier Master Class dell’AIS. I suoi nonni diedero inizio alla storia dell’enoteca Lucantoni negli anni ’50, con l’apertura – in quello che oggi è un sonnecchiante quartiere di Roma Nord – di un punto vendita di vini e olii (all’epoca il vino imbottigliato era un privilegio per pochi, e lo si comprava ‘sfuso’). Nel ’61 suo padre e i suoi zii trasferirono il negozio al 33 di Largo di Vigna Stelluti (a un centinaio di metri dall’originale) ed è proprio qui, dopo più di cinquant’anni, che Stefano passa le sue giornate. Oggi è lui a gestire l’enoteca, e l’esercizio sembra decisamente in buone mani. Nonostante la giovane età, appare competente e sicuro; grazie alla giovane età, dinamico e al passo coi tempi – il che si riflette sull’atmosfera tutt’altro che solenne dei locali. Non fraintendiamoci. Stiamo parlando di un’enoteca tra le più fornite della Capitale (più di 4000 etichette di vini, più di 800 tra acquaviti e liquori, vasta selezione di birre e prodotti gastronomici) ma, secondo Stefano, non è questo il punto: “Un’enoteca è un posto dove divertirsi, dove appagare la propria curiosità e scoprire sapori nuovi: si parla di vino, si beve vino, si fa cultura del vino”. Il termine, quindi, non si lega alla quantità: “Se offrissimo lo stesso numero di vini ma li scegliessimo in modo anonimo, senza criterio, non saremmo un’enoteca. Al contrario, un piccolo bar che offrisse anche solo tre o quattro vini da mescita selezionati con cura, con qualcosa da raccontare, potrebbe chiamarsi in tal modo. La cosa non mi infastidirebbe”. Iconoclastia giovanile? No. Passione. Stefano cita un concetto per lui ovvio, ma tutt’altro che scontato: dietro ogni bottiglia – o meglio, dentro – ci sono storie da raccontare. Si potrebbe quasi dire che è il vino ad aver voglia di raccontarle: forse è proprio il richiamo di queste storie che ha incuriosito, appassionato e infine irresistibilmente attratto il giovane ingegnere verso l’attività di famiglia. Come biasimarlo? Il vino è l’unico alcolico che abbia questo tipo di fascino, di raffinatezza, e non se ne può parlare senza coinvolgere la gastronomia e la cucina. In questa direzione si muove l’ultima trovata dei Lucantoni: le ‘Taste Box’, contenenti bottiglie e assaggi gastronomici da degustare col vino – con tanto di codici QR (leggibili con la fotocamera dei cellulari) collegati a link didattici. Iniziativa, questa, che si aggiunge alle settimanali degustazioni in loco, ai corsi tenuti dai sommelier e ai tornei di degustazione cieca – veri e propri giochi per intenditori. Il futuro di questa azienda familiare, da dove lo osserviamo noi, appare roseo nonostante la crisi. Stefano racconta che l’hanno accusata anche loro, e gli crediamo, ma è interessante rifletterci mentre lo osserviamo indaffararsi dietro a un cliente che, messe in fila una trentina di bottiglie da portarsi via, esclama: “Vorrei anche qualche bianco!” Lorenzo Marziali

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