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Cosentino, ‘renziano’ per necessità: per contrastare l’asse Marino-Zingaretti

lionello-cosentinoLo definiscono “tenace”, “di polso”, “vero uomo di partito”. Per il suo principale sponsor, quel Goffredo Bettini che tanta parte ha nei successi della politica della sinistra a Roma, è “autorevole, libero, unitario,competente”. E c’è chi giura che non abbia mai alzato la voce in vita sua. Anche quando si appassiona, o attacca gli avversari, sprigiona sempre una “forza tranquilla”, mai i toni esasperati, e talvolta vicini all’insulto, di tanti politici di oggi. E così è apparso anche in questo inizio di dicembre, quando il trionfo del rottamatore Matteo Renzi nelle primarie ha scatenato venti di tempesta non solo a livello nazionale ma anche su quella parte del Pd – quello romano – di cui è da poco più di un mese il segretario. Da vero uomo di partito, Lionello Cosentino – “napoletano” (per nascita) di Roma, 62 anni, dal 1995 al 2000 consigliere regionale, nel 2006 deputato per l’Ulivo, nel 2008 senatore del Pd – non ha fatto una piega. E non ha neppure perso il sorriso, lui che – come tutta la nomenclatura del Pd romano – era sostenitore dichiarato di Gianni Cuperlo, l’anti-rottamatore per eccellenza sostenuto da uno dei Grandi della “vecchia guardia”, Massimo D’Alema. Perché Cosentino, che in quel partito è nato come politico, pur senza approdare mai nel “partito liquido” sognato da Veltroni, aveva capito da tempo come la strada del Pd – segmento romano compreso – stesse conducendo a un “cul de sac. Secondo lui, però, i panni sporchi “si lavano in famiglia”; e, fuori, in interviste ai giornali, ne ha parlato poco. Nelle riunioni dei Circoli, invece, è stato chiaro. Già prima di diventare il “numero uno” del Pd romano, aveva parlato di “crisi profonda” ( e “di un bel po’ di debiti”) del partito, di un Pd “incerto sul proprio futuro”, “incapace di parlare alla gente”, che ha “sottovalutato il pericolo di una Giunta del Campidoglio che non funziona”, e di “un Partito democratico assente”. Solo che la “linea”, appena un mese fa, era ancora quella stile “vecchio Pc”, “mozione unitaria”, tutti dentro tutti contenti: per un uomo di partito e di apparato come Cosentino un compito facile, quello di riportare ordine. Il “ciclone Renzi” ha cambiato tutto. Con Renzi che ha strabattuto Cuperlo in tutte le sezioni e i circoli della Capitale (lasciando ai competitor una sola bandierina: a Beppe Civati nella zona universitaria) sarà non solo difficile ma impossibile mantenere gli equilibri e il “Cencelli” partitico del passato. Il lettore, quando avrà tra le mani questa copia del “Corriere di Roma”, avrà già visto insieme con chi Cosentino si appresta al tentativo di rilancio del suo Pd. Un mese fa pensava che avrebbe cominciato con un sapiente dosaggio delle “correnti”. Oggi l’imperativo è un altro: innovare, e questo porterà al suo fianco, come vice-segretario, uno di quei “renziani” finora snobbati dal partito: che sia Tobia Zevi o Luciano Noba non importa. E anche in quell’altro posto di capitale importanza per il partito che è il “settore organizzazione”, molto dovrà cambiare. Fino ad oggi è stato affidato ad una sola persona “di fiducia”; adesso feste, convegni e ogni altra iniziativa dovranno essere decisi in un “comitato allargato”, una struttura “nella quale tutti si sentano garantiti”. Compito delicato, quello di gestire questo “mix”, anche perché l’adesione di Cosentino al “nuovo che avanza” dovrà fare i conti, oltre che con il piano di austerità reso necessario dalla fine imminente del finanziamento pubblico dei partiti, anche con i regolamenti di conti tra gli “ex” storici: da una parte gli ex Margherita e dall’altra gli ex Ds schierati con Cuperlo (tra cui Zingaretti e Gasbarra&c). Cosentino da questo secondo gruppo sembra già uscito, forse perché “recuperabile” alla loro causa, grazie ai “renzani”. Sono stati proprio loro infatti a favorirne l’elezione alla segreteria. Per capire meglio il futuro conterà come detto la composizione dei collaboratori di Cosentino. Ancora non del tutto sopiti sono infatti gli scontri molto duri che c’erano stati prima della elezione di Ignazio Marino al Campidoglio dentro ai Ds, dove gli ex Margherita sostenevano che il candidato ideale contro il candidato poi vincente di Bettini sarebbe stato Paolo Gentiloni, uno dell’ ”inner circle” di Renzi. Cosentino avverte, e lo dice da tempo, l’urgenza che i Ds siano “visibili accanto al sindaco” aiutandolo a governare la città, con la quale non ha finora Marino non ha saputo stabilire un buon rapporto. Se Roma “non riparte”, per i Ds le prossime scadenze elettorali rischiano infatti di trasformarsi in una “débacle”, sia le “europee” della primavera prossima che le quasi certe politiche del 2015. Per questo chiedevano un rimpasto e un programma riveduto e corretto della Giunta. Adesso però su questa strada c’è un ostacolo in più: il dialogo diretto tra Marino e Renzi. I due si parlano, sostenendosi a vicenda, e questo renderà più difficile al Pd romano, leggi Cosentino, pretendere un controllo diretto sui programmi della Giunta capitolina. Saranno loro due, probabilmente, a dettare le prossime mosse. Cosentino viene considerato come l’uomo ideale per contenere, e in qualche modo attutire, gli effetti della nuova linea di Renzi; in qualche modo per trasformare la “tramontana” del rottamatore, almeno nella Capitale, in un leggero e indolente “venticello di Roma”. Carlo Rebecchi

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