Fast food o slow food? L’ Italia a due vie - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Fast food o slow food? L’ Italia a due vie

Accademia-della-Cultura-EnogastronomicaE’ trascorso ben oltre mezzo secolo da quando mio padre sosteneva che il padre di suo padre già raccomandava di mangiare sempre con in piedi sotto al tavolo; era un consiglio per allungare la vita, per assaporare il cibo e per stare insieme, così da esaltare i momenti della convivialità. Poi questa raccomandazione si è modificata in slow food divenendone il portabandiera, che vuol dire mangia piano seduto a tavola, giustificandola quale contrapposizione al fast food che vuol dire pasto veloce, magari anche in piedi.

Mangiare piano è l’antitesi dell’agitazione moderna che ha spinto i bar ad adeguare il servizio al cambiamento delle abitudini con i banconi sempre più lunghi per servire più clienti in piedi. Il Fast food introdotto e pubblicizzato dapprima da McDonald’s con la sua apparizione in Italia ha subito suscitato le reazioni più accese ed agguerrite da parte delle associazioni di settore contro la qualità del cibo. Il successo? Il fai da te con la guida dei cartelloni multicolori che mostrano i cibi con il prezzo, i tempi veloci di consegna dell’ordinato, l’aria american style che si respira negli arredi e nei colori invadenti, l’assenza del cameriere che ti chiede se vuoi altro e che ti crocifigge con lo sguardo se hai ordinato poco, la scelta tutta tua del tavolo libero che preferisci, senza accoglienza e senza il saluto del commiato e senza mance, esci e rientri nel locale tutte le volte che ti pare tanto paghi prima della consumazione e soprattutto la certezza di quanto pagherai compreso lo sbarazzo del tavolo da personale attento a pulire immediatamente per far posto a chi è in attesa.

I giovani ansiosi di immergersi in una atmosfera vivace e inusuale a basso costo ne hanno fatto un centro di incontro e di raduno anche organizzando festicciole private per cui il fast food è divenuto fast nel servizio e slow nel consumare per prolungare i momenti di incontro.

McDonald’s ha divulgato l’America che rappresenta il paese dove si possono avverare i desideri, dove gli indimenticati Fred Astaire, Frank Sinatra, Marilyn Monroe e le musiche di Morricone in “c’era una volta l’America” fanno fremere e sognare più del film, mostrando l’essenza di un’America dove una parabola di potere può finire anche in un tritarifiuti.

E’ lo Slow food che ha calcato la mano addosso a McDonald’s, non prevedendo che anch’esso lentamente si sarebbe trasformato in slow radunando i ragazzi nei suoi locali dove divorano panini e patate in tempi più lunghi per appagare la voglia di stare e di chattare insieme, ha, comunque, il grande merito di aver risvegliato le coscienze sull’educazione alimentare strettamente legata a quella del viver sociale e di tentare il salvataggio di stili di vita a tavola in via di estinzione. Con il Salone del Gusto a Torino ha poi vivacizzato l’interesse per i prodotti gastronomici italiani, ma forse meno per l’Italia, perché anche in questo Salone si offrono esposizioni e bancarelle più attente alla vendita degli alimenti tout court piuttosto che alla seduzione dei prodotti delle nostre terre.

Al contrario, purtroppo, i governanti poco o nulla hanno fatto per portare alla ribalta l’immagine gastronomica del nostro Paese, anzi un lungo periodo di gestione dissennata della cosa pubblica ha offuscato l’opportunità di far indirizzare le scelte verso gli alimenti italiani, solo rapidi barlumi di un successo evanescente troppo spesso più per copiarli e sostituirli con altri di qualità decisamente inferiore a ricordo di un interesse verso il fascino del passato della nostra cucina.

I dissidi interni ai palazzi del potere e le gaffe suggerite da una strafottenza che straripa generando ondate di polemiche politiche amplificate dalla stampa nazionale e internazionale, deprimono consistentemente la scelta nei rapporti commerciali.
Ancora non si sono messi in testa che il prestigio della nazione spesso vale più di un aiuto economico e che l’arroganza del potere sia economico che politico limita la crescita spontanea fondata sulle capacità professionali dei nostri imprenditori.

Pier Giorgio Tupini
Presidente dell’Accademia della Cultura Enogastronomica

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login