Rassegnamoci, qui nessuno vuol cambiare le cose sul serio - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Rassegnamoci, qui nessuno vuol cambiare le cose sul serio

L'amara lezione del "caso Cola di Rienzo"

Pag_01_06Un “buco nero”. E’ quello nel quale precipita chi cerca di capire come si possa mettere fine alla illegalità diffusa di cui trasuda Roma.  Lo vediamo tutti giorno dopo giorno: la Capitale è sempre più simile a certe grandi città dei paesi emergenti, come Rio de Janeiro con le sue favelas, Mumbai con i suoi miserabili ma giganteschi quartieri a luci rosse o, più vicino a noi, il Cairo, dove migliaia di  senza casa si sono stabiliti nelle cappelle e nei monumenti del grande cimitero al centro della città. A Roma non siamo ancora a quel punto, ma se il degrado continua senza che si pongano ad esso rimedi il futuro è dei peggiori.

Ormai non siamo più soltanto ad esprimere sdegno per lo stato pietoso delle strade romane, per i suk che ormai non sono più limitati al centro storico ma sono presenti anche in altri quartieri, una volta definiti “bene”, come Prati. La questione è un’altra. E’ cercare di capire come mai l’evidente illegalità sotto gli occhi di tutti – bancarelle sulle strisce pedonali, che impediscono l’accesso ai negozi, camioncini con il materiale in vendita sulle bancarelle parcheggiati notte e giorno, per settimane, nei parcheggi a pagamento senza che nessuno paghi al Comune il dovuto – non venga sanzionata; e sia di fatto accettata da chi governa la città come qualcosa di assolutamente normale.

Il cittadino che paga le tasse (sulle quali non ci sono sconti di sorta) rimane ormai senza parola. Se per una veloce commissione in banca, o un salto in qulache negozio per ritirare un pacchetto, lascia la macchina dove non dovrebbe (può capitare…) è sicuro di prendersi una multa. Ma se per caso gli viene voglia di far notare ai vigili che è stato costretto a fare l’infrazione perché i posti macchina sono occupati 24 ore su 24 da furgoni dei bancarellari che per questo non sono mai multati, sono due le reazioni con le quali viene accolto: o i vigili gli dicono che non è di loro competenza oppure rischia sanzioni, oltre che rimbrotti, ancora maggiori.

Tutto questo perché i regolamenti cittadini sono una “giungla” che invece di vietare le irregolarità le incoraggia. Ad inoltrarvisi, ci si perde. Dai vigili si è rimandati alla finanza, dal Comune (ma a quale assessorato?) alla Regione  (e anche qui: chi è competente?). per le licenze degli ambulanti c’è un regolamento comunale: ma per certe licenze si avanzano diritti che risalgono  all’immediato dopoguerra, quando non c’erano negozi e gli ambulanti erano i nostri supermercati di oggi. Possibiler che nessuno si sia accorto che il tempo è passato? Che a Cola di Rienzo o intorno alla fontana di Trevi ci sono centinaia di negozi che rendono superflua la presenza degli ambulanti?

Eppure, in Comune, nessuno mostra di avere la volontà di fare tabula rasa  per tentare di ridare dignità alla Capitale. Succede per gli ambulanti, per i tavolini fuori dai bar e dai ristoranti, per le macchine in doppia-terza fila, per i motorini che ormai stazionano su tutti i marciapiedi. Il sindaco Marino, che elogia tanto la vivibilità delle città americane, fa finta di non sapere che oltreoceano la legalità non è una parola vana ma una regola che nessuno può permettersi di ignorare. Perché allora non vara un piano di “trasparenza” che consenta ai romani, quando hanno da chiedere chiarimenti o protestare, di sapere dove rivolgersi per avere una risposta? Senza di che si può pensare una sola cosa: che dei romani e dei loro problemi a chi è in Campidoglio non importa proprio niente.

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