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Ha tolto il disturbo anche un sottosegretario appena eletto, e i giornali – che si sono coalizzati contro il medesimo – hanno brindato. Ignazio Marino gode incredibilmente di una non belligeranza della stampa capitolina, mai troppo dura con lui. E’ letteralmente incollato alla poltrona di sindaco, vuol giocare fino in fondo. A spese del contribuente. Non raccoglie i segnali che vengono dall’alto (Leggi Palazzo Chigi) e dal basso (vedi la classifica del gradimento tra i sindaci), tira dritto e basta. Fin che si può. Non si rende conto che siamo al “game over”, ha agitato troppo il flipper romano provocando un tragico tilt. Lo stress del decreto “salva-Roma”, l’umiliazione del piano di rientro imposto dal governo e della pubblica tirata d’orecchi del sindaco-premier; infine il sondaggio che indica chiaramente come i romani di lui non vogliano più saperne. Il partito l’ha imposto sul campo convinto di fare una intelligente operazione politica e ora sconta l’errore e lo fa scontare a tutti. Nessuno pensava che sarebbe stata una passeggiata, a prescindere dalle responsabilità del passato e alle macerie lasciate da Gianni Alemanno, ma in un anno si sono prodotte solo chiacchiere e effetti annuncio. Meglio lasciare perdere le operazioni di facciata, concentrarsi su quelle che portano risparmi e profitti immediati. E incrociare le dita. La verità, spiega un acuto analista delle vicende politiche e finanziarie della capitale, è che il Campidoglio è un locomotore eterodiretto sui binari del rientro finanziario… Marino può solo decidere (e neanche del tutto) la velocità ma stazione di partenza (debiti) e arrivo (risanamento e tasse) sono prestabilite.Bisogna solo vedere l’entità della tassazione che dovrà imporre. E questa è forse la chiave di lettura più lucida e amara. Perso per perso per il Partito è meglio mettere la faccia del sindaco-chirurgo sul piatto dei sacrifici e del piano lacrime e sangue. Salvo sostituirlo poi, con un salvatore della patria più affidabile.
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