Mastro Linda, a volte ritornano - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Mastro Linda, a volte ritornano

Perché la Lanzillotta "bacchetta" Marino

Linda Lanzillotta

Linda Lanzillotta

Un soprannome per Linda Lanzillotta? “Mastro Linda”. Linda, perché così fa di nome la signora Lanzillotta in Bassanini; e Mastro perché la succitata Linda  ha tutte le caratteristiche per primeggiare, proprio come il  tanto reclamizzato detersivo che  più di qualsiasi altro fa luccicare il nostro bagno e la nostra cucina. Nel caso che ci interessa qui, “Mastro Linda” primeggia in politica, dove è stata notata per il surf spericolato che ha compiuto negli anni recenti passando da un partito all’altro, e dove, neo vestale del rigore gestionale,  da qualche tempo eccelle nel dare al sindaco di Roma lezioni su come si debba gestire una capitale e, soprattutto, nello spiegargli come, per ottenere questo risultato, debba “aprire” il maggior numero di porte ai privati. Chi ci legge sa che le nostre critiche al “marziano” Ignazio Marino sono tutt’altro che tenere. E diciamo subito che i rilievi che la Lanzillotta muove al sindaco sono quasi tutti ultramotivati.  Ma questo non toglie che talvolta il tono da “prima della classe” possa risultare irritante.

Qual è del resto il cittadino romano che non è d’accordo con la Lanzillotta quando dice che in occasione delle recenti vicende relative al “SalvaRoma” il sindaco non avrebbe dovuto mettersi nella condizione di farsi imporre il piano di risanamento del debito dal presidente del Consiglio “ma avrebbe dovuto presentare lui, poco dopo l’elezione al Campidoglio, un piano di rientro?”. E, ancora, quando la Lanzillotta riconosce che il deficit di Roma “non è colpa sua”, cioè di Marino, ma ne denuncia “l’errore politico”, quello di non aver preso l’iniziativa di parlare del problema del bilancio con i romani, il governo e il parlamento con l’obiettivo dichiarato di “lavorare insieme per risolvere i problemi” con criteri logici e basati sul rigore, perché “Roma non può continuare ad essere un pozzo senza fondo”, e prendendo quindi “le distanze  da chi ha ridotto Roma in queste condizioni”.

Su questo, un po’ di responsabilità – o meglio: di corresponsabilità – la nostra “Mastro Linda” ce l’ha. Di Roma Capitale, infatti, la Lanzillotta è stata assessore al bilancio dal 1993 al 1998, quand’era sindaco Francesco Rutelli, e di impegni di spesa ne ha firmati parecchi anche lei. Magari non era stata lai a prendere la decisione politica della spesa; ma nella Giunta c’era lei, e non si ha notizia di minacce di dimissioni o di denunce pubbliche relative a spese considerate “eccessive” del Campidoglio. Ma torniamo alle critiche al sindaco: una firma, ne siamo certi,  molti la metterebbero sotto alla sua affermazione che una delle prime cose che Marino avrebbe dovuto fare era quella di compiere “una ridefinizione degli organici (capitoli e delle partecipate: 21 partecipate “dirette” e 141!!! “indirette”) gonfiati senza motivo con migliaia di lavoratori assunti solo per accontentare le clientele”.

Ancora, “Mastro Linda” – che di queste cose se ne intende – ha spiegato che “la pulizia delle strade la possono fare i privati meglio dell’Ama, e a costi più bassi”. Verissimo. Ma visto che Ama ha molti (troppi?) dipendenti che “tengono famiglia”, non sarebbe meglio mettere su un sistema di controlli che verifichi chi lavora e chi non lavora, e se il lavoro è organizzato come si deve? Su quella base, poi Roma Capitale, come ogni comune che si rispetti,  dovrebbe avere il coraggio di adottare i provvedimenti che si impongono, non escluso il licenziamento quando questo è necessario. Proprio sul controllo della macchina comunale, invece, Marino è venuto meno; o meglio, per quel che abbiamo visto, non ha neppure provato a fare qualcosa. Discorso analogo per l’Ama, a proposito della quale Lanzillotta ha ragione di chiedere il coinvolgimento dei privati, come soci di minoranza; “apertura” sempre respinta dal Comune perché, sentenzia con ragione “Mastro Linda”, “il Comune vuole designare l’amministratore delegato, cioè colui che fa le assunzioni”. Non a titolo personale, ovviamente, ma nell’interesse, e beneficio, di tutti i partiti politici che lo sostengono (e se necessario anche dell’opposizione).

Partiti che la Lanzillotta conosce molto bene. Da giovanissima – laurea in lettera, in previsione un futuro da insegnante – militava nel Partito Comunista italiano filo- maoista. Lo zio – Giovanni Carbone, “grand commis” dello Stato e anche presidente della Corte dei Conti – la  presentò all’amico socialista Antonio Giolitti, all’epoca ministro del bilancio. E tutto cambiò. Come ha raccontato Aldo Cazzullo, grazie a tre incontri: “Nel 1974 il primo incontro cruciale con il capo dell’ufficio legislativo di Giolitti,  Giuliano Amato. Alla Camera, dove entra per concorso – “sono arrivata prima” – il secondo incontro: Franco Bassanini. Amore e non solo: “Avevamo interessi istituzionali in comune”. Terzo incontro: Francesco Rutelli, che nel 1993 la chiama al Comune di Roma, come assessore all’economia e al bilancio. “Roma – ricorda lei – fu un laboratorio di riformismo e modernizzazione. Risanamento, outsourcing, varo dei Boc, i Buoni ordinari comunali,  privatizzazioni”.

Quindi lo slalom tra i partiti nazionali: dopo il Psi, la Margherita (ministro degli affari regionali e autonomie locali nel governo Prodi), quindi Alleanza per l’Italia con Rutelli, infine l’addio al Pd e l’approdo in Scelta Civica di Mario Monti, dove è sempre più la “Vestale del rigore”. E da dove è stata fatale una volta a Berlusconi (suo il voto decisivo per la scelta di votare a scrutinio palese la decadenza del Cavaliere da senatore) e un’altra volta sua salvatrice (quando il suo voto ha impedito che il Senato potesse costituirsi parte civile contro il presidente di Forza Italia ormai decaduto).

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