Non si può morire al Centro commerciale
La tragedia di Porta di Roma pone un problema di sicurezza. Ritardi nei soccorsi? Può accadere, ma è indispensabile - costi quel che costi - la presenza di un presidio medico attrezzato in strutture che ospitano decine di migliaia di persone
Lo si dice e si scrive da tempo, in tutte le grandi strutture pubbliche e private alle quali affluiscono decine di migliaia di persone, dovrebbero avere dei presidi medici di pronto soccorso con sanitari e personale specializzato per operazioni di emergenza. La morte del bambino rimasto soffocato da un hot dog all’interno del centro commerciale Porta di Roma ripropone drammaticamente il problema. I centri commerciali oggi sono un luogo più di aggregazione che di reale necessità. Al loro interno transitano centinaia di migliaia di persone. Piccole città, per densità di popolazione. Ma prive di Pronto Soccorso e ambulatori medici. Inutile sottolineare che la domenica e i festivi si può arrivare anche a sfiorare il milione di persone, spalmate in negozi , luoghi di svago e intrattenimento come sale giochi, cinema, animazione. Ovviamente non mancano le aree ristoro, dalle pizzerie mordi e fuggi fino ad arrivare ai ristoranti di (quasi) lusso. Ci si va con tutta la famiglia, figli al seguito e con l’intenzione di trascorrere l’intera giornata, i mega parcheggi assicurano la possibilità di fare pochi passi a piedi.
A Roma sono ormai i grandi centri commerciali sono numerosi, da Porta di Roma (dove è accaduto il fatto), alla Bufalotta, a Euroma2, a Roma Est. Sono attrezzati a gestire emergenze come quelle che abbiamo accennato? A Euroma2 esiste un presidio fisso di primo soccorso con del personale predisposto a operazioni di prima emergenza. Non si tratta né di medici, né di infermieri, ma solamente di operatori che sono stati formati per questo scopo. Si trovano accanto al settore di videosorveglianza; in pratica affiancano gli uomini della sicurezza. Per il resto bisogna chiamare l’autoambulanza, è la regola.A Roma Est è presente un presidio sanitario tutti i giorni dalle 15:00 alle 20:00 composto da 1 volontario soccorritore ed 1 infermiere professionale, abbiamo inoltre nelle altre fasce orarie di apertura al pubblico personale formato per il primo soccorso. Ogni sabato, domenica e festivo abbiamo un’ambulanza in presidio tutto il giorno con personale medico a bordo. A Porta di Roma gli uomini della sicurezza specializzati sono pur intervenuti, è stato anche lanciato il classico messaggio per altoparlante alla ricerca di un medico nell’edificio. Ma allora cosa non ha funzionato a Porta di Roma? Le versioni sono diverse, secondo quanto riferito dal personale del 118, l’ambulanza chiamata in soccorso, sarebbe stata costretta a percorrere un intricato labirinto per raggiungere il parcheggio (chi va nei centri commerciali li conosce bene); inoltre gli operatori sarebbero stati costretti a percorrere a piedi diverse centinaia di metri spingendo la barella a mano, prima di raggiungere l’ingresso. Ma dall’interno si smentisce tutto, le tre ambulanze (solo la terza aveva un medico a bordo) e gli operatori sono stati agevolati in tutto e per tutto, anche i tempi dell’intervento sono stati nella norma. Ma non è bastato. E la lezione dovrebbe servire. Sarebbe meglio avere un medico fisso direttamente al centro commerciale con tutte le strumentazioni. “Non è possibile una cosa del genere – spiega Maricla, una soccorritrice volontaria – perché tenere un medico con un infermiere in un luogo pubblico come questo, comporterebbe costi molto alti. Inoltre, considerando gli orari no stop dei centri commerciali, sarebbe necessario inserire medici e infermieri su più turni”. Non basta. “Bisognerebbe inoltre tener presente – continua la soccorritrice – anche un pronto intervento pediatrico”. Tutto qui? Se serve per salvare una vita umana i costi dovrebbero passare in secondo piano. Nel caso del bambino di tre anni, Maricla, che è anche mamma di una bambina piccola, azzarda una ulteriore ipotesi: “Durante i primi anni di vita di un neonato, il comune mette a disposizione corsi gratuiti per le manovre di disostruzione, in caso di soffocamento, ma cambiano di anno in anno. Nel caso dell’Ikea – continua a raccontare la giovane soccorritrice – probabilmente più di una persona lì presente poteva tentare questa manovra salvavita, ma il panico generale, le urla possono averla inibita. Inoltre, qualora il bambino fosse morto in seguito a una manovra sbagliata, ci sarebbero state conseguenze anche per lei”. Il discorso non cambia. Per legge nelle strutture parametrabili ai centri commerciali ci dovrebbe essere un servizio medico in grado di intervenire efficacemente. Francesco Vitale
PARLA L’ESPERTO – Le legge c’è, basta farla applicare fino in fondo
“La legge prevede che in un luogo pubblico come un centro commerciale ci sia un presidio fisso per la gestione delle prime emergenze”. Lo afferma un operatore del 118 contattato per commentare il caso di soffocamento avvenuto all’Ikea. “I responsabili dell’azienda – dichiara – hanno agito nelle regole nel tentare le prime manovre di soccorso in attesa dell’ambulanza. Non potevano fare nient’altro”. Per l’operatore del 118 la regola c’è, ma è impossibile verificarla. In pratica ai dipendenti viene offerto di fare un corso per gestire le prime emergenze, ma sono in pochi a frequentarlo per il timore della grande responsabilità che si dovrebbero assumere. “L’alternativa – rivela ancora – sarebbe quello di avere dei medici privati, ma non tutte le aziende sono disposte a coprire una tale spesa”.
Cosa fare allora in caso di necessità e se serve l’intervento di una o più ambulanze? “Un possibile rimedio – conclude – potrebbe essere quello di creare dei percorsi guidati all’interno dei parcheggi, tipo corsie preferenziali, in modo da non far perdere tempo al veicolo che si troverebbe davanti una serie di macchine in fila che non potrebbe superare. Inoltre sarebbe utile che qualcuno andasse incontro all’ambulanza, indicando il punto esatto dell’intervento. È importante formare le persone anche a saper dare le giuste informazioni. Noi lavoriamo sul minuto. Ogni secondo di più può essere fatale”.
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