Rassegnamoci, solo il tintinnio delle manette può far ripartire la sanità laziale - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Rassegnamoci, solo il tintinnio delle manette può far ripartire la sanità laziale

giunta-lazio-2013Altrove tutto più o meno funziona, nel Lazio siamo impantanati nelle sabbie mobili. Inutile parlare del passato e di responsabilità pregresse, la Giunta Zingaretti si avvicina al giro di boa di un anno di attività e il bilancio è fallimentare. Il governatore e i suoi diretti collaboratori (nel quadrante sanità) hanno vissuto di promesse e di effetti-annuncio, nella realtà dei fatti hanno se possibile peggiorato le cose, lasciando incancrenire alcune situazioni per la manifesta incapacità di affrontarle.  Grottesca la melina per la nomina del nuovo management di Asl e ospedali, effetto-trasparenza zero, imbarazzante la campagna per le case della salute (48?), siamo a una struttura aperta e due promesse. E gli ottomila posti in Rsa? Non c’è traccia. Farsesca la gestione della emergenza Pronto Soccorso, velleitaria la nomina dei 30 medici ispettori e delle sentinelle della trasparenza. L’elenco può continuare, ma infierire non serve. Possibile che nessuno riesca ad evitare a Zingaretti queste brutte figure?  Si occupasse dei problemi seri sul territorio: come può tirare avanti un ospedale senza guida? Eppure accade al S.Andrea, al S.Filippo Neri, allo Spallanzani, praticamente anche al S. Camillo. E il boom delle liste d’attesa? Altra promessa mancata di Zinga, siamo messi peggio di prima. E meno male che il suo braccio armato, il direttore generale Flori De Grassi, aveva annunciato la soluzione del problema in pochi mesi. Servirebbe una gestione drastica e muscolare, in quello specifico settore, ma nessuno ha il coraggio di muoversi. E nessuno – il che è anche peggio – ha il coraggio di denunciare alla pubblica opinione questa situazione. A mandare a fondo il sistema non sono delle entità indistinte, sono uomini e donne in carne ed ossa che prendono (o non prendono) decisioni. Degli esempi? Fin troppo facile. Il più eclatante è quello che riguarda il caso-S.Lucia. Paradossale, la Fondazione gode del consenso unanime, non c’è una voce di dissenso. Eppure sta andando a fondo. Tutti promettono (mitica la maglietta indossata a suo tempo dalla Polverini), nessuno mantiene. Zingaretti ha precise responsabilità, De Grassi e D’Amato (responsabile cabina di regia) non sono da meno. L’aspirante governatore si indignò durante la classica visita elettorale nell’Istituto di via Ardeatina, sostenne con forza che qualcuno voleva sotterrare il S. Lucia facendo capire di conoscere perfettamente i retroscena meno confessabili: giurò davanti ai vertici della Fondazione, poi davanti ai sindacati e ai quadri che chi voleva la morte della struttura (indispensabile nella sua attuale collocazione nel quadro generale della riabilitazione) sarebbe dovuto passare sul suo cadavere. Di tutto questo ci sono non solo testimonianze, ma filmati e registrazioni. Non c’è scampo, o mentiva prima o mente ora. La legge è dalla parte del S.Lucia, non ci sono più dubbi, chi si oppone deve pagare. Nomi, cognomi e indirizzi alla Procura della Repubblica. Vale anche per il Cem di via Ramazzini, un blitz dei carabinieri sarebbe accolto da scroscianti applausi. La Regione (Zingaretti-DeGrassi- D’Amato) giocano a palla con la vita di centinaia di persone nascondendosi dietro a codici e codicilli.  E la ministrttura per soggetti in stato vegetativo del S.Camillo? Idem. Anche qui l’elenco è lungo, lunghissimo. Le sofferenze di decine di migliaia di utenti valgono zero per la Nomenklatura che occupa i posti chiave.  Una curiosità. Ma il sub commissario Botti che fine ha fatto?

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