L’atroce beffa della Valle del Sacco - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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L’atroce beffa della Valle del Sacco

Anche la Ciociaria ha la sura Terra dei Fuochi

valle_del_saccoAnche il Lazio ha la sua terra dei fuochi ma non si muove nessuno. E’ la Valle del Sacco, nel Frusinate sulla quale oggi quasi per caso si accendono i riflettori. “Trovo inammissibile che ai già arcinoti tempi della giustizia si aggiungano quelli altrettanto gravi della politica, che resta ferma sulla Valle del Sacco come se nulla accadesse – dice Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio e membro della Commissione Ambiente – Auspichiamo un intervento del presidente Zingaretti per sbloccare l’impasse creatosi dopo l’arresto circa due mesi fa del dirigente responsabile Fegatelli e la sospensione dell’attività di bonifica della Valle del Sacco. Se la giustizia e la politica hanno i loro tempi, la salute dei cittadini non può di certo attendere”. L’indignazione è giustificata, dopo la sospensione della bonifica dei restanti 117mila ettari di terreno ancora da “ripulire” bonificare nella Valle del Sacco. “Non basta l’emergenza arsenico a Roma nord e i tanti aspetti oscuri che l’Arsial dovrà chiarire. Anche Colleferro, i comuni limitrofi e tutte quelle terre che vanno fino a Ceccano ai confini del Lazio hanno la loro Terra dei Fuochi, ma evidentemente al di là della bontà del decreto del Governo, la Regione Lazio non si è resa conto della gravità dello stato di questo territorio e del fatto che intere aree risultano ancora gravemente inquinate, mettendo a rischio la vita dei cittadini. In quell’area della Valle del Sacco venivano stoccati rifiuti tossici, in quella fetta di territorio è stata registrata una concentrazione quasi 2.000 volte superiore ai limiti imposti dalla legge per sostanze quali il cadmio, il mercurio e il piombo nonché di beta-esaclorocicloesano. “A Velletri ci sarà un processo, in Regione sono tutti fermi, ma nella Valle del Sacco si continua a star male”, conclude Santori
Sono decisamente tanti gli ettari inquinati. Un perimetro che riguarda i territori dei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano (nella provincia di Roma), Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino (nella provincia di Frosinone). L’emergenza ambientale e sanitaria è scoppiata ufficialmente nel 2005 con la presenza degli isomeri di esaclorocicloesano (β-HCH) rilevata nel latte dagli allevatori della zona. E dopo 9 anni siamo ancora in una situazione di emergenza. Da quando è stato lanciato l’allarme è stato fatto un primo intervento per evitare che il materiale, il betaesaclorocicloesano continuasse ad andare in giro lungo la valle. E’ stata quindi avviata un prima fase della bonifica a Colleferro. La seconda fase portata a termine riguarda la caratterizzazione dell’intera asta fluviale fino a Frosinone. Questoelemento inquinante è un sottoprodotto della produzione di pesticidi di molti anni fa, che è stato poi sepolto. Una vicenda ancora da verificare e sulla quale sta lavorando il Tribunale di Velletri. La molecola incriminata è passata nei campi. Gli animali quindi l’hanno mangiata, è arrivata nel latte e si è fatta tutta la catena alimentare fino ad arrivare all’uomo”. Parlati, infatti, riferisce che “ci sono centinaia di persone in quell’area che hanno questa molecola nel corpo e sono monitorati costantemente perché non si sa quale sia l’effetto sulla salute ma sicuramente non positivo visto che si tratta di un sottoprodotto di un pesticida. Verificata la gravità della situazione, dunque, il problema resta e “non si può fare sostanzialmente niente per appianarlo. Ma non basta, il processo a Velletri è ancora alle fasi preliminari, il rischio che si prescriva tutto è reale. L’altro rischio infatti è che oltre al danno ci sia anche la beffa e che nessuno sia condannato e costretto a ripagare il danno procurato. Oggi l’azienda che ha provocato il danno non esiste più: era la Bpd che è stata poi acquistata dalla Caffaro molti anni fa che in modo intelligente aveva già denunciato la situazione nei primi rapporti ambientali. Francesco Crespo

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