Caporossi: "Poche risorse, facciamole fruttare al meglio" - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Caporossi: “Poche risorse, facciamole fruttare al meglio”

Il nuovo manager della Asl pontina ha le idee chiare. Michele Caporossi ha la fama di duro. Arrivato "da fuori" sulla poltrona di direttore generale della Asl di Latina ha preso tempo per formare la squadra e prendere le misure della realtà pontina. Ora comincia a mettere mano, a farsi sentire. Lo abbiamo intervistato

caporossiNelle dichiarazioni programmatiche, aveva detto che “negli ultimi quarant’anni non è stato niente”. Cosa contesta ai predecessori?
Quando ho detto che “non è stato fatto niente”, mi riferivo all’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, che è rimasto quello che era da quando ero bambino, nel 1967, anno in cui sono stato ricoverato. Oggi la medicina è molto cambiata e ovviamente abbiamo a che fare con delle strutture che devono essere ripensate fino in fondo.  In tempi di scarsità di risorse questo significa non poter pensare a nuove iniziative, ma pensare come lavorare meglio nelle strutture che abbiamo.

Negli ospedali pontini è Far West, all’ospedale Goretti ci sono infermieri e pazienti aggrediti, carenza di posti letto, blocco del turn-over, il pronto soccorso è in continua emergenza. Cosa pensa di fare?

Per il Pronto Soccorso presto faremo uno studio approfondito su come ottimizzare la situazione, anche perché gli spazi sono limitati. Ma non dimentichiamoci che a fronte di qualche ora di fila per una slogatura al ginocchio, noi salviamo centinaia e centinaia di vite dall’ictus, dall’infarto e siamo anche un punto di riferimento molto importante per l’emergenza-urgenza, con delle precise eccellenze che vengono svolte in questo ospedale e la cui portata non può essere messa in discussione da nessuno. Gli altri problemi cercheremo di superarli.
Come saranno utilizzate le risorse  stanziate dalla Regione per il Pronto Soccorso del Goretti?

Questi soldi (1,7 milioni di euro, ndr) non sono destinati al pronto soccorso, ma sono legati al ripristino strutturale e consolidamento che può risolvere solo ad una parte dei problemi. Poi ci sono altri 2 milioni di euro di fondi per sostituire attrezzature obsolete e prenderne di nuove, anche di diagnostica strumentale e questo sia nelle strutture ospedaliere, sia in quelle territoriali.

Al San Giovanni di Dio di Fondi è emergenza continua, il reparto di chirurgia è al collasso, con tre sole unità operative. IL’ospedale  di riferimento è  Terracina. Tanti ospedali “scoppiati”, in un fazzoletto territorio e la gente migra in altri lidi. Cosa pensa di fare?
Noi in realtà non abbiamo tutto questo numero di ospedali, abbiamo quattro strutture, con 650 posti letto attivi in un territorio che ha un raggio di circa 130 chilometri, “in soldoni” 2,4 posti letto per mille abitanti, quindi una situazione assolutamente dimensionata attorno alla programmazione nazionale e internazionale più avanzata. Voglio dire che non c’è da togliere ancora, ma far funzionare al meglio quello che abbiamo. Chiaramente con il blocco del turn-over, c’è rarefazione delle risorse e i servizi non funzionano come dovrebbero. A Fondi funzionano dei servizi, ma potrebbero funzionare meglio, ad esempio bisogna fare in modo di non avere liste di attesa e avere la migliore accoglienza in primis per i nostri residenti ma anche per le persone che vengono da fuori. Cercheremo di riattivare una produttività con le risorse esistenti. Per il resto c’è anche un problema che deriva dalla programmazione regionale nella quale stiamo ridiscutendo le risorse, per ottenere qualcosa che ci permetta di investire in questa situazione.

E’ stata inaugurata la Casa della salute a Sezze. Quali sono i suoi auspici?
La Casa della salute non è solo una struttura ma è un nuovo modello assistenziale, che vede al centro i medici di famiglia. E’ stata la prima applicazione sperimentale,  il primo progetto pilota della regione, che vedrà i medici di famiglia impegnati anche delle ex strutture ospedaliere e all’interno dei distretti con una presa in carico diretta dei cittadini, in particolare per le malattie croniche, che riguarda circa il 15% dell’intera popolazione. Poi man mano, ci sarà una presa in carico di tutti i cittadini per fare in modo che si arrivi alla catalogazione della storia clinica dei pazienti, gestita poi dal diretto responsabile clinico.

Quali sono i rapporti con l’Icot?
L’Icot è una struttura privata accreditata presente sul nostro territorio. Stiamo valutando la situazione dal punto di vista dei rapporti; con i privati accreditati abbiamo intenzione di comprare le prestazioni che ci occorrono e non quelle che serve a loro vendere, quindi teniamo alla massima correttezza per l’interesse pubblico.

Ma così non ci sarà un maggior costo per il SSN?
Il maggior costo se c’è stato, è stato in passato. Adesso si va verso una diminuzione anche degli accreditamenti e ovviamente per quanto è possibile faremo le prestazioni  nelle nostre strutture perché (il ricorrere troppo, ndr) alle strutture private significa che le nostre funzionano poco, pur avendo dei costi fissi e nello stesso tempo andiamo a pagare anche i privati. Non ho nulla nei confronti delle strutture accreditate, nel momento in cui abbiano un ruolo sussidiario che è quello di coprire quello che noi non possiamo fare direttamente.

Alessandra De Gaetano

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