Il teorema della rete - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Il teorema della rete

Come creare un sistema di assistenza domiciliare a maglie strette che attenui gli effetti dell’emergenza sociale, facendo risparmiare l’amministrazione e creando posti di lavoro e nuove professionalità

poveri_romaChiamiamolo teorema e diamogli una dimensione tecnica, matematica, una patina scientifica. Esiste un certo numero di situazioni di disagio, in forme, espressioni, dimensioni diverse. La conoscenza del fenomeno nel suo complesso, numeri e tipologia, mette in condizioni di ipotizzare il tipo di risorse necessarie e una strategia di intervento. Quest’ultima va pianificata e gestita. Nella quotidianità. In parole povere serve sapere quante persone a Roma hanno bisogno di aiuto e come realizzare un intervento, come strutturarlo. A che prezzo e con quali risorse umane. Scopriamo che il primo ostacolo è la scarsa conoscenza del fenomeno. Si procede per stime, per frammenti di dati e di informazioni. Quanti sono gli anziani soli? E chi lo sa? Quanti i malati di Alzheimer? Quanti i disabili non autosufficienti? Non basatevi sui dati che finiscono sui giornali, si tratta di stime. Si stima che determinate patologie colpiscano il tot per cento della popolazione, dunque i conti si fanno in fretta, duecentomila disabili, quindicimila demenze senili, e così via. Ai numeri non corrisponde un cartellino con nome, cognome, via. Sono indicazioni accademiche, soggetti virtuali. Ai quali è facile opporre delle soluzioni virtuali, degli impegni, delle promesse. Non sappiamo quanti sono i soggetti anziani che avrebbero bisogno di essere seguiti in Rsa, o in centri diurni, o domiciliarmente? E’ facile rovesciare il problema. Possiamo permetterci cinque centri diurni per anziani (con assistenza discutibile) e  una mezza dozzina di Residenze sanitarie assistenziali pubbliche. Bastano? Certo che no, una metropoli come Roma ha bisogno di decine di migliaia di posti come quelli. La gente si arrangia, le famiglie si arrampicano sugli specchi, ogni tanto ci scappa il morto. Fisiologico. Lo schema vale per tutte le altre tipologie di disagio sociale, naturalmente. Certi problemi poi vanno nascosti per mille motivi di ordine psicologico e pratico. E certo non esiste un esercito di operatori specializzati e qualificati da sguinzagliare come segugi. E’ la legge della jungla, i più forti sopravvivono, gli altri vanno a fondo. Asetticamente tutto questo ha un costo, rappresenta un onere per la società, ma soprattutto per l’amministrazione. Capovolgendo il ragionamento, invece, si può dire che una operazione complessa e mirata su questo quadrante porterebbe a investimenti ma anche ad una alta redditività nel medio termine, determinerebbe posti di lavoro  e nuove professionalità. In linea con quello che i grandi soloni della politica e della economia dicono che serva.

Dunque procediamo per gradi. Come è possibile individuare il campione di utenti sul quale intervenire? Anagrafe, Inps, Agenzia delle Entrate. Tonnellate di elenchi, di dati da incrociare. La tecnologia sarà pur in grado di fornire una prima griglia di elementi, che vanno lavorati, valutati, scremati. Si possono individuare soggetti anziani soli, soggetti anziani soli e prigionieri di patologie invalidanti, soggetti disabili gravi o anziani resi inabili da gravi patologie degenerative all’interno di famiglie. Titolari di pensioni, di assegni di accompagnamento. E si può cominciare a riempire di bandierine una grande mappa della città. Elementi aggiuntivi possono venire dalle organizzazioni di volontariato sociale, dagli organismi pubblici e privati che a diverso titolo interagiscono con questo quadrante: l’aggiunta di questo tassello al quadro generale può aiutare a perfezionare, a scremare, a integrare. Non è finita. La mappatura ha bisogno anche degli elementi che le diverse associazioni di familiari e utenti legati da specifiche patologie o problematiche sociali possono mettere in campo: Parkinson, Sclerosi multipla, Aias, Anffas, la galassia degli organismi che gravitano attorno alla terza età. Ancora medici di base, centri specializzati.  Ce n ‘è a sufficienza per riempire la cartina della capitale di bandierine e puntine di colori differenti e per trarre le prime valutazioni: dove intervenire e come, quante risorse umane e finanziarie vanno messe in campo. E’ una attività seria, complessa che deve fare capo ad una struttura municipale, ad un dipartimento in grado di costruire una task force dedicata. Ma già soltanto il lavoro di raccolta e di analisi dei dati, quando fosse portato ad un livello accettabile di veridicità e concretezza sarebbe un primo punto di arrivo importante. Sapere con esattezza dove è utile e dove necessario intervenire  consente di attivare dei sensori sul territorio e strutturare una risposta adeguata. Un certo numero di situazioni da monitorare in modo adeguato, con strumenti diversi. Serve una assistenza medica, infermieristica, servono accompagnatori, servono strumenti salvavita (alla Beghelli, per intenderci) serve un controllo quotidiano, la spesa, le medicine. Naturalmente serve una testa pensante, una organizzazione compatta, agile, motivata. Servono tecnici di diverse discipline, operatori, professionisti per realizzare la fase A e per portare a termine la fase B che sarebbe poi quella dell’intervento diretto, mirato,  continuo e progressivo nei confronti di ogni singolo caso di emergenza sociale. All’interno della amministrazione capitolina le risorse umane esistono certamente, altre vanno reperite sul mercato. Si possono attivare sponsor privati, si può attingere alla solidarietà e all’impegno delle aziende, delle Fondazioni bancarie. Si possono creare migliaia di posti di lavoro, sollevando singoli e famiglie dal peso di pressioni devastanti si liberano risorse, si dà sollievo, si risparmia in tutti i sensi. E alla fine il consuntivo è sicuramente perlomeno in pareggio. Giuseppe Cecchini

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