Atac in un vicolo cieco - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Atac in un vicolo cieco

Una partita a scacchi che rischia di trasformarsi in una prova di forza. Come dare respiro alle casse e migliorare il servizio se i dipendenti si mettono di traverso? Fallito in parte il progetto di portare "in strada" gli amministrativi, il piano non piace e i sindacati minacciano barricate. Esuberi? Il risparmio sarebbe di 12 milioni, i 70 manager ne costano 15 all'anno

atac_tram_otto_roma-1024x595Una partita a scacchi che rischia di trasformarsi in una prova di forza. Da un lato l’Atac, decisa a dare respiro alle casse aziendali e migliorare il servizio trasferendo i lavoratori dalla scrivania ai bus; dall’altro i dipendenti, che non hanno risposto alla chiamata della municipalizzata del trasporto pubblico. Poco più di un terzo degli amministrativi, infatti, ha aderito all’iniziativa di “volontarietà”: la strada indicata dalla società di via Prenestina, con il passaggio a una mansione “operativa” o un contratto da tempo pieno a parziale, per evitare la procedura di licenziamento collettivo (legge 223/91), avviata nell’aprile scorso. Su 323 esuberi individuati dall’ad Danilo Broggi, solo in 140 hanno sottoscritto la lista di adesioni, chiusa il 6 giugno scorso con una settimana di ritardo rispetto al cronoprogramma iniziale. Braccio di ferro che, nei piani, dovrebbe essere chiuso entro l’inizio di agosto.

Niente da fare. L’elenco presentato ai sindacati è insufficiente per evitare il peggio. All’appello mancano circa 200 persone. Poco di più un centinaio ha preferito passare a un regime contrattuale part-time, pur di non lasciare scrivania e scartoffie; in circa 40, invece, hanno optato per la riqualificazione, disposti a vestire i panni di controllori, operatori di stazione, ausiliari della sosta e macchinisti per non perdere neanche un euro in busta paga. È il primo effetto del decreto Salva-Roma ter, con cui il Comune ha messo in sicurezza i conti del Campidoglio e che agli enti locali impone di rimettere in ordine le aziende partecipate e municipalizzate. Neanche il tempo di approvarlo che da via Prenestina sono partite le 323 lettere di esuberi: 312 in Atac, 8 in Atac Patrimonio e 3 nelle Officine grandi riparazioni.

I licenziamenti non contemplati, aveva giurato l’assessore alla Mobilità Guido Improta, ma tutto dipende dalla risposta dei lavoratori. A cui il piano non piace. E che, a questo punto, rischiano la disoccupazione se non dovessero accettare la riorganizzazione imposta dai pianti alti della società di tpl. A questo punto si dovrebbe riaprire il tavolo con i sindacati, come sperano gli stessi segretari delle confederazioni romane. Perché l’azienda deve scegliere come proseguire la ristrutturazione. La terza via la indica la normativa: la direzione del personale individua i restanti esuberi basandosi sui criteri di anzianità, carichi familiari ed esigenze dipartimentali. Quest’ultime però sono ampiamente criticate dai sindacalisti, perché “possono dar luogo a scelte sulla base di simpatie o antipatie e non su una reale esigenza aziendale”.

Ai lavoratori la scelta obbligata: o la strada – nel senso dei mezzi pubblici – o a casa. I diretti interessati puntano a una nuova mappatura del personale, per capire se si può trattare sulle cifre. Perché non si può far finta che negli uffici di via Prenestina ci siano dipendenti fuori ruolo, quelli che sono stati descritti come gli ‘imbucati’. In realtà molti sono quelli che non hanno avuto le dovute modifiche contrattuali in base a uno scatto di carriera, sottolineano nei corridoi della municipalizzata. Che non nega però il sovraffollamento tra gli amministrativi (1600 su 12mila addetti), dovuto anche per colpa di chi non è al posto giusto. Retaggi di parentopoli, la pratica di portare amici e conoscenti nella società pubblica, ma i numeri non dovrebbero superare le cento unità: insufficienti rispetto agli obiettivi.

Così le organizzazioni sindacali ricordano che per dare atto alla spending review basterebbe cancellare le liste dei super minimi garantiti a pochi eletti, oppure procedere con il taglio dei dirigenti. Circa 70 manager costano 15 milioni di euro l’anno. Mentre i 300 esuberi porterebbero un risparmio di solo 12 milioni. Per questo i sindacati sono in pressing sul direttore Risorse Umane, Giuseppe De Paoli, che dovrebbe procedere a un nuovo censimento della forza lavoro e retrocedere a quadri alcune figure apicali. Senza dimenticare le 16 figure che potrebbero andare in pensione dal 2011 e restano invece al loro posto. Non è tutto. In discussione ci sono anche le selezioni interne: 8 concorsi per individuare altrettanti coordinatori di area. Esami che permettono uno scatto di qualifica e, quindi, di stipendio.

“La procedura di mobilità ex 223/91 appare nella sostanza illegittima ed economicamente dannosa”, attacca il consigliere regionale Fabrizio Santori. L’esponente di difendiAmo Roma punta il dito contro le “consulenze esterne dorate, un numero di dirigenti esorbitante, nomine che vanno contro quanto previsto dalla spending review”. Tutti questi i motivi che hanno portato il membro della commissione Trasporti della Pisana a presentare un esposto alla Corte dei Conti per chiedere “di revocare l’apertura formale del licenziamento”, per evitare il rischio maxi risarcimenti. L’obiettivo è rimettere in discussione i numeri fin qui ipotizzati e le scelte aziendali. A nessuno è sfuggita la macrostuttura dal sapore elettorale, varata a maggio, e l’incarico nella direzione Risorse Umane per Luca Masciola, rinviato a giudizio per l’affaire parentopoli quando era direttore di Trambus. Sul pasticciaccio di via Prenestina il braccio di ferro non è finito.

Santo Iannò

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