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FREGENE/Dalla pineta al mare con 127 venditori abusivi

vu-cumpraVia di Castellammare è una splendida strada alberata che corre parallelamente al lungomare costeggiando la pineta di Fregene. È il cuore pulsante di questa piccola località, cosi cara a Fellini da essere stata spesso scelta dal grande regista come «set a cielo aperto» per alcune scene dei suoi famosissimi film. Ma i tempi della «Dolce Vita» sono passati, qui come a Via Veneto. Ed oggi, anche la «chic» Fregene deve fare i conti con l’invasione degli abusivi ambulanti. Ne abbiamo contati 127. Per metà sono senegalesi, l’altra metà viene dal nord Africa. Sono un esercito.

Proprio in via di Castellammare, a ridosso dell’incrocio con il Villaggio dei Pescatori, c’è la fermata capolinea del Cotral. L’orologio segna le nove e quindici quando il bus blu proveniente da Roma accosta, si ferma e scarica la prima ondata di «vù cumprà». Sono, per la maggior parte, senegalesi. Ieri, di venerdì, erano 71. I primi giorni della settimana, invece, scendono a una trentina. Sulle spalle grandi borsoni carichi di merce da provare a vendere sulla battigia, nell’animo certamente la speranza di un futuro migliore. I loro sguardi non ammettono dubbi, i loro occhi buoni, a volte tristi, raccontano di un passato dal quale fuggire e di un futuro ancora tutto da inventare. Intanto, però, li aspettano lunghe camminate sulla sabbia. Scendono e si dirigono a passo lento, caracollante, verso l’arenile. La meta è la spiaggia libera sul lungomare di ponente, il loro «quartier generale», punto di partenza della giornata di lavoro. Dopo aver nascosto dietro a delle fatiscenti costruzioni in legno la quantità di articoli destinata a «scorta di magazzino», i senegalesi partono alla conquista del cliente, spartendosi le spiagge. Ognuno il suo tratto, nessun sconfinamento è consentito. La loro mercanzia è prevalentemente composta da artigianato etnico proveniente dall’Africa, tamburi, collanine, braccialetti, elefanti e tartarughe in legno. «La novità di quest’anno – dice il bagnino Elvio – è data dalla presenza anche di alcune donne che propongono vestiti tipici delle loro terre. A differenza degli «arabi», i ragazzi del Senegal sono quasi sempre gentili e non insistono se non vuoi comprare.

Gli «arabi», come li chiamano qui, sono un po’ meglio attrezzati ed arrivano invece con la macchina all’alba, invadendo i parcheggi del lungomare di levante. Ieri erano 56. Possiedono quasi tutti una station wagon, solitamente a un passo dalla rottamazione, e si riconoscono facilmente dai carretti di ferro che trasportano sui portapacchi. All’interno delle vetture non c’è spazio per un ago. L’abitacolo è strapieno di bustoni di plastica e borse, contenitori di merce, quasi sempre contraffatta, destinata ai bagnanti. «Vendo costumi da donna – ci dice titubante Abdel – in realtà non ne vendo poi così tanti. Se va bene, una decina al giorno. Inizio la trattativa chiedendo dieci euro ma se me ne offrono sette accetto subito. Guadagno pochissimo ma sono una persona perbene. Preferisco questa vita modestissima piuttosto che andare a rubare». Intanto, i suoi colleghi stanno montando i banchetti con le ruote gommate, una soluzione che permette loro di trascinarli sull’arenile.

La merce adagiata sopra le assi di legno comprende ciabatte, occhiali da sole che riportano etichette di grandi firme della moda (evidentemente falsi), orecchini, braccialetti, catenine, orologi e gonfiabili per bambini. Addio invece ai cd, ormai invendibili a causa dell’oceanica disponibilità di musica scaricabile gratuitamente da internet. L’offerta «on the beach» si avvale anche di un solerte ragazzo indiano «giornalaio». Arriva puntuale alle sette, con un pacco di quotidiani composto da copie di tre testate (due politiche e una sportiva). Si apposta sotto una palma e, in attesa dei primi bagnanti, indossa una pettorina che riporta il nome dei tre giornali. Poi, verso le otto, con il carico posizionato su una spalla parte per la «diffusione su sabbia». «Mi piacerebbe tanto sapere dove prende i giornali e per conto di chi li vende – dice seccato Walter, storico edicolante del lungomare – Il nostro lavoro si è già ridotto molto a causa della crisi economica per la quale meno gente va in villeggiatura. Se poi dobbiamo affrontare anche questo tipo di concorrenza itinerante è davvero finita». Il business della vendita illegale al dettaglio sulla spiaggia è quindi solo apparentemente lasciato al caso ed alla gestione di ogni singolo ambulante, in realtà vive di regole ferree, di spartizioni territoriali e di una sorta di «cartello» dei prezzi. Ma chi organizza, gestisce e dirige questi affari? Abbiamo provato a chiederlo direttamente ai venditori. Ma tra chi improvvisamente non parla più la nostra lingua, chi ci domanda se siamo in cerca di guai e chi, più mestamente, si trincea dietro una smorfia, la risposta resta sepolta sotto un cumulo di sabbia.

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