Il buco nero della Metro C ne usciremo mai, e come? - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Il buco nero della Metro C ne usciremo mai, e come?

Marino aveva addirittura fissato una data, non ci sono i soldi per andare avanti (mancano all'appello 200 milioni), le aziende non credono che l'opera verrà mai finita e licenziano. Questioni gestionali e tecniche, un documento in 33 punti sulle criticità spaventa tutti

22_01Da un lato le parole del sindaco Marino: “La metro C aprirà entro il 2014”. Dall’altro i fatti ostinati, che invece raccontano una storia diversa: la terza linea della metropolitana di Roma continua ad accumulare ritardi. Stavolta non ci sono solo dispute sui soldi (mancano 200 milioni di euro all’appello), su chi deve pagare e sul consorzio di costruttori che licenzia 117 dipendenti; ma un lungo elenco delle cose che non funzionano o di quelle che non state fatte. La lista che circola in questi giorni nel quartier generale di via dei Gordiani si divide in due area di criticità: tematiche gestionali e tecniche. Dalla “definizione di una struttura di manutenzione” all’Atac, la municipalizzata del trasporto pubblico che “non è in grado di fornire il presenziamento full time”, fino ai “numerosi sistemi tecnologici che presentano guasti pregressi”, 33 punti che dimostrano la pratica del ‘lavorare con lentezza’.

Tra le questioni gestionali spicca “il mancato dimensionamento dell’organico in funzione delle prescrizioni dei vigili del fuoco”. Così come non sono state definite in modo “puntale le figure professionali coinvolte nella gestione”. Stesso discorso per le “funzioni di supporto nel deposito” a partire dall’area manuale. Ma il dato che desta maggiori perplessità in chi sta mettendo a punto la metro C è quello che riguarda la sicurezza: “Gli operatori non sono stati formati adeguatamente sull’utilizzo delle postazioni antincendio”. Mentre alcune strutture, come quelle di lavaggio e soffiaggio, “non sono mai stati testati o utilizzati adeguatamente”. Con i “deviatori di linea che vanno fuori controllo con una frequenza molto elevata” e “impianti di traslazione mai installati”, di cui, tra l’altro, non è ancora stato “redatto un regolamento di esercizio”.

Non solo. Esiste anche una mancata risoluzione della Pending list: 2793 voci di opere mai finite, tra civili, compensative, elettroferroviarie e prove integrative per la sicurezza. Ma soprattutto, nella metropolitana votata alla tecnologia, dove i treni andranno da soli, non esiste una rete Lan aziendale e “non sono stati predisposti i messaggi automatici delle diffusioni sonore”. Senza dimenticare “i comportamenti incongruenti di alcuni sottosistemi”. E non mancano “i guasti gravi non spiegati, come la caduta dei link per i comandi radio del treno”.

Questi i motivi tecnici che fanno esprimere dei dubbi agli addetti ai lavori sulla data del 31 dicembre per la consegna della tratta fino a Lodi. Consapevoli dei ritardi anche il consorzio dei costruttori, tra cui Vianini e Ansaldo, e il Campidoglio. Una soluzione potrebbe essere il ritorno all’antica, con l’apertura fino a Centocelle, poi tutto il resto. La questione è anche e soprattutto economica. Dalla crisi della scorsa estate, con il blocco dei cantieri, le fatture per lo Stato di avanzamento lavori (Sal) non sono mai state saldate. L’assegno supera i 100 milioni di euro e Roma metropolitane chiede che sia il Comune a pagare il conto. Palazzo Senatorio temporeggia, dando così il la a un altro braccio di ferro che non aiuta.

Poi ci sono i 71 milioni di extra-costi, derivanti dall’accordo firmato nel settembre 2013, e su cui indaga la Corte dei Conti, e 16 per l’assistenza nel collaudo della linea Pantano-Centocelle. Totale? Oltre 200 milioni. Con la municipalizzata Roma metropolitana che non solo non becca un euro da tempo, ma, secondo il piano di rientro dal debito del Campidoglio, sarà incorporata in Risorse per Roma. Intanto Metro C licenzia tutti. Il consorzio delle imprese costruttrici ha messo in mobilità tutti i 117 dipendenti del presidio romano, motivando la scelta con la forte incertezza sul prosieguo dell’opera. Dopo la stazione San Giovanni nessuna garanzia, mentre spunta l’idea di cominciare tutto da capo con una nuova gara d’appalto.

Tutto mentre il sindaco Marino lancia la seconda fase dello stop alle auto private su via dei Fori Imperiali. Le alternative alle automobili del chirurgo dem, insieme al suo assessore alla Mobilità Guido Improta, tardano ad arrivare. E in molti si chiedono come faranno circa 1200 persone ogni 6 minuti a spostarsi dalla Casalina al centro, quando sarà inaugurata la tratta Pantano-Centocelle. L’ipotesi è quella di un servizio navetta fino a Manzoni, per lo scambio con la linea A. Quello che nessuno dice, però, è che nella fase di pre-esercizio la metro chiuderà alle 20. Aggiungendo un altro problema sulla lunga lista delle questioni da risolvere. Per questo meglio mettere da parte il traguardo del 2024, con l’arrivo previsto fino a piazza Venezia.

Giovanni Santoro

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