Amatrice pronta al referendum per lasciare Lazio e difendere ospedale | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Amatrice, l’ospedale della discordia divide la politica. Pd: “Voteremo no al referendum per il Lazio”

Ospedale Amatrice«Il presidente Zingaretti non si assuma la responsabilità di chiudere i battenti all’ospedale di Amatrice. Quella struttura non è solo un servizio, sia pure limitato nelle funzioni rimaste, ma è anche il simbolo di una sanità che rifiuta di essere considerata solo un costo». Lo ha affermato in una nota il capogruppo della Destra alla Regione Lazio Francesco Storace, vicepresidente del Consiglio regionale. Che con queste parole ha aperto la domenica di battaglia politica sulla struttura del piccolo Comune laziale che dovrebbe essere chiusa nei prossimi giorni e che l’amministrazione è pronta a difendere con un referendum per abbandonare la Regione Lazio. “Con la mia amministrazione lottammo per far restare in vita quel presidio sanitario ed è deprimente constatare un’insensibilità assurda verso le preoccupazioni dei cittadini – ha proseguito Storace -. Totale solidarietà al sindaco e agli abitanti ai quali garantiamo battaglia vera in consiglio regionale se non si recederà dalle intenzioni di chiusura dell’ospedale. Tantomeno siamo disponibili a provocare una fuga del paese verso l’Abruzzo. Le case della salute si facciano altrove: Amatrice è lontana da troppi presidi ospedalieri, non prendiamo in giro i suoi cittadini e i tanti turisti che la frequentano«.

Il centrosinistra però si dice contro la consultazione per abbandonare la regione guidata dal governatore Zingaretti. «Noi come opposizione voteremo contro la proposta del referendum consultivo per lasciare il Lazio. Ogni estate si cerca di trovare qualcosa per fare clamore e far dimenticare i veri problemi del paese». Ad annunciarlo è Francesco Di Marco (Pd), capo dell’opposizione ad Amatrice, il Comune in provincia di Rieti che, in polemica con la Regione per la riconversione del locale ospedale, potrebbe lasciare il Lazio e aderire a un’altra Regione. Mercoledì prossimo il Consiglio comunale, a maggioranza di centrodestra, si esprimerà sul referendum consultivo. Ma l’opposizione voterà no: «Stanno cercando – aggiunge Di Marco – di ‘buttarla in caciarà. Noi siamo contrari, anche perchè non credo che risolverebbe alcun problema. In questi giorni non ho sentito la Regione, ma siamo in genere in contatto continuo». Di Marco non nega però che esista un caso-ospedale, nè nasconde la sua preoccupazione rispetto al futuro del ‘Francesco Grifonì: «È un tema gravissimo – aggiunge anzi – e come Consiglio comunale abbiamo votato compatti una risoluzione che dice che se Casa della Salute deve essere, deve avere determinate caratteristiche. Una persona che sta male ad Amatrice deve poter essere curata. Ma questo lo sanno i nostri politici, lo sa il presidente della Regione. Noi, in questo, saremo insieme al sindaco, anche per iniziative forti». Ma non per la ‘secessionè: «Oggi non mi sento – afferma ancora – di portare avanti una iniziativa che preveda la possibilità di staccarci dal Lazio. Poi, la propaganda si può sempre fare in qualunque momento, però non credo che il sindaco Pirozzi possa volerla concretizzare»

Il sindaco di Amatrice è invece pronto alle barricate: «Questa non è una battaglia tra poveri, io chiedo solo rispetto. La clausola di salvaguardia è stata data ad altre tre aree, Monterotondo, Bracciano e Subiaco. Non penso che se avessero aggiunto il mio Comune qualcuno avrebbe gridato allo scandalo. Bisogna accendere un faro contro una ingiustizia sociale». Così il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi (centrodestra), che mercoledì sera chiederà al Consiglio comunale l’ok per indire un referendum consultivo per distaccarsi dal Lazio, in aperta polemica contro la riconversione dell’ospedale ‘Grifonì. «Io capisco il debito della Regione – aggiunge – so anche che si forma per lo più a Roma e non nelle aree periferiche. Ma non è che chiedo il reparto di Ostetricia o la Cardiochirurgia, sarei pazzo, mi rendo conto che i tempi sono cambiati. Però che questa sia un’area disagiata, a 67 km dall’ospedale più vicino, a mille metri d’altezza, lo capirebbe anche un bambino. Serve un punto di primo intervento, non pretendo un pronto soccorso. Serve un laboratorio di analisi e una radiologia per le urgenze. Se la Regione ha questa attenzione per i territori – la sua conclusione – allora non ha più senso farne parte». Pirozzi spiega di non aver parlato in questi ultimi giorni con esponenti della Regione, ma sostiene che lo scorso 4 agosto, nel corso di una riunione, l’assessore regionale Fabio Refrigeri (espressione del territorio sabino) e il deputato e segretario regionale del Pd Fabio Melilli (anch’egli reatino) avevano rassicurato i sindaci sulla sanità locale. «O non erano informati – aggiunge il sindaco – o hanno cercato di nascondere la cosa». A far indignare il sindaco, in particolare, la ‘patentè di territori disagiati ad aree come Monterotondo, Bracciano e Subiaco: «Non ci fosse stata la clausola per questi tre presidi avrei capito, avrei fatto magari una battaglia di campanile. Ma in questo caso dobbiamo accendere un faro su una vera ingiustizia sociale. L’ex governatrice Polverini – ricorda infine – la portai a forza all’ospedale per farla rendere conto, per dirle ‘Che stai facendo?’»

Ma passare da una Regione all’altra, per un Comune, è una procedura complessa di cui il referendum consultivo è solo la prima fase, e forse anche la meno difficile. Ecco l’iter che dovrà affrontare Amatrice, il centro nel Reatino che in polemica con la Regione Lazio mercoledì sera voterà se consultare i cittadini su una possibile annessione a un’altra Regione. A regolare la materia è la Costituzione, all’articolo 132 comma 2. «Si può – afferma la Carta – con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati a un’altra». Dunque, dopo l’ok dei cittadini, serve una legge ordinaria approvata dal Parlamento. E come se non bastasse si devono esprimere i Consigli regionali, sia quello ‘di partenzà, cioè quello del Lazio, sia quello ‘d’arrivò. Già, ma in quale Regione vorrebbe finire Amatrice? Fino al 1927, in effetti, il Comune faceva parte dell’Abruzzo, e di certo non mancano amatriciani che con il cuore si sentono legati a quella Regione. Ma a quanto pare, invece, in passato si era parlato di aderire alle Marche, alla provincia di Ascoli Piceno, che però non confina con Amatrice. C’è di mezzo, carta alla mano, un piccolo tratto del Comune laziale di Accumoli. Amatrice confina invece con la abruzzese provincia di Teramo, ma in mezzo ci sono i monti della Laga, e con la provincia dell’Aquila, dalla parte di Campotosto, che sembra a conti fatti l’ipotesi più ‘naturalè.

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