Area metropolitana,tutti la vogliono: nel Pd tensione per le liste | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Area metropolitana, nessuno ne parla ma tutti la vogliono. Nel Pd tre ore di tensione per la lista

L'elenco è di mediazione, con tre candidati di spicco da Roma e sette donne. L'elezione è per i dem solo una sfida interna

sede provinciaIl tema non ha mai appassionato. Sarà perché non votano i cittadini o perché non ci sono indennità da conquistare, ma l’Area metropolitana, che sostituirà la Provincia e per cui si voterà il 5 ottobre, riesce a far litigare ancora una volta il Pd. A mostrarne i limiti e la balcanizzazione. Ci sono infatti volute più di tre ore, ieri alla direzione regionale, per trovare la quadra sui 24 nomi da inserire in lista, che deve essere depositata entro il 15 settembre. Veti, piedi puntati, bracci di ferro e ricatti. Alla fine però la lista c’è ed è di mediazione. Sciolto sia il nodo del numero dei candidati, che erano arrivati al Pd Lazio in misura maggiore del tetto massimo consentito, sia la questione dei tre candidati ‘di spiccò – ovvero, Mauro Alessandri, Mirko Coratti e Gianni Paris, i papabili alla carica di vicesindaco -, inseriti in lista in posizione uguale a tutti gli altri. La lista proposta dal segretario Fabio Melilli e poi approvata contiene nomi in ordine alfabetico e alla testa tutte le donne. «Ho ricevuto le candidature di Gianni Paris, del sindaco di Monterotondo Mauro Alessandri, del presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti – ha esordito Melilli -. Questo crea imbarazzo nella formazione della lista. Qualsiasi altra decisione avrebbe portato a una forzatura anche perchè il sindaco Marino (colui che dovrà, in quanto sindaco della città metropolitana nominare il suo vice, ndr) ora è all’estero, non aveva un quadro che contemplava candidature così autorevoli. Chiedo scusa ai tre, se non riesco a trovare formule che ne valorizzano il ruolo». Il problema del numero dei candidati, invece, derivava da un accordo precedente che prevedeva in lista sei nomi espressione della Capitale e il resto dai Comuni della provincia: alla fine i nomi arrivati al Pd Lazio dai dem della Capitale sono stati in numero maggiore e dalla provincia hanno dovuto rinunciare a un paio di persone. «Il segretario provinciale di Roma – ha spiegato Melilli – mi ha comunicato la disponibilità a ritirare due nomi». Più le critiche che gli entusiasmi alla riunione dei dem, che comunque alla fine hanno votato la lista all’unanimità. «Accolgo il sistema proposto dal segretario – ha commentato il capogruppo Pd in Campidoglio Francesco D’Ausilio -: è l’unica soluzione. Avremmo dovuto fare di più e meglio, ed è una sconfitta di tutti». Mentre il senatore Bruno Astorre, espressione del Pd provinciale, prima del voto è tornato sulla scelta – che si prevede ardua – del vicesindaco: «Se il sindaco è di Roma il vice deve essere espressione della provincia: mi pare che questa idea vale dappertutto, tranne qua. Per noi è difficile. La lista può essere anche approvata però io non so se tutti i rappresentanti della provincia domani accetteranno». «La mia idea personale è che in una fase iniziale serva una sintesi tra Roma e provincia nelle figure di vertice», ha detto anche Melilli pur sottolineando per questa scelta la necessità di rispetto per il sindaco di Roma Ignazio Marino. Tutto si gioca sui ruoli, sulle posizioni di forza. E i nomi di alcuni candidati rispetto ad altri rispecchiano proprio questa partita. Con Alessandri voluto dai non romani, e sponsorizzato dal senatore Astorre, mentre Paris è il nome del sindaco Marino. Ma tra i due litiganti si inserisce il terzo nome. E’ quello del presidente dell’aula Coratti che, dopo aver aspettato invano una chiamata in giunta, accoglie l’invito dell’area marroniana e popolare, con i renziani di supporto, e lancia il suo personale guanto di sfida. Da non sottovalutare gli indici che permetteranno la votazione. Un voto di Roma vale e pesa di più, per essere tra i 24 consiglieri metropolitani bisogna soprattutto conquistare le preferenze tra i compagni di banco in aula Giulio Cesare. Se queste sono premesse, gli equilibri politici tra la Capitale e il suo hinterland non saranno gli unici ad essere sul tavolo. Come sempre il Pd ci mette del suo, usando una competizione elettorale, seppur di secondo livello (votano solo consiglieri e sindaci in carica), per pesarsi. E rivendicare posti di comando.

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