Vaticano, Papa Francesco sposa 20 coppie: “Il matrimonio non è una fiction”. In dono riceve una ludoteca
– «Sandro, vuoi accogliere Ada come tua sposa nel Signore, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?». Il «sì» con cui prima lo sposo e poi la sposa, rispettivamente di ognuna delle venti coppie romane convolate a nozze oggi in San Pietro, hanno risposto alla domanda posta loro da papa Francesco è risuonato sotto le volte della basilica con toni diversi: a volte con voce sorridente e stentorea, a volte emozionata, a volte rotta dalla commozione, proveniente da un viso rigato dalle lacrime. Era la prima volta che papa Francesco celebrava il rito del matrimonio: un’occasione più unica che rara, se si pensa che in tempi recenti si ricordano solo le due volte di Giovanni Paolo II, il 12 giugno 1994 per l’Anno della Famiglia ed il 15 ottobre 2000 per il Giubileo delle Famiglie. E le venti coppie della diocesi di Roma, scelte per l’occasione dal Vicariato, hanno vissuto l’evento con grande emozione, accentuata dal fatto che a unirle nel sacro vincolo era il Papa in persona. Atmosfera gioiosa e di festa ma sobria, comunque, nella messa in basilica, con le venti coppie di nuovi coniugi – spose tutte nel classico bianco, mariti rigorosamente di scuro – circondate dall’affetto di parenti e amici. Si tratta di coppie come tante, provenienti da tutti i settori della diocesi: alcune hanno anche figli (come la coppia più anziana, Guido e Gabriella, 56 anni lui, 49 lei), alcune hanno alle spalle altri legami ormai falliti, altre vengono da una convivenza. Nella scelta non c’è stata alcuna preclusione, com’è nella Chiesa di Francesco. I mestieri, inoltre, sono i più vari, dalla commessa al dj, al ballerino; alcuni purtroppo vivono esperienze di precarietà occupazionale e cassa integrazione. E parlando loro nell’omelia, Francesco ha sottolineato sia la grandezza sia la problematicità del costruire una famiglia. «È incalcolabile – ha detto, la carica di umanità contenuta in una famiglia: l’aiuto reciproco, l’accompagnamento educativo, le relazioni che crescono con il crescere delle persone, la condivisione delle gioie e delle difficoltà. Le famiglie sono il primo luogo in cui noi ci formiamo come persone e nello stesso tempo sono i ‘mattonì per la costruzione della società». Commentando le letture, ha avuto parole per le «croci» e per la via accidentata del matrimonio, per la vita quotidiana che «diventa pesante e, tanto volte, ‘nauseantè», per gli sposi che «non sopportano il cammino» e vengono morsi «dalle tentazioni dello scoraggiamento, dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono». «Il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una ‘fiction’!», ha avvertito il Papa. Secondo Francesco, però, «l’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente di perde, si lacera, si esaurisce». «L’amore di Cristo – ha continuato – può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perchè questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad essere più uomo». «È la reciprocità delle differenze – ha insistito -. Non è un cammino liscio, senza conflitti: no, non sarebbe umano. È un viaggio difficile, a volte impegnativo, a volte conflittuale, ma questa è la vita!». Il Pontefice non ha mancato di dispensare agli «sposi in cammino» un «piccolo consiglio». «È normale che gli sposi litighino – ha detto -, è normale. Sempre si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. Mai. È sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare». Alla fine il Papa ha salutato nella sagrestia tutte le coppie, che poi hanno posato per le loro foto nei Giardini Vaticani. In dono al Pontefice hanno offerto una ludoteca e un centro di aggregazione per i giovani nelle periferie romane, che saranno realizzati attraverso al Caritas diocesana in una struttura nel quartiere di Colli Aniene.
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