Le visioni di Escher in mostra dal 20 settembre al Chiostro del Bramante | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Le visioni di Escher in mostra dal 20 settembre al Chiostro del Bramante

EscherEscher e le leggi della Fisica, Escher e i cristalli e gli oggetti impossibili, ma soprattutto Escher e l’amore per la natura e per l’Italia, il suo paesaggio, la sua cultura: c’è un approccio tutto nuovo nella grande mostra che dal 20 settembre al 22 febbraio al Chiostro del Bramante rilegge in 150 opere l’arte del maestro olandese, amato dai matematici e dalle stelle del rock. Ma ai Rolling Stones rifiutò seccamente una sua incisione inedita per la copertina di un disco e anche i Pink Floyd non si sottrassero alla ‘Eschermanià dilagante usando le sue immagini visionarie di mondi paralleli. Eppure, come racconta la bella esposizione, intitolata semplicemente ‘Escher’ (prodotta dal Dart Chiostro del Bramante e Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Escher) e curata da Marco Bussagli, le visioni di questo grande intellettuale del XX secolo originano da un perenne stupore per le meraviglie del creato e da un substrato culturale e artistico ineccepibile. Grazie a importanti prestiti, della Fondazione e in particolare della Collezione di Federico Giudiceandrea, Bussagli è stato in grado di realizzare un percorso espositivo che fonde insieme i nodi tematici dell’incisore, la vicenda e le passioni personali, l’ironia e il gioco, coinvolgendo il visitatore nello sperimentare le leggi scientifiche indagate e rappresentate da Escher fino a farlo entrare fisicamente in una sua opera. Maurits Cornelis Escher, spiega il curatore, aveva una relazione fortissima con l’Italia, dove visse anni cruciali per la sua crescita artistica, a contatto con esponenti del Futurismo e della Scuola Romana, alla scoperta di un paesaggio agli antipodi di quello olandese, tanto naturisticamente vario e denso di storia. «Il giovane Maurits soffriva di depressione, di una sorta di melancolia intellettuale, a scuola non rendeva e deperiva». Per questo la sua famiglia, molto agiata e aperta, decide di farlo viaggiare attraverso l’Europa, proprio come ai tempi del Grand Tour ed Escher, che veniva dalle brume delle Fiandre, rinasce sotto il sole, la luce, i colori del Mediterraneo. «In Italia era felice, l’attraversa con tutti i mezzi, anche in groppa agli asini», insieme alla moglie, conosciuta a Ravello, con cui condividerà una vita familiare felice (almeno fino agli ultimi anni) interamente incentrata sulla sua attività di ricerca e di produzione artistica. La mostra del Chiostro del Bramante inizia proprio con un’ampia sezione dedicata agli anni italiani, ai primi soggiorni a Siena (dove fece anche la sua prima personale), ammaliato dalle atmosfere della bellissima città d’arte e soprattutto del Duomo, all’incontro con Roma e il Lazio che illustra in molte incisioni. E se la capitale lo interessa quasi sempre per i notturni sui fori o nelle chiese (incredibile una veduta all’interno della basilica di San Pietro), i paesi arroccati dell’entroterra laziale diventano per lui un esercizio continuo di prospettiva e giochi ottici. Un modo unico di reinterpretare la natura, come per gli scorci di Tropea, i declivi scoscesi di Castrovalva, i monti antropomorfi di Pentadattilo. Immagini interiori, che nell’allestimento presto si sposano con le sue intuizioni scientifiche (nell’ultima opera ‘Serpentì precorre la teoria dei frattali), fino a creare opere che illustrano il dato reale proprio partendo dall’interno della legge che lo governa. Non a caso, la comunità mondiale dei matematici, quando lo scopre negli anni ’50, quasi lo elegge a suo rappresentante. Un apprezzamento corrisposto per un intellettuale che aveva compiuto da solo il suo percorso conoscitivo e che in solitudine continuava a creare le sue opere. «Escher – dice Bussagli – faceva tutto in prima persona, anche le incisioni. Sul legno intagliato pazientemente stendeva l’inchiostro e lo faceva aderire al foglio non con la pressa, bensì battendo con un cucchiaio. Erano operazioni che richiedevano settimane o mesi, poi chiamava la famiglia ad ammirare la sua creazione. Per questo ci sono incisioni con tirature bassissime, molto rare, altre invece più diffuse perchè le riprendeva, magari dopo anni». È proprio in un’opera come ‘Mano con sfera riflettentè (Escher Foundation), che il maestro olandese si ritrae all’interno del suo studio romano e mostra la quotidianità del suo lavoro attraverso il gioco dei riflessi. Incisioni celebri come ‘Giorno e nottè (Collezione Giudiceandrea), ‘Altro mondo IÌ (Collezione Giudiceandrea), ‘Casa di scale (relatività)’ (Collezione Giudiceandrea), ‘ Stellè, ‘Il Dragò, ‘Rettilì , ‘Profondita« (illustrata da pesci con la struttura identica agli atomi del ferro, cui la mostra dedica una piccola sala di specchi capace di restituirne la vertigine) e approfondiscono invece l’urgenza continua di raccontare l’universo con il suo genio capace di percepire l’essenza delle cose. E di inventarne di nuove, magari ispirandosi alle incisioni di Piranesi (il padre ne aveva una collezione) o scambiando esperienze con gli amici matematici, sempre dominate dalla magia dell’illusione.

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