Un muro di gomma | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Un muro di gomma

disabili_01Roma non è città a misura di disabile, a qualcuno piace dire che è unfrendly. Bella scoperta, non ci voleva mica la denuncia di un “guru” come Bertolucci per ricordarlo ai romani. La capitale semplicemente “non è a misura” per nessuno, è scomoda, abbandonata a se stessa, priva della più banale amministrazione ordinaria della cosa pubblica. E non è un problema di quelle che spesso indebitamente vengono definite “barriere architettoniche”, è una questione di carattere generale, trattasi complessivamente di degrado in tutte le sue espressioni. Bertolucci fa riferimento esplicito – e ha assolutamente ragione – alle strade sconnesse, ai sanpietrini assenti o mal posizionati, i tombini sconnessi. Ad una catena che su Ponte Sisto impedisce alla sua carrozzina di passare. Lo spalleggia l’assessore disabile Pancalli che lamenta il discutibile funzionamento delle pedane collocate su una certa quota di autobus. E’ degrado, sciatteria, disinteresse che rende la città ostile per una tipologia amplissima di cittadini. Non fissiamoci sull’immagine dell’uomo in carrozzina  -che sia abile o meno ad “impennarla” per superare gli ostacoli poco importa  – sono in difficoltà le persone comuni, a muoversi sull’acciottolato sconnesso, sono in difficoltà gli anziani, le mamme con le carrozzine e così via. Siamo tutti disabili, da questo punto di vista, con tutto il rispetto e l’accorato sostegno per chi accanto alla difficoltà di  abitare a Roma ha anche problemi fisici temporanei o permanenti. E’ una situazione di disagio generale che galleggia da sempre, che nessuna amministrazione ha mai preso sul serio, ha mai considerato. E’ imbarazzante che dopo la denuncia di Bertolucci arrivino (ma non ci crediamo) due milioni per i sampietrini, per il restyling di Trastevere. Prima di imbarcarsi in folli piani di mobilità il Campidoglio dovrebbe pensare alla ordinaria manutenzione di tutto quanto afferisce direttamente alla amministrazione comunale. Senza proclami e senza quel pathos assurdo che precede la frase classica: abbiamo trovato tutto così. Ma torniamo alle barriere architettoniche, cioè a tutti quegli impedimenti strutturali e infrastrutturali che limitano la vita dei cittadini. Il messaggio che Marino e il regista lanciano è frainteso, mal rilanciato dai media: non c’è bisogno di scomodare nessuno, basta applicare le leggi, puntualmente e correttamente, e sanzionare ciò che va sanzionato. Tutti fingono di non sapere che due leggi, una dell’89 e una del ’92 regolano con precisione la materia. Non c’è bisogno di discutere, dopo un quarto di secolo s’è fatto abbastanza a Roma ma si può fare di più. Gratta gratta vai a scoprire che in qualche contesto e in qualche circostanza gli ostacoli vengono dalle Sovrintendenze. Si costringono i romani nel disagio per preservare la “romanità”. E questa è una barriera culturale difficile da rimuovere

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