Opera, lavoratori pronti ai ricorsi ma sindacato diviso. Fuortes: "Seguiamo la legge" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Opera, lavoratori pronti ai ricorsi ma sindacato diviso. Fuortes: “Seguiamo la legge”

Per ora si manifesterà divisi, in attesa del coordinamento nazionale di lunedì dei lavoratori degli Enti lirici

Cgil, Cisl e Uil tentano di suonare in ‘ensemblè sul Teatro dell’Opera di Roma ma i sindacati sono spaccati sul licenziamento di orchestra e coro deciso dal Cda. E la Cisl attacca duramente la Cgil: «colpa anche dei vostri scioperi». Dunque per ora si manifesterà divisi, in attesa del coordinamento nazionale di lunedì dei lavoratori degli Enti lirici. Intanto il ministro della Cultura Dario Franceschini torna a difendere il sovrintendente Carlo Fuortes e la drammatica decisione dei licenziamenti che ora rischia di scuotere anche la maggioranza che sostiene Ignazio Marino: Sel infatti condanna la decisione del Cda. Il Day After della lirica capitolina è una ridda di dichiarazioni delle tante sigle sindacali in campo, già divise sul piano di rilancio di Fuortes e sul relativo referendum tra i lavoratori, vinto dal sì. «L’apertura della procedura di licenziamento collettivo dei lavoratori di orchestra e coro è inaccettabile», scrivono i segretari del Lazio di Cgil, Cisl e Uil, Claudio Di Berardino, Mario Bertone e Pierpaolo Bombardieri in un comunicato che appare per ora l’unica cosa unitaria partorita dal fronte sindacale. Tra i rappresentanti poi è uno scambio di accuse. «L’atteggiamento tenuto nei mesi scorsi da parte della Cgil e dei sindacati autonomi – dice il segretario di Roma e Lazio della Fistel Cisl, Paolo Terrinoni – con gli scioperi in occasione della stagione estiva di Caracalla e la decisione di non firmare il piano di risanamento, ha danneggiato il teatro e ogni iniziativa sindacale intrapresa». «Cisl e Uil riflettano su quanto hanno fatto – ribatte Alberto Manzini della Slc Cgil -. Nonostante abbiano appoggiato il piano industriale ora il Cda colpisce tutti i lavoratori, anche i loro iscritti». Al fianco del sovrintendente si schiera di nuovo il ministro Franceschini. «Fuortes sta da mesi facendo un lavoro positivo e importante con la situazione più difficile rispetto a tutte le altre – dice – Andrà avanti nel suo lavoro. Anche perchè la scelta l’ha fatta con il pieno sostegno dei consiglieri di amministrazione e dei soci che questi rappresentano». Non è d’accordo il presidente del partito di Franceschini, Matteo Orfini, che twitta: «Se davvero per l’Opera l’unica soluzione è questa, il sovrintendente che non ne ha trovate altre dovrebbe condividere il destino dei lavoratori». Come a dire: «si licenzi anche Fuortes». E la mossa del Cda ha aperto un fronte anche nella maggioranza del Campidoglio. Il capogruppo di Sel Gianluca Peciola ha chiesto di ritirare i licenziamenti. La consigliera Imma Battaglia paventa «un rischio per la maggioranza». Sel in Comune esprime un vicesindaco, Luigi Nieri, che però sui licenziamenti non sarebbe contrarissimo «piuttosto bisognerebbe riprendere il dialogo». I lavoratori intanto preparano i primi ricorsi e promettono battaglia nei tribunali. Oggi proprio dal giudice del lavoro è arrivato un punto a loro favore: ha definito «antisindacale» l’uso della musica registrata alla ‘primà del ‘Lago dei Cignì nel dicembre scorso, per ovviare ad uno dei tanti scioperi dell’orchestra. La battaglia si annuncia lunga e dura. Per l’Opera è solo il primo atto.

«Buste paga assicurate fino a Natale e intanto andremo avanti seguendo passo passo quello che prevede la legge 223 del ’91, compreso – se il sindacato lo richiede – l’apertura di un tavolo di mediazione». All’indomani della decisione del cda di procedere con il licenziamento collettivo di coro e orchestra dell’Opera di Roma, il sovrintendente Carlo Fuortes chiarisce le fasi di quello che succederà ora nel teatro romano. «La legge prevede che una volta avviata la procedura di licenziamento collettivo, quando il sindacato riceve la lettera può chiedere entro sette giorni la convocazione del tavolo. Dopodichè si apre una fase di 75 giorni nella quale ci sarà una trattativa per capire esattamente se e possibile trovare una mediazione al licenziamento. Se non è così alla fine del processo ci saranno i licenziamenti. Noi – assicura – attueremo tutti i passaggi regolarmente e quindi attualmente i musicisti sono dipendenti e lavorano regolarmente». Anche l’Aida in cartellone per il 27 novembre che avrebbe dovuto aprire la stagione del Costanzi, ribadisce il sovrintendente, non è stata al momento cancellata. Anche se, dopo la partenza di Muti, il tasto è delicato e Fuortes sul tema di un direttore chiamato a sostituire il grande maestro oppone un gentile no comment. Sempre che non si trovi una mediazione, quindi, dal 1 gennaio si potrebbe partire con un’orchestra e un coro ‘nuovì ed esterni, ma sempre in qualche modo ‘stabilì perchè legati al teatro «da un contratto pluriennale rinnovabile». «L’idea è quella di contratti quadriennali prorogabili come fanno tante orchestre del mondo», dice Fuortes. Saranno i musicisti a decidere in quale forma associarsi, precisa, se scegliendo una cooperativa o un’associazione. L’organico potrebbe essere anche uguale a quello attuale del Costanzi, che conta 92 orchestrali e 90 membri del coro. L’idea di fondo rimane quella che a legare i musicisti al teatro debba essere un contratto a tempo determinato, idea che Fuortes ha potuto mettere in pratica al Petruzzelli (unico esempio in Italia) dove l’orchestra è nuova e composta di musicisti a tempo determinato. «Il musicista non è un impiegato, è un artista come il cantante, il merito e la qualità sono il primo obiettivo da raggiungere», ripete Fuortes, che porta l’esempio di grandi teatri come il Metropolitan di New York o il Covent Garden di Londra: «Lì c’è una orchestra stabile ma a tempo determinato», sottolinea. Lui ne è convinto: «Il contratto a tempo indeterminato per il musicista rischia di far diminuire il livello qualitativo del complesso. Le orchestre devono essere composte dai migliori musicisti, impensabile in un campo come questo non mettere il merito al primo posto». Tant’è, con l’esternalizzazione di orchestra e coro l’Opera di Roma risparmierebbe «3,4 milioni di euro e si potrebbe arrivare ad avere nel 2015 un bilancio in pareggio, cosa ritenuta indispensabile dal consiglio di amministrazione». Poi ci sarà da pensare a trovare nuovi sponsor e ad incrementare gli abbonati. Ma prima bisogna dare un segno di ritrovata serenità e qualità: «un teatro deve essere visto come un punto di riferimento della collettività, se lo diventa c’è la possibilità di attirare sponsor e aziende altrimenti è difficile». Tanto è vero che l’addio di Muti, conferma, ha fatto saltare una serie di trattative «che si stavano definendo». Mentre «il numero degli abbonamenti è in linea con quello dello scorso anno, anche se certo non c’è stato l’incremento che volevamo raggiungere». La fase, insomma, è delicata. E intanto, insieme al sostegno del ministro Franceschini che ha ribadito anche oggi come la scelta sia stata fatta «con il pieno sostegno dei consiglieri di cda e dei soci che questi rappresentano», sono arrivate le critiche e le richieste di dimissioni, da una parte della politica come dalla Cgil, il sindacato che più di altri in questi mesi ha portato avanti le proteste. Mentre proprio oggi viene resa nota la decisione del giudice del lavoro di Roma che ha definito ‘antisindacalè la sua decisione di mandare in scena il 21 dicembre scorso Il lago dei cigni con la musica registrata per dribblare lo sciopero proclamato dall’orchestra. Fuortes non commenta. Ma sulla sentenza, anticipa, il teatro, che aveva vinto in primo grado, presenterà un nuovo ricorso.

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