Ebola, malore all'ufficio immigrazione: caso sospetto ma i sanitari smentiscono | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Ebola, malore all’ufficio immigrazione: caso sospetto ma i sanitari smentiscono, sarebbe epilessia

Allarme Ebola a Roma. Anche se le fonti sanitarie smentiscono, per ora, e parlano di un falso allarme.  Stamattina nell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma, un ragazzo somalo ha accusato un malore nella sede di Tor Cervara e sul posto è intervenuto il 118. E’ stato portato all’Umberto I per accertamenti. Da una prima visita è risultato che ha la febbre.
Secondo quanto affermato dal sindacato di Polizia Anip Italia l’immigrato si sarebbe sentito male mentre si trovava nell’ufficio per rinnovare il soggiorno per protezione internazionale: “Perdeva sangue dal naso e le sue condizioni fisiche sono peggiorate in pochi minuti”, spiega il Segretario Generale del sindacato, Flavio Tuzi.
Immediatamente dall’ufficio Immigrazione è stato chiamato il 118 “per il timore che si trattasse di un caso di Ebola”, come si è appreso dall’Azienda regionale per l’emergenza sanitaria. I sanitari, seguendo il protocollo previsto per le malattie infettive, hanno visitato il ragazzo, molto sudato e con 38 gradi di febbre. Al paziente è stata effettuata anche l’anamnesi dalla quale è risultato che vivrebbe da circa 2 anni in Italia. Gli operatori lo hanno poi trasportato in codice giallo al policlinico Umberto I, uno dei tre ospedali romani, assieme allo Spallanzani e al Gemelli, di riferimento per le malattie infettive. Da fonti ospedaliere riportate da un’agenzia di stampa trapelerebbe però che “non si tratta di Ebola, ma di una crisi epilettica”.«Ci sono stati attimi di paura stamani nella sala profughi dell’ufficio immigrazione di Roma. Intorno alle 10 c’erano circa cento persone in attesa quando quel cittadino somalo si è sentito male». A raccontarlo è un poliziotto che stamani era in servizio all’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma quando è scattato l’allarme ebola. «L’uomo si è presentato allo sportello per rinnovare il permesso di soggiorno – ricorda – l’impiegata allo sportello, una civile, ha notato che all’immigrato usciva del sangue dal naso e che era sudato e lo ha invitato ad andarsi a rinfrescare . Mentre il giovane stava andando fuori dall’ufficio ha iniziato a barcollare ed è caduto per terra in preda a un forte tremore. A quel punto è stata sgomberata la sala per precauzione ed è stata chiamata l’ambulanza».«Aveva convulsioni, febbre alta, perdeva sangue dal naso a fiotti e si è accasciato improvvisamente al suolo». Così il segretario generale del Siulp Saturno Carbone riporta i racconti dei suoi colleghi dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma dove stamani è scattato l’allarme Ebola, poi rientrato, per i malore di un cittadino somalo che avrebbe avuto un attacco epilettico. «L’uomo si è sentito male presso lo sportello della Sala Profughi – spiega Carbone – e chiamato immediatamente il 118, il personale sanitario giunto sul posto, una volta apprese le sintomatologie, si è tenuto a distanza dallo straniero in attesa di disposizioni per circa 20 minuti, mentre i poliziotti facevano da cordone e si sinceravano delle condizioni di salute dell’immigrato». «Solo dopo diverse telefonate il personale del 118 accorreva in ausilio, mentre il personale sanitario della Polizia di Stato nel frattempo giunto sul posto, disponeva la chiusura al pubblico dell’Ufficio», conclude Carbone. .Il Siulp chiede «corsi formativi specifici circa le procedure comportamentali da adottare» in caso di sospetto ebola dopo l’allarme scattato stamani all’Ufficio immigrazione di Roma dopo il malore di un somalo. «Chiediamo un maggiore impegno dell’amministrazione ad ogni livello, per migliorare le condizioni di lavoro del personale esposto irresponsabilmente a questo rischio», dice il segretario generale del Siulp Saturno Carbone. «Chiediamo anche un urgente intervento finalizzato a migliorare le procedure di identificazione di questa ‘mareà umana che si dirige verso il nostro paese e ponendo a rischio la salute dell’intera comunità», conclude Carbone.

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