Tangenti, in carcere due funzionari dell'Agenzie delle Entrate: 50mila euro per l'ok alle verifiche | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Tangenti, in carcere due funzionari dell’Agenzie delle Entrate: 50mila euro per l’ok alle verifiche

I soldi servivano per sistemare il controllo fiscale ed evitare le contestazioni: questa l'accusa nei confronti degli ispettori

agenzia delle entrateUna tangente di 50 mila euro per addolcire la verifica fiscale e chiudere il verbale senza alcuna contestazione; una «fortissima determinazione a delinquere»; nessuno scrupolo nei confronti dello Stato: «»a me chi mi frega più di tutti è la mia Amministrazione… – diceva al telefono uno dei due arrestati – a me chi mi ruba sono loro…«. Sono le accuse che hanno portato in carcere due ispettori dell’Agenzia delle Entrate, Giuseppe Costantini e Alberto Mario Gloria, mentre una terza persona, cugino di Costantini e accusato di aver fatto da intermediario, è stata posta ai domiciliari. Costantini era già stato arrestato a luglio scorso assieme ad un altro funzionario dell’Agenzia, sempre per aver chiesto una mazzetta ad un imprenditore sottoposto a verifica. Ed è proprio dalle indagini nate da da quell’episodio, condotte dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria di Roma e alle quali ha collaborato la direzione generale del Lazio dell’Agenzia delle Entrate, che sono scaturiti i provvedimenti di oggi, emessi dal Gip Simonetta D’Alessandro su richiesta del pm Mario Palazzi. Ma soprattutto, quelle indagini della Gdf hanno »confermato – scrive il Gip nell’ordinanza – quanto emergeva dai primi accertamenti e cioè come quell’episodio rappresentasse solo la ‘punta di un iceberg’ di una più diffusa condotta infedele da parte di funzionari appartenenti all’Agenzia dell’Entrate«. Nei confronti dei tre vengono ipotizzati i reati di tentata concussione, mentre i due funzionari pubblici sono accusati anche di falso e truffa ai danni dello Stato: negli orari nei quali, secondo i verbali poi redatti, avrebbero dovuto eseguire le verifiche, erano invece da tutt’altra parte. Secondo le indagini, Costantini e Gloria avrebbero chiesto il denaro un ristoratore romano. I due si sono presentati per un controllo fiscale e, dopo i primi accertamenti, hanno sostenuto che sulla base dei loro calcoli stavano emergendo maggiori ricavi non dichiarati per un milione. Quando il commerciante ha sottolineato che ciò era impossibile, scrive il Gip, »Gloria faceva presente che sarebbe stato possibile abbattere il rilievo, e anche escluderlo«, qualora il ristoratore »avesse corrisposto loro una somma di 25mila euro, successivamente lievitata a 50mila« perchè, »a detta del Gloria, doveva essere successivamente divisa in ufficio con altre persone«. L’altro episodio contestato a Costantini chiama in causa suo cugino Antonio Beltri, agli arresti domiciliari. Secondo l’accusa avrebbe fatto da intermediario tra il funzionario pubblico e l’ennesimo ristoratore ricattato, al quale sarebbero stati chiesti 100mila euro per »ammorbidire il verbale«, poi ridotti ad 80mila da pagarsi 50mila subito e il resto successivamente. »Si tratta di delitti sintomatici di una fortissima determinazione a delinquere – afferma il Gip – Ossia, pur di riuscire nell’intento predatorio, gli indagati pubblici ufficiali«, che »non hanno esitato a ricorrere a forme di violenza morale«, hanno »posto in essere una quantità seriale di falsi e di truffe che forniscono il riscontro di una modalità operativa e creano la complessiva credibilità dell’insieme e della volontà acquisitrice«. E questa »seriale realizzazione di reati collaterali« significa nient’altro che una »inequivocabile spregiudicatezza e sicura indifferenza alle conseguenze del proprio agire«. Lo testimonia un’intercettazione citata nell’ordinanza in cui Gloria parla con il ristoratore che avrebbe dovuto pagare la tangente di 50mila euro. »Io mi sto comportando correttamente – dice – …nel senso che ti potevo dire ‘chi se ne frega ciaò…ho preso più tempo possibile…«. E poi aggiunge: »a me chi mi frega più di tutti è la mia amministrazione…a me chi mi ruba sono loro…perciò parto da un altro presupposto, tutto quello che vedi in più…è tutto…mi riprendo solamente una particella di quello che non mi danno loro«. Affermazioni che, scrive il pm nella richiesta d’arresto, manifestano »l’incredibile spregiudicatezza del funzionario e l’ostentata infedeltà nei confronti dello Stato che in quel momento egli rappresenta«.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login