L'Italia tra secessione e avanguardia: 200 dipinti alla Galleria d'arte moderna | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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L’Italia tra secessione e avanguardia: 200 dipinti alla Galleria d’arte moderna

Circa 200 opere, provenienti in gran parte da collezioni internazionali e in alcuni casi mai esposte al pubblico (il fregio di Edoardo Gioia, gli strepitosi disegni di Balla), raccontano alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna il primo ‘900 e in particolare i dieci anni che precedettero l’entrata in guerra. Allestiti da domani al 15 febbraio, i capolavori di Balla, Boccioni, de Chirico, Casorati, Wiltdt, Modigliani, Klimt, Marini e molti altri illustrano un’epoca ricca di fermenti artistici, sociali e politici, ma anche connessioni e collegamenti tra movimenti nazionali ed europei. «L’Italia è stato uno dei luoghi più significativi dell’Avanguardia», sottolinea la Soprintendente del museo Maria Vittoria Marini Clarelli presentando ‘Secessione e Avanguardia. L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915’, in cui un’attenta selezione, basata su opere capitali, riesce a restituire la varietà di suggestioni, la ricerca indefessa, la sensibilità sociale che caratterizzarono gli artisti del tempo. Curata da Stefania Frezzotti, la mostra si snoda in un complesso percorso attraverso 15 sale, puntando sia sulla qualità e bellezza indiscutibili delle opere sia sulla loro capacità di documentare l’accavallarsi di vicende, prese di posizioni, contrapposizioni e incontri sfociati infine nell’interventismo. Il percorso espositivo ricostruisce infatti, partendo dal fregio celebrativo di Gioia ‘L’Italia vittoriosa con la Forza e l’Intelligenzà (realizzato 1911 per i 50 anni dall’Unità), lo scontro tra le nuove generazioni e un consolidato sistema dell’arte di cui venivano messi in discussione i criteri conservatori e selettivi che regolavano la partecipazione alle grandi esposizioni. La seconda sezione della rassegna si sofferma dunque sul 1905, quando Severini e Boccioni, ispirati dalla Secessione, organizzarono nel Ridotto del Teatro Nazionale di Roma la ‘Mostra dei Rifiutatì, che costituì un primo germe di opposizione, con eco in tutta Italia, ma soprattutto a Venezia. Ecco l’Autoritratto di Severini, l«Allegoria del lavorò di Carrà, il ‘Ritratto di Tolstoj’ di Balla, il ‘Chiostrò di Boccioni, i cartoni del ‘Quarto Statò di Pelizza da Volpedo, tutte opere caratterizzate da tematiche sociali. I primi passi di un movimento che guarda all’Europa, come testimoniano il ‘Girasolè (dal Belvedere di Vienna) di Klimt o ‘Il Sentimento IV’ di Ferdinand Hodler. Alla Secessione romana risponde l’attività espositiva di Cà Pesaro (per contrapposizione alla Biennale), mentre la dirompente novità dei Futuristi trova una nuova sede, sempre nella capitale, nella Galleria Sprovieri. Gli artisti sperimentano, dialogano, si sostengono aprendo le strade ai linguaggi più nuovi, come dimostrano gli studi di Giacomo Balla in bilico tra il decorativismo della Secessione e l’astrazione delle Avanguardie. E via via che prende piede l’entusiastico interventismo futurista, comincia a farsi largo la poetica del silenzio e dell’assenza, quasi presagio del dramma imminente, del primo De Chirico, rappresentato da capolavori quali ‘La torre rossà del 1913 (dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia).

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