Le mille vite dell'Anfiteatro Flavio, adesso al lavoro per far tornare l'arena | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Le mille vite dell’Anfiteatro Flavio, adesso al lavoro per far tornare l’arena

– Ricoprire l’ipogeo e restituire il Colosseo alla sua antica funzione di Arena, con tanto di eventi e spettacoli, più o meno circensi. La proposta del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, che riprende un’idea dell’archeologo Daniele Manacorda, potrebbe essere solo l’ultima di una serie di trasformazioni che nel corso dei secoli hanno interessato l’Anfiteatro Flavio, con i suoi quasi duemila anni di storia alle spalle e la sua immagine rimbalzata in tutto il mondo. Voluto dall’imperatore Vespasiano, fu inaugurato da Tito nel 80 d.c. con feste e giochi durati 100 giorni. Si trattava del primo anfiteatro stabile a Roma. Una struttura imponente, ricca di marmi, fregi e statue utilizzata fino al VI secolo per gli spettacoli di gladiatori e per altre manifestazioni. La sua funzione pubblica venne meno, quando, sopravvissuto a incendi e terremoti, fu trasformato prima in area di sepoltura, poi in fortezza. Il tempo non fu galantuomo con l’arena, che venne per lungo tempo anche abitata: nel Medioevo è stato «un condominio» che ospitava persone, animali e merci ma anche laboratori artigiani. E già a partire dall’antica Roma fu utilizzata come cava di pietra e marmo per la costruzione di fori e monumenti. Un destino che l’accompagnò anche durante il i secoli successivi, quando fu asportato il ferro che teneva insieme i blocchi di travertino. Poi nel Rinascimento il Colosseo fu anche «spogliato» dai marmi che servirono per la costruzioni di palazzi ed edifici. Palazzo Venezia, Palazzo della Cancelleria, il Porto di Ripa Grande, Palazzo Barberini e altre residenze nel centro della città furono edificate con il bianco rivestimento dell’Anfiteatro. «Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini», recita ancora oggi la saggezza popolare. Tra la fine del Seicento e la prima del Settecento, divenne luogo sacro, in memoria dei martiri cristiani che furono condannati al supplizio. In realtà, una credenza destituita di fondamento. Ma il Colosseo, in tempi più recenti, è stato anche protagonista al cinema (oltre all’evocativo Gladiatore, la sua apparizione più recente e più magica è forse nel film da Oscar La grande Bellezza di Paolo Sorrentino), e ha fatto da culla a spettacoli unici come il concerto esclusivo di Paul McCartney che nel 2003 ha portato il rock tra le antiche arcate, ai volteggi di Roberto Bolle nel 2008, alle note dell’Ave Maria di Schubert per il concerto benefico di Andrea Bocelli nel 2009. L’ultimo a esibirsi nella cavea davanti a 600 spettatori è stato Biagio Antonacci al concerto per l’Unesco nel 2011, il cui ricavato andò a finanziare borse di studio per giovani archeologi provenienti da paesi in stato di guerra, come Libia e Afghanistan.È molto più che un’idea quella di restituire al Colosseo la sua arena originaria. Il progetto rilanciato dal ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, dopo la proposta dell’architetto Daniele Manacorda, sarebbe già al vaglio della Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma, guidata da Mariarosaria Barbera. «La Soprintendenza ringrazia il ministro per l’attenzione da lui rivolta alla valorizzazione del patrimonio archeologico di Roma e al Colosseo, che di questo patrimonio è icona mondiale – si legge in una nota a firma della stessa sovrintendente -. Rassicura che si sta lavorando agli approfondimenti per un possibile progetto di ricostruzione dell’arena, inclusa l’individuazione delle migliori soluzioni tecniche rispetto all’ampliamento del settore già ricostruito anni fa». L’Anfiteatro Flavio, dunque, potrebbe davvero tornare ad ospitare spettacoli ed eventi culturali – come auspicato dallo stesso ministro – per rilanciare ancora di più nel mondo uno dei monumenti più importanti non solo d’Italia ma del mondo. «Il favore che questa proposta ha ricevuto, da parte di autorevoli colleghi e da parte del presidente del Consiglio Superiore – conclude la Barbera -, ci conforta nel lavoro quotidiano che la soprintendenza svolge per migliorare le condizioni di visita dei monumenti antichi, convinti come siamo che la diffusione della conoscenza e del valore del patrimonio rappresentino la miglior garanzia di tutela esistente».

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