Cucchi, Grasso: "Chi sa parli, no a violenza impunita". La Procura dopo la sentenza "valuta il ricorso" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Cucchi, Grasso: “Chi sa parli, no a violenza impunita”. La Procura dopo la sentenza “valuta il ricorso”

Il segretario del Sappe, però, non abbassa il tono delle polemiche e attacca: "Non facciamolo diventare Santo". La sorella: "Fallimento giustizia"

«Lo Stato è chiaramente responsabile perchè quel ragazzo è morto quando era nelle mani dello Stato. Ma sono il capo del potere esecutivo e non commento le sentenze. La partita non è chiusa, i giudici valuteranno». «Così il presidente del consiglio Matteo Renzi commenta in un’intervista a Ballarò su Raitre la sentenza d’appello per la morte di Stefano Cucchi, morto a Roma il 22 ottobre 2009 dopo sei giorni di detenzione, sentenza che ha assolto tutti gli imputati di questa drammatica vicenda »Trovo alcune frasi di alcuni sindacati di polizia assolutamente inaccettabili – ha proseguito il premier- come le ho trovate inaccettabili contro la madre di Federico Aldrovandi o dette durante un congresso«. Oggi anche la seconda carica dello Stato,il presidente del Senato, Piero Grasso, ha fatto un appello sul caso Cucchi per chiedere »a chi sa di parlare«. Un invito quello di Grasso, che domani mattina riceverà a Palazzo Madama i familiari di Stefano Cucchi, che arriva anche dopo la disponibilità della Procura di Roma anche ad un’inchiesta bis. Per non lasciarle nulla di intentato nella ricerca della verità. Grasso interviene affermando che in questa storia »ci sono dei rappresentanti delle Istituzioni che sono certamente coinvolti«. E chi è coinvolto, dice Grasso, deve avere »il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, perchè lo Stato non può sopportare una violenza impunita di questo tipo«, una violenza »che non può far parte della dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da rappresentanti delle istituzioni«. Le parole di Grasso arrivano a 24 ore dall’incontro tra i familiari del geometra, morto il 22 ottobre 2009 dopo sei giorni di detenzione, e il procuratore Capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Il capo dei pm romani ha garantito la massima attenzione nella rilettura di tutti gli atti del processo e si è detto pronto, nel caso di novità, ad avviare una nuova inchiesta. »Pignatone? Non mi fido più di nessuno« ha detto Ilaria Cucchi. »Io e miei genitori siamo presi in giro da 5 anni – ha aggiunto – Il processo e l’assoluzione ha dimostrato che avevamo ragione noi, di giustizia si può morire«. E oggi il procuratore generale capitolino, Luigi Ciampoli, ha precisato che un eventuale ricorso per cassazione arriverà solo dopo la lettura della sentenza che a assolto tutti i 12 imputati per insufficienza di prove. »Valuteremo la sussistenza di motivi di ricorso in Cassazione dove – ha spiegato Ciampoli – già pende altro ricorso, sempre presentato dalla Procura Generale di Roma, contro un’altra sentenza relativa alla presunta responsabilità del personale medico del carcere di Regina Coeli che diede assistenza a Cucchi prima del trasferimento all’ospedale Pertini«. E oggi in una lettera aperta sull’edizione on line dell’Espresso un poliziotto della Questura di Bologna scrive alla famiglia Cucchi chiedendo »scusa per questo oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia«. Francesco Nicito, 26 anni in polizia, invece rompe »quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente perchè le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all’esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch’esse al fenomeno di cui sopra«. E alle parole del Sap su Stefano, »se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze«, si aggiungono ancora oggi quelle del Sappe per il quale Cucchi »fu abbandonato dalla famiglia e se fosse stato seguito si sarebbe potuto salvare«. »Esistono poliziotti, e sono la maggioranza, che non si rispecchiano nel Sap e nel Sappe«, commenta Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. Che alla giustizia crede ancora.

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