Giallo tangenti per Di Stefano: nella vicenda anche un amico scomparso. Il deputato ex Pd: "Chiarirò" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Giallo tangenti per Di Stefano: nella vicenda anche un amico scomparso. Il deputato ex Pd: “Chiarirò”

Una mega tangente, un parlamentare indagato, un suo amico sparito da 5 anni: ci sono tutti gli elementi di un giallo nella vicenda della presunta mazzetta pagata dagli imprenditori romani Pulcini al deputato Pd e allora assessore regionale Marco Di Stefano. Quest’ultimo è stato sentito come persona informata sui fatti dai pm di Roma a proposito della sparizione di Alfredo Guagnelli, imprenditore e per i magistrati suo braccio destro. «Solo un caro amico» dice invece Di Stefano. Una scomparsa che il fratello di Guagnelli, Bruno, ha tinto di nero in un’intervista dal Brasile affermando che Alfredo sarebbe stato ucciso e il suo corpo fatto sparire. Dipingendo un quadro di pessime compagnie, di ambienti pericolosi, dai quali lui stesso sarebbe fuggito in Sudamerica. Di Stefano, autosospesosi da deputato, è accusato di corruzione per una presunta tangente da 1,8 milioni che avrebbe preso dai costruttori Antonio e Daniele Pulcini per affittare due loro immobili a Lazio Service, società della Regione. Per i pm Guagnelli sarebbe stato il mediatore e avrebbe avuto 300 mila euro. Di Stefano nega tutto e si dice pronto a chiarire. Guagnelli non può, perchè dall’8 ottobre 2009 è sparito. Una vicenda intricata, con i Pulcini ai domiciliari da qualche settimana per un’altra inchiesta su Agenzia del Demanio Lazio. Alfredo Guagnelli «non è mai stato un mio assistente o collaboratore – ha detto Di Stefano -, ma un semplice amico con cui condividevo esclusivamente momenti di vita privata e mai la mia attività politica. Non sono mai stato a conoscenza delle sue attività e dei suoi rapporti imprenditoriali – ha aggiunto – e posso escludere categoricamente che sia stato mai coinvolto in vicende che potessero interessare la Regione Lazio». Il fratello di Guagnelli, sentito nei mesi scorsi dalla squadra mobile di Roma, dice che Alfredo avrebbe ricevuto i 300 mila euro. Di Stefano, «in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e nella qualità di assessore al Demanio e rappresentante dell’azionista unico Lazio Service – si legge negli atti dell’inchiesta -, società partecipata al 100% dalla Regione Lazio, per compiere un atto contrario ai propri doveri» promosse e autorizzò «al solo fine di soddisfare gli interessi economici dell’imprenditore Antonio Pulcini la ricerca di una nuova sede» per Lazio Service. Affittare i due palazzi di via del Serafico all’Eur alla società con 1400 dipendenti avrebbe fatto lievitare i prezzi degli immobili, poco dopo venduti a peso d’oro all’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici (Enpam). I magistrati che indagano sul patrimonio Enpam vorrebbero chiudere la tranche sulla presunta maxi tangente a novembre. È possibile che arrivi una richiesta di rinvio a giudizio. Il suo legale ha detto che Di Stefano vuol essere sentito, proprio sulla questione della presunta tangente, dai pm a cui ha già depositato una memoria. Il Consiglio del Lazio si occuperà del caso mercoledì su richiesta del leader della Destra Francesco Storace.

CHI E’ – Ex poliziotto, pallanuotista nelle Fiamme Oro, deputato Pd dopo un passato da dirigente centrista e fino a pochi giorni fa frequentatore della ‘Leopoldà di Matteo Renzi, Marco Di Stefano, oggi coinvolto in una inchiesta per presunta corruzione, non ha mai avuto difficoltà ad aggregare consensi attorno a sè. Nè a farli pesare, se necessario, anche in pubblico e senza peli sulla lingua. Romano, classe ’64, a Roma compie tutto il suo cursus politico: nel 1993 è nel Consiglio della XVIII Circoscrizione e nel 1997 approda in Campidoglio con circa 3000 voti sotto i colori del Ccd; viene rieletto nel 2001 con 5000 voti. Nel marzo 2003 è segretario dell’Udc Roma. Nel 2005 entra in Consiglio regionale nella Civica di Piero Marrazzo con oltre 14 mila voti e diventa assessore al Demanio e al Personale: è su quello scranno che siede all’epoca delle accuse contestate oggi. Ed è il suo pesante pacchetto di preferenze che rivendica quando, nell’inverno del 2009 (ormai con la tessera Pd in tasca dopo una breve parentesi da vicesegretario nazionale Udeur) Marrazzo lo estromette dalla giunta per fare posto a Francesco Scalia. Nel corso di una animata conferenza stampa (il 17 febbraio, il giorno delle dimissioni di Veltroni dalla guida del Pd) Di Stefano si definisce «un capobastone» dichiarandosi pronto a prendere il posto dell’allora segretario veltroniano Roberto Morassut, «uno stalinista» che tiene «sotto schiaffo» il governatore Marrazzo, a suo dire «il prossimo obiettivo dopo di me». Inoltre, l’ex assessore al Personale rivela di aver ricevuto «pizzini» con raccomandazioni da parte degli altri assessori e fa anche allusioni pesanti: «Mi toglierò lo sfizio – disse – di leggere tutte le delibere sulla sanità che ho votato sempre in bianco sulla fiducia del presidente, perchè portate puntualmente in giunta fuori sacco». Nei giorni e nei mesi successivi, Di Stefano conferma però la sua fiducia al governatore, ma a giugno chiede che venga «ripagata la componente Letta del Pd, che rappresento». Un mese dopo, il 17 settembre 2009, torna in giunta, all’assessorato alla Scuola. Nel 2010 è rieletto alla Pisana, con oltre 16 mila voti. Nel 2012 partecipa alle Primarie Pd per la Camera, e arriva 16mo a Roma (forse le consultazioni per cui, intercettato, parla di «imbrogli»). Sta di fatto che alle urne del 24-25 febbraio 2013 è primo dei non eletti nella circoscrizione Lazio 1. Ma a Montecitorio entrerà lo stesso qualche mese dopo, ad agosto, quando l’ultima delle elette Marta Leonori si dimetterà dalla Camera per entrare nella giunta capitolina di Ignazio Marino. Una scelta sulla quale, sussurrano i corridoi del Pd, non sarebbe stata estranea la pressione sul partito dell’ex poliziotto. La cui carriera è in ascesa: dopo essere stato coordinatore della segreteria regionale del Pd Lazio, lo scorso 24 ottobre è alla Leopolda con Renzi, coordina il tavolo di lavoro ‘L’evoluzione nei sistemi di pagamento nel terzo millenniò. Ieri, l’autosospensione da deputato.

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