Tor Sapienza, è guerra agli immigrati: via i minori dal centro, caccia ai romeni nelle case occupate | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Tor Sapienza, è guerra agli immigrati: via i minori dal centro, caccia ai romeni nelle case occupate

«Vinciamo quando li cacciamo tutti, questa è una vittoria a metà», grida rabbioso un anziano. «Fuori dal raccordo perché la città è degli italiani», gli fa eco una donna

– Vanno via i rifugiati del centro immigrati di Tor Sapienza dopo l’ennesimo tentativo di assalto. Almeno i minori vanno via, trasferiti nel pomeriggio, scortati, in altri centri. «Per motivi di sicurezza», precisa il Campidoglio che ha accelerato lo spostamento. Una precisazione per spazzare via il dubbio che il trasferimento possa essere una resa alla protesta più violenta dilagata anche stamani nonostante i tre giorni di alta tensione. E in serata il ministro Alfano ha convocato il prefetto Pecoraro e il Questore D’Angelo, tutori dell’ordine pubblico in città. Alla fine dell’ incontro è stato puntualizzato che la decisione di trasferire i minori (e solo i minori) dal centro immigrati «è stata del Comune, in condivisione con il prefetto. Questo perchè i minori si trovavano a pianoterra del centro, la parte più inagibile. L’area permane vigilata». Anche la Chiesa scende in campo con il presidente della Cei Angelo Bagnasco che lancia un appello: «Bisogna cercare di superare la paura dell’altro e del diverso cercare di fare posto a chi approda nella nostra vita per motivi di sofferenza». Ma il quartiere alla periferia est di Roma è ormai una polveriera di razzismo e rabbia. «Qui non entrate, non è per voi»: queste le parole rivolte stamani in un bar a due immigrati che hanno innescato l’ennesimo incendio. E dalle parole si è presto passati ai fatti: «bastardi, scendete» e poi lanci di bottiglie contro il centro di immigrati e lanci di oggetti dalle finestre, in risposta, con la polizia che ha fermato più di un abitante che tentava di entrare nel centro di via Morandi. Fatti che hanno accelerato il trasferimento cominciato nel primo pomeriggio e che ha riguardato 45 minorenni non accompagnati fatti salire a bordo di quattro automezzi scortati da due volanti della polizia e portati in altri centri della Capitale e in provincia. «Vinciamo solo quando li cacciamo tutti, questa è una vittoria a metà», grida rabbioso un anziano. «Devono mandarli fuori dal raccordo perchè la città è degli italiani»; gli fa eco una donna. Ma il Comitato di quartiere, l’anima pacifica di Tor Sapienza, reagisce all’ondata razzista degli ultimi giorni: «Il trasferimento dei ragazzi del centro di accoglienza è una sconfitta dei cittadini e per questo ringraziamo la politica. In tutto ciò chi paga è il più debole, il cittadino perchè paga gli scotti di tutti. In questo caso i cittadini come esseri umani ci stanno rimettendo la loro dignità, e non faccio distinzione, sono sia gli immigrati sia gli italiani a pagare». Ma in strada a Tor Sapienza vince la rabbia. Contro tutti. Istituzioni comprese. «Proteggete loro e non noi – gridano donne e uomini a polizia e carabinieri schierati davanti al centro – ma lo stipendio ve lo paghiamo noi». Per non parlare dei politici, compresi quelli che hanno annunciato la loro presenza. Il leader leghista Borghezio domani andrà a Tor Sapienza. «Vuole venire Borghezio? Vuole venire Salvini? Vengano pure, cacceremo via anche loro. Noi non facciamo la guerra agli immigrati, facciamo la guerra alle istituzioni che non ci proteggono da chicchessia, stranieri o no. I politici vengono e fanno vetrina», dicono i cittadini di Tor Sapienza. Che non risparmiano un primo cittadino che è anche il loro sindaco, oggi a Londra. «Qui non si è ancora visto, è una vergogna», urlano. Quello che resta oggi sono le lacrime di dolore e gli abbracci degli operatori del centro di via Morandi ad accompagnare i ragazzi minorenni lontano dalla paura e dalla violenza. Dopo che erano fuggiti dalla paura e dalla violenza della guerra.- «Dopo il centro degli immigrati passiamo qui». Non si fermano gli abitanti di Tor Sapienza. Ora, dopo i rifugiati, il loro obiettivo è «sgomberare gli appartamenti occupati dai romeni, dagli slavi», che poi sono locali chiusi, forse negozi, dove vivono famiglie. La rabbia nella periferia romana non si placa. Non va via, resta come le luci dei lampeggianti di polizia e carabinieri che presidiano viale Giorgio Morandi. Oggi è stata un’altra giornata di protesta e violenza che ha scaldato gli animi tra cittadini ed immigrati, separati da una lingua d’asfalto e dall’esasperazione di chi il quartiere lo vive ogni giorno, tra degrado e senso di abbandono riassunto nei cartelli sollevati in cielo dai manifestanti: «Non siamo razzisti, ma questi devono andare tutti via». Slogan di una rabbiosa contraddizione. E qui domani mattina arriverà dell’europarlamentare Mario Borghezio. «Cacceremo anche lui, i politici vengono solo a fare vetrina», la risposta del quartiere. Gente distante dalla politica, distantissima che chiama la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni «A Cocomero». «Me so sbagliato, pensavo se chiamasse così», si scusa un anziano. Neanche il parziale trasferimento dei minori dal centro placa gli animi. «Da qui se ne devono andare tutti, siamo stufi – urla una signora in strada -, ogni giorno c’è un’aggressione, non ci sentiamo nè sicuri nè tantomeno tutelati». «Il comune ha tanti posti – continua – li mandassero nei container fuori dal raccordo, la città è degli italiani». «E poi dicono che non sono razzisti», dice ai giornalisti la responsabile del centro Gabriella Errico che da giorni vive blindata, «in gabbia come le scimmie». Cerca di trovare una giustificazione Marco Ridolfo, parroco della zona. «Questo quartiere soffre il degrado e l’assenza di sicurezza e non riguarda la comunità di immigrati -dice- Ora si parlerà solo di razzismo e basta ma questo è la punta dell’iceberg i problemi sono anche di degrado e scarsa sicurezza: sono legati alla prostituzione, allo spaccio frequente che avviene nella zona, alla scarsa illuminazione». Qualcuno dice che andrà alla Marca per le periferie di sabato. Ma la maggior parte non ci sarà. «Ma che ci importa dei cortei? qui bisogna fare non andare a protestare», dicono delle donne. «Ma Marino dov’è?», chiedono i residenti, mentre si diffonde la notizia dell’ennesima aggressione da parte di un immigrato ai danni di un anziano. Perchè qui le «aggressioni da parte degli immigrati» sono anche leggenda metropolitana. Per questo ora l’obiettivo «è sgomberare i numerosi locali tra i palazzi occupati dagli slavi e dai romeni». – Hanno avuto paura nei giorni scorsi, e ne hanno ancora gli immigrati che vivono nel centro di viale Morandi, Tor Sapienza, periferia est di Roma. «Ora c’è la polizia qui fuori, ma quando se ne andrà cosa ci succederà?» si chiede un ragazzo nel centro, uno di quelli rimasti. Ha paura anche chi va via. Ragazzini di massimo 17 anni. Sono amareggiati, delusi, disorientati. Vengono da paesi poveri, i più sfortunati sfuggono dalla guerra. Eritrea, Siria, Libia, Tunisia erano la loro vecchia casa. Nello sguardo hanno la disperazione di chi era fuggito da violenza e guerra e si ritrova ancora davanti alla violenza. E mentre si preparano a lasciare il centro, ci sono abbracci e lacrime con gli operatori. C’è un triste viavai all’interno del palazzo che ospita il centro gestito dalla Onlus «Un sorriso», un nome che sembra una feroce ironia. Fuori dalle porte degli appartamenti e per le scale ci sono valige che contengono le poche cose che hanno, uno stereo impacchettato, qualche scatolone, e tanti ricordi. Gli ultimi neanche belli. «Non è vero nulla quello che dicono, noi non abbiamo attaccato nessuno, non andiamo in giro nudi, non spacciamo. La mattina usciamo per andare a scuola con l’autobus e poi torniamo. Se potessi dire qualcosa agli abitanti di questo quartiere, gli direi semplicemente che mi hanno rovinato la vita ancora una volta», racconta un ragazzo tunisino. «Cosa ho da imparare io da uno che passa la sua giornata al bar?» evidenzia un altro riferendosi agli abitanti che hanno eletto a loro punto di ritrovo un bar di fronte al centro. «Continuano a dire che lo stato ci fornisce 80euro al giorno, ma non è così, sono 80euro al mese, dei quali la metà va via per gli abbonamenti dell’autobus», dice un altro. «Certo, ho paura. Ma non voglio essere un problema per gli italiani, sono pronto ad andar via. Ai residenti voglio dire che tutto quello che voglio è la pace», dice Tesfai arrivato in Italia da oltre un anno, è partito dalla sua Eritrea approdando prima a Pozzallo e poi a Roma. «Sto molto bene qui in Italia, lo sento il mio paese. Mi piacerebbe sposarmi, avere una famiglia ed un lavoro con una casa vera – dice trattenendo a stento le lacrime dall’emozione – Ho lasciato a casa la mia famiglia, mia madre. Non voglio rubare niente a nessuno. Se loro pensano che questo centro deve chiudere non ho problemi ad andar via. Voglio solo la pace». Una parola che in viale Morandi, nel quartiere romano di Tor Sapienza, nessuno sembra tenere a mente. 

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