Teatro Opera, arriva l'accordo: risparmi per 3 milioni. I sindacati: "Tagli sulle spalle dei lavoratori" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Teatro Opera, arriva l’accordo: risparmi per 3 milioni. I sindacati: “Tagli sulle spalle dei lavoratori”

– I 180 posti di lavoro sono salvi, ma il conto è salato per orchestrali e maestri del coro dell’Opera di Roma (e per tecnici e amministrativi). I sette sindacati firmano dopo una trattativa notturna un accordo con il Teatro che porterà a ritirare i licenziamenti, ma costringe i lavoratori a sacrifici economici. Tra il 5 e il 10 per cento in meno dello stipendio, calcolano a caldo. Il sovrintendente Carlo Fuortes incassa un risparmio di 3 milioni di euro per il deficit dell’Opera – che pure chiuderà in pareggio il 2014 – e l’impegno a produrre di più. Almeno 138 spettacoli nella stagione che inizia il 27 novembre con ‘Rusalkà – un aumento del 29% – e oltre il 40% nella prossima. Con il salario accessorio congelato per due anni e garanzie sugli scioperi. Fuortes e il sindaco di Roma Ignazio Marino – presidente del Cda dell’Opera – sognano il ritorno di Riccardo Muti, che a settembre rinunciò a dirigere ‘Aidà e ‘Nozze di Figarò, aprendo la crisi del Costanzi. Dopo gli scioperi estivi a Caracalla per la ‘Bohemè. Si chiude così un mese e mezzo di confronto al tavolo e sui media, da quando il 2 ottobre il Cda decise il clamoroso licenziamento in blocco di orchestra e coro. Appoggiato dal ministro della Cultura Dario Franceschini. Una notizia rimbalzata in tutto il mondo. Dopo appelli di artisti, proteste e manifestazioni, Fuortes proporrà lunedì ai consiglieri di ripensarci. E l’accordo sarà sottoposto ai lavoratori. L’intesa prevede il congelamento di una parte dello stipendio accessorio, recuperato tra due anni in caso di pareggio di bilancio. E dal 2016 un premio produzione legato all’equilibrio dei conti. L«indennità Caracallà per gli spettacoli estivi – simbolo dei presunti privilegi – è ridotta del 25%. Cancellata quella sinfonica, per i concerti senza messa in scena. L’aumento di produttività si ottiene riducendo i giorni di prove. I sindacati si impegnano a non scioperare sui temi dell’accordo. »Con le Rappresentanze unitarie (Rsu) dal 2015 non avremo più tavoli da 40 persone«, dice un manager presente ai colloqui. »Una conquista di tutto il Teatro«, secondo Fuortes, assente all’atto finale, che elogia il senso di responsabilità dei lavoratori. »Torna la normalità – aggiunge -, non escludo che Muti ritorni«. Il sindaco Marino dice che »la fermezza« nel prospettare i licenziamenti ha pagato e spera che »questo possa convincere anche il Maestro Muti, col tempo, a rivedere le sue decisioni«. Soddisfatte anche le forze politiche, Sel in testa, il partito che si è più impegnato per evitare i licenziamenti. »Una vittoria dei lavoratori e nostra«, dicono parlamentari e consiglieri comunali. Diversi i commenti dei sindacati. »Un accordo che ricade quasi tutto sulle spalle dei lavoratori – dice Alberto Manzini di Slc Cgil -: perderanno dai 120 ai 200 euro al mese, fino al 10%. Abbiamo firmato perchè c’erano i licenziamenti e molti hanno deciso di deporre le armi. Ma vigileremo«. Giovanni Terrinoni della Fistel-Cisl saluta i 180 posti di lavoro salvi, »ma c’è il rammarico che a luglio era stato firmato un piano di risanamento che avrebbe consentito di non togliere nemmeno un euro ai lavoratori«. Orchestra e coro accolgono lo scampato pericolo, »meglio feriti che morti – dice un cantante – ma il prezzo è alto«. E non tutti rivogliono Muti. I sindacati vedono l’ispiratore del nuovo corso degli Enti lirici nel direttore generale del ministero della Cultura Salvo Nastasi. »Un buon accordo, positivo per il Teatro«, fa sapere tramite il suo entourage. E il sipario si chiude. Per ora.

Tre milioni di euro di risparmi per le casse esangui del Teatro dell’Opera di Roma: è il risultato principale dell’accordo con i sindacati firmato la notte scorsa dopo una trattativa non stop che permetterà di evitare il licenziamento dei 180 membri di orchestra e coro. Secondo l’azienda che ha diffuso i termini dell’intesa, nell’accordo economico si prevede tra l’altro che «il premio di produzione, del valore di un milione e 300 mila euro, sia legato al raggiungimento dell’equilibrio di bilancio per gli anni a partire del 2016. Infatti, il premio non è inserito nel budget del 2015». I sindacati stimano tra il 5 e il 10% il taglio dello stipendio annuale dei dipendenti. Ecco gli altri punti: ACCORDO ECONOMICO – Gli straordinari verranno regolati in base a un monte ore (di compensazione oraria). Tale organizzazione porterà a un risparmio di 450 mila euro. L’indennità spettacoli all’aperto (‘indennità Caracallà, ndr) sarà ridotta del 25 per cento; l’indennità sinfonica per Orchestra e Coro verrà cancellata con un risparmio di circa 250 mila euro. ACCORDO SULLA PRODUTTIVITÀ – Grazie a un aumento della produttività di tutto il personale, tecnico e artistico, sarà possibile un risparmio di 800 mila euro (cioè sull’utilizzo del personale a tempo determinato), secondo il Teatro dell’Opera. I professori d’orchestra potranno essere convocati in base alle esigenze della Fondazione, cioè in base alla crescita della produttività. L’orchestra potrà essere convocata per prove o spettacoli il martedì mattino (+rpt mattino) sino ad oggi impossibile. E ancora gli orchestrali in base alle esigenze della produzione potranno, come da contratto, essere chiamati a ricoprire temporaneamente ruoli diversi dal proprio (cioè sostituzioni tra primi e secondi strumenti). È ridotta al 20 per cento alla ‘primà e quindi al 50 per cento la retribuzione aggiuntiva per attività concertistica e da camera per complessi numericamente ridotti. È ammessa la possibilità che il Corpo di Ballo si esibisca sulla base musicale di un nastro registrato nel caso in cui l’orchestra sia impegnata in altra produzione o indisponibile. Il Coro aumenterà la produttività attraverso una maggiore flessibilità delle regole esistenti. REGOLAMENTAZIONE SINDACALE – Le Organizzazioni sindacali s’impegnano a non ricorrere ad alcuna azione di conflittualità sui punti stabiliti dall’accordo – secondo l’azienda – e ancora le parti si impegnano a scrivere un nuovo protocollo di relazioni industriali che in particolare punterà sulle modalità di raffreddamento dei conflitti. Le organizzazioni sindacali si impegnano a costituire entro febbraio 2015 le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) attraverso elezione diretta dei rappresentanti da parte dei lavoratori della Fondazione.  «Un accordo che ricade quasi tutto sulle spalle dei lavoratori, che perderanno dai 120 ai 200 euro al mese di stipendio, fino al 10%. Abbiamo firmato perchè c’erano in ballo i licenziamenti e molti sono stati indotti a deporre le armi». È il giudizio di Alberto Manzini, segretario Slc Cgil Roma e Lazio sull’intesa per il Teatro dell’Opera. «Abbiamo portato a casa il ritiro dei licenziamenti dei 180 membri di orchestra e coro, che erano illegittimi – dice Manzini – e rintuzzato l’idea dell’azienda di una moratoria sugli scioperi. C’è l’impegno per un protocollo che ci impegna a non scioperare per due anni sui contenuti dell’accordo, ma è scontato che sia così se entrambe le parti lo rispettano». «Nell’accordo si parla di commissioni che vigileranno per arrivare alla restituzione di quanto viene tolto ora – continua Manzini -, ma non si è mai visto che torni indietro quanto concesso. Comunque ci impegneremo per farle vivere, è prevista una verifica ogni tre mesi. Resta il punto interrogativo sull’eccellenza del Teatro: se l’organico non verrà integrato si prospetta ancora un futuro sotto osservazione». «L’azienda ha respinto le nostre proposte sul blocco dell’assunzione dei 18 vincitori di concorso – dice Manzini -, che avrebbe fatto risparmiare un milione di euro. E quella per stimare il ricavo derivante dall’aumento delle produzioni e diminuire il prelievo in busta paga. Peccato abbiano detto no». «L’azienda è scesa da 3,4 milioni di risparmi richiesti a 3 milioni – conclude -, ma non abbiamo apprezzato che il sovrintendente Fuortes non sia venuto a firmare di persona. Era doveroso. Non pretendevamo che venisse il presidente del Cda, (Ignazio Marino, ndr), che è in confusione totale…»

«Meglio feriti che morti», sintetizza un maestro del coro dell’Opera di Roma con 20 anni di esperienza al ‘Costanzì. L’accordo firmato nella notte dai sindacati salva i 180 posti di lavoro – tra cui il suo -, ma non piace agli artisti impegnati oggi pomeriggio nelle prove al Teatro. «Paghiamo un prezzo alto, perderò circa 2500 euro l’anno», dice un orchestrale, anch’egli chiedendo l’anonimato perchè il timore di ‘provvedimenti disciplinari è ancora fortè. «Ci siamo presi il carico sulle spalle di essere più responsabili dell’azienda – osserva un altro musicista all’esterno del Teatro -. Ma è indubbio che Fuortes ha ottenuto quello che voleva agitando l’arma dei licenziamenti». Il sovrintendente del Teatro Carlo Fuortes appare alle ‘masse artistichè, come si definiscono, il vincitore di questa trattativa. E resta il risentimento per essere stati presentati come privilegiati da gran parte della stampa. L’intesa approvata dovrà passare l’esame delle assemblee dei lavoratori, non solo artisti, ma anche tecnici e amministrativi. E qualcuno non esclude sorprese, visto che specie Cgil e Fials hanno firmato con molti dubbi. «Bisognerà vedere, secondo me passa con un margine stretto – dice un maestro del coro, aderente alla Fials -. Comunque l’azienda umilia la cultura». Altri fanno notare che saranno toccati anche gli stipendi di tecnici e amministrativi, «ma i dirigenti chi li controlla?». E sul possibile ritorno di Riccardo Muti non c’è entusiasmo. «Ormai il feeling si è rotto – commenta un musicista -, lui è stato strumento del disegno dell’azienda. Se torna lo seguiremo perchè è il direttore, il maestro, ma non più come prima. Dovreste vedere nelle prove come si è perso il ‘calorè di coro e orchestra da quando è iniziata questa storia…Sarà difficile recuperarlo a queste condizioni».

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