'Ndrangheta, confiscati beni alla cosca dei Gallico: sigilli al bar Antiche mura | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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‘Ndrangheta, confiscati beni alla cosca dei Gallico: sigilli al bar Antiche mura

– La Guardia di finanza ha confiscato a Roma beni per un valore di tre milioni e mezzo di euro riconducibili ad esponenti di spicco della cosca di ‘ndrangheta dei Gallico di Palmi, egemone nella Piana di Gioia Tauro. L’operazione che ha condotto alla confisca, denominata «Caput mundi», è stata condotta dal Comando provinciale di Reggio Calabria delle fiamme gialle insieme allo Scico di Roma, con il coordinamento della Dda reggina. La confisca è stata fatta in esecuzione di provvedimenti emessi dalla sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio. I beni confiscati, riferisce la Guardia di finanza, costituivano un ingente patrimonio, immobiliare e societario accumulato dagli esponenti della cosca a fronte di un’esigua capacità reddituale. Secondo quanto è emerso dalle indagini, i Gallico avevano posto in essere a Roma cospicui investimenti che avevano permesso loro di creare un rilevante patrimonio, confermando, in tal modo, l’esistenza di plurimi interessi economici della cosca nella capitale. I beni confiscati consistono in unità immobiliari, quote societarie, terreni e rapporti finanziari bancari, postali ed assicurativi. – Le quote sociali e l’intero patrimonio aziendale della Macc 4 Srl, con sede a Roma che si occupa di acquisto, vendita e gestione di bar, ristoranti, pizzerie, rosticcerie, proprietaria del bar Antiche mura; il 30% delle quote del capitale sociale e del patrimonio aziendale, comprensivo dei conti correnti, della Colonna Antonina 2004 Srl titolare, sino al novembre 2009, del noto Bar Chigi; due immobili, tra cui un villino di pregio, a Roma; appezzamenti di terreno agricolo per oltre 12 mila metri quadri; vari rapporti finanziari bancari, postali ed assicurativi: sono i beni confiscati a Roma dalla Guardia di finanza di Reggio Calabria. I beni, secondo le indagini del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, sono riconducibili, direttamente o indirettamente, a due affiliati di rilievo, Francesco Frisina, di 58 anni, ed il nipote Alessandro Mazzullo (31). Frisina è figlio di Domenico, già affiliato alla cosca ucciso il 4 luglio 1979, nell’ambito della guerra di ‘ndrangheta che sino al 1990, aveva visto coinvolte le cosche Condello e e Gallico che ha mietuto più di 50 vittime. Mazzullo è figlio di Giuseppe , ritenuto uno dei »rampolli« emergenti della Cosca Gallico, al quale è stato attribuito il ruolo di intestatario fittizio dell’associazione criminale a Roma. Dalle indagini è emerso come la cosca, proprio grazie a Frisina e Mazzullo ed ai legami da quest’ultimi, instaurati con altri soggetti di elevata caratura criminale a vario titolo collegati alla storica cosca degli Alvaro nelle ramificazioni di Sinopoli e Cosoleto rispettivamente denominate »Carni i cani« e »Testazza o Cudalonga«, già da tempo impiantate nel comprensorio romano, avesse delocalizzato il proprio centro di interessi dalla Calabria alla Capitale. I due, dopo il trasferimento a Roma, in breve tempo, erano riusciti a condurre una serie di operazioni finanziarie finalizzate all’acquisizione, diretta o indiretta, di diversi immobili, nonchè alla gestione di varie attività commerciali – in primis nel settore della ristorazione – manipolando le regole di libero mercato con l’alterazione dei dettami commerciali e finanziari del contesto socio-economico romano. Inoltre è emerso che, a fronte dell’esigua capacità di reddito, i due hanno investito ingenti capitali. Frisina e Mazzullo sono stati anche sottoposti alla sorveglianza speciale di ps per 3 anni e 6 mesi con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza o di dimora.

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