Spike Lee in Italia: "Tifo per Obama e per Roma" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Spike Lee in Italia: “Tifo per Obama e per Roma”

– «La Roma. In genere tifo Arsenal, ma questa sera in Champions League tifo la Roma». È un mix di arte, cinema e tanto sport, il viaggio di Spike Lee in Italia. Arrivato questa mattina dagli Stati Uniti, tra oggi e domani è il protagonista di due incontri: oggi a Palazzo Barberini a Roma ospite di Massimiliano Finazzer Flory nel primo incontro della IX edizione de «Il gioco serio dell’arte», organizzata da Il gioco del Lotto, e domani con gli studenti della Bocconi di Milano. Ma questa sera sarà anche all’Olimpico a tifare la Roma contro il Manchester e domani all’Eurolega per Ea7-Panathinaikos. «Il file rouge, tra cinema arte e sport? Sono un grande appassionato di sport – dice il regista a Palazzo Barberini sfoggiando il cappellino rosso della sua casa di produzione – e l’arte per me è come il sole o l’aria. Quando riesco a metterle insieme sono felice». Questa edizione de Il gioco serio dell’arte è dedicata alle biografie. «Io ne ho fatta una sola – risponde – Malcom X, con un’interpretazione strepitosa di Denzel Washington che non ha vinto l’Oscar». Poi ripercorre la sua vita: dal primo film visto con la mamma, An hard day’s night dei Beatles, all’appoggio di sua nonna, maestra di storia dell’arte «che metteva da parte la pensione per far studiare noi nipoti anche quando le dissi che volevo fare cinema e in America c’era un solo film maker nero. Fino all’ultimo suo film, atteso per inizio 2015, Il sangue dolce di Jesus, »pellicola – racconta – completamente indipendente, realizzata con il Crowfunding. È un remake di un film del ’77 e parla delle persone che sono sangue dipendenti, pur non essendo vampiri. Il sangue è un’allegoria. Ci sono molte dipendenze, dal sesso, alcol, droga, potere, Armani. Abbiamo girato in diciotto giorni a New York e molti dei miei studenti della NY University hanno lavorato al film«. Ma soprattutto Spike Lee porta al pubblico di Palazzo Barberini le immagini prese da internet delle aggressioni della polizia americana che hanno fatto il giro del mondo, facendo scendere in strada migliaia di persone in segno di protesta. »Ogni volta che sono fuori dagli Stati Uniti – commenta il regista – e accade qualcosa mi chiedono un parere. Io non sono il portavoce di 45 milioni di afroamericani, parlo a titolo personale. Sono tempi pieni di tensioni, sembra che la gente sia stanca, stanca dell’atteggiamento della polizia. A protestare non sono solo i neri ma anche giovani ispanici, asiatici. Siamo portati nel mondo come faro della democrazia, ma non è così. Obama – prosegue – è un meticcio: basta una singola goccia di sangue nero e si è considerati neri. Lui è in una posizione difficile, ha cercato più volte di fare qualcosa ma è stato sempre bloccato. Io lo sostengo. Sono rimasto turbato non solo da quello che è accaduto a Staten Island ma in tutta l’America, anche a Ferguson. Non capisco come nonostante i video e l’autopsia, quegli agenti non siano stati portati in tribunale. Oggi, è importante capirlo, a protestare in America sono i giovani di ogni tipo, che non credono che i poliziotti possano farla franca uccidendo le persone«. I prossimi incontri de Il gioco serio dell’arte saranno a gennaio con Paolo Virzì e a febbraio con Philippe Daverio.

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