Il giudice Sabella entra in giunta: l'ex cacciatore di mafiosi vigilerà sulla legalità dei bandi pubblici | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Il giudice Sabella entra in giunta: l’ex cacciatore di mafiosi vigilerà sulla legalità dei bandi pubblici

– Ora a vigilare sugli appalti di Roma ci sarà un supermagistrato che fornirà la certificazione di legalità ad ogni atto della giunta Marino dopo il terremoto Mafia Capitale. Alfonso Sabella, già nel pool antimafia a Palermo di Giancarlo Caselli, avrà proprio la delega agli appalti. Una nomina fortemente voluta da Marino che oggi ha avuto anche il via libera dal Csm. E sugli appalti oggi si è concentrato anche il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che durante l’audizione alla Commissione parlamentare Antimafia ha ventilato la possibilità che si arrivi al «commissariamento degli appalti se Cantone lo riterrà».Pecoraro ha sottolineato che nell’ambito dei «Comuni i controlli non vengono fatti, nè ci sono nelle Regioni. L’unico controllo è quello della Corte dei Conti. Dobbiamo rivedere l’ordinamento dello Stato – ha proseguito il prefetto – e degli enti locali. Ora faremo i controlli che andavano fatti prima». Pecoraro parla anche del suo incontro con Buzzi («l’ho ricevuto,non sapevo chi fosse») di Odevaine («è sempre stato vicino alle istituzioni, partecipava alle riunioni del comitato per l’ordine e la sicurezza. Ancora oggi non riesco ad immaginare di Odevaine una cosa del genere»). «Nel giro di un paio di mesi avremo idea» se sarà necessario commissariare il Comune di Roma, dice Pecoraro. «La legge parla di tre mesi più tre.Se ci saranno situazioni particolari lo segnalerò subito al ministro dell’Interno ma se mi dovessi augurare lo scioglimento da cittadino direi no». La carica di assessore alla Legalità e appalti andrà dunque a Alfonso Sabella. «Sentivo la necessità di una figura di straordinaria professionalità nel settore del contrasto alla criminalità», spiega il primo cittadino dopo aver incontrato il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura per parlare dell’incarico nella nuova giunta a Sabella. Sabella, il primo e il fondamentale tassello del rimpasto, dovrebbe arrivare nella giunta Marino subito, con i necessari tempi tecnici, ovviamente. Il resto delle modifiche – si parla per lo più di un cambio di deleghe accompagnato da qualche ingresso esterno – probabilmente sarà successivo, nelle prossime settimane. Di certo il chirurgo-dem per il suo ‘trapianto di legalita« si sta muovendo con i piedi di piombo, anche perchè le indagini sul Mondo di Mezzo ancora non sono chiuse e oggi hanno segnato due nuovi arresti. E in mattinata arriva anche la rinuncia del primo cittadino alla scorta » ai politici serve solo per l’auto« dice in sostanza. All’indomani della assemblea per rilanciare il Pd di Roma dalle periferie, al fianco del neo commissario Matteo Orfini, Marino parla anche del suo rapporto precedente con l’Aula Giulio Cesare e con alcune aree del partito. »È evidente che negli ultimi mesi, per vari motivi – forse anche per una conflittualità da parte di alcuni nei miei confronti – il lavoro dell’Assemblea capitolina era stato piuttosto lento. Ora vedo lavorare la nuova presidente donna e la presidente vicario donna con l’efficienza e la praticità tipica delle donne«. E ancora: »Io non nutro risentimenti nè timori. Da quando vinsi le primarie nel 2013 e ho avuto l’onore dal Pd di correre per la carica di sindaco, per me le divisioni erano terminate, c’era una sola squadra. Per altri, lo avete letto sui giornali, c’erano tante squadre, tante correnti, tante divisioni. Alcuni dicevano ‘Marino deve obbedire al partito, a questa o a quella correntì. Ma io penso di dover obbedire alle romane e ai romani«.

– «Il cacciatore di mafiosi» con all’attivo le catture di boss del calibro di Luca Bagarella e Giovanni Brusca, ovvero la «punta di diamante» della Procura di Palermo guidata da Giancarlo Caselli. Il «cane sciolto» che ha smascherato illustri ‘colletti bianchì coinvolti in affari e appalti, denunciato la trattativa Stato-Mafia, accusato i Ros di «scarsa limpidezza» quando erano guidati dal generale Mario Mori. Alfonso Sabella salirà sul Colle Capitolino e si siederà su una poltrona scomoda, quella del neo assessorato alla Legalità e agli appalti. Ma Sabella, 52 anni, nato in provincia di Agrigento, figlio di avvocati, del resto nella sua brillante carriera non si è mai tirato indietro «nel fare pulizia», ha sempre scelto la strada più faticosa, quella di denunciare chiunque non fosse al servizio dello Stato, compresi i suoi stessi rappresentanti. Nel ’93 nemmeno 30enne da Termini Imerese chiese di essere assegnato alla Procura di Palermo: era nel pool di magistrati, guidato da Giancarlo Caselli, quelli che arrestarono Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Pietro Aglieri. E proprio Caselli parlando di lui disse ha «instancabili capacità di lavoro, ad una profonda conoscenza del fenomeno mafioso, invidiabile sintonia con le forze dell’ordine con le quali condivide sforzi e fatica, e ad una gestione intelligente dei rapporti con i pentiti, Sabella conosce la mafia militare come pochi». Nel ’99 vene distaccato al ministero di Giustizia come magistrato di collegamento con la commissione Antimafia e al tempo stesso come capo dell’ufficio dell’ispettorato del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria). Nel 2000 è proprio lui a far saltare l’idea dei mafiosi di «dissociarsi» imitando i terroristi. Ma nel 2001 al posto di Caselli il nuovo capo del Dap diventa Giovanni Tinebra e lui viene mandato via. «Io vengo mandato via dal Dap – spiegò lo stesso Sabella – all’indomani di una mia segnalazione su una trattativa in corso tra Stato e Mafia che riguardava l’estensione dei benefici previsti per la dissociazione che era stato introdotta per la lotta al terrorismo, una estensione che doveva riguardare anche i capi mafiosi. Io mi metto di traverso su questa operazione, l’indomani vengo rimosso dal mio incarico e vengo mandato via». Ma non è l’unica volta che Sabella «si mette di traverso» accusò i Ros di Mario Mori di una serie di fatti «poco chiari», primo tra tutti «l’inspiegabile mancata perquisizione del covo di Riina». È sempre Sabella il ‘grande accusatorè del prefetto Angelo Sinesio, commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria indagato dalla procura di Roma su un giro di appalti e mazzette nel business dei lavori di ristrutturazione delle carceri.(

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