Mafia capitale, il riesame conferma l'accusa: 416 bis per Carminati. Sul coinvolgimento di agenti dei Servizi riferirà l'Aisi | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, confermata l’accusa per Carminati: 416 bis. Sul coinvolgimento di agenti dei Servizi riferirà l’Aisi

Il legale del presunto capo della cupola: "Faremo ricorso". Buzzi trasferito a Nuoro, mercoledì il sindaco Marino davanti all'Antimafia

L’impianto accusatorio della Procura di Roma nell’inchiesta Mafia Capitale è solido. Ne sono convinti i giudici del tribunale del Riesame che hanno confermato il carcere per l’uomo considerato ideatore e capo dell’organizzazione, Massimo Carminati ribadendo la sussistenza dell’aggravante mafiosa. Una vittoria significativa per i pm che ieri, nel corso dell’udienza davanti al tribunale della Libertà avevano ribadito con forza che quello capeggiato dall’ex Nar è un clan con dinamiche mafiose. In carcere oltre al «Re» restano anche Riccardo Brugia, braccio destro del ‘capò, Roberto Lacopo e Fabrizio Franco Testa. Confermato il carcere anche per Emilio Gammuto a cui la Procura contesta il reato di corruzione aggravata. I difensori di Carminati hanno annunciato il ricorso in Cassazione in quella che si annuncia come una vera e propria battaglia legale. L’indagine, quindi, si rafforza e dalle carte depositate viene ribadito che non c’era nessun settore del tessuto produttivo di Roma che non interessasse al clan. Ed è per questo che il sindaco Ignazio Marino ha firmato l’atto con cui formalizza alla procura la costituzione dell’amministrazione come parte offesa. Tra i vari business del clan quello più remunerativo era legato senz’altro alla gestione del verde pubblico e dell’emergenza immigrazione al punto che in un sms, Salvatore Buzzi, dominus delle cooperative, augurava «un 2013 pieno di monnezza, profughi, sfollati e bufere». E gli uomini del clan potevano contare su funzionari corrotti al punto da diventare «clienti» preferenziali nell’affidamento di appalti. Un caso, descritto in una informativa del Ros, è quello dell’appalto da 800 mila euro che nell’estate del 2013 fu affidato alla cooperativa guidata da Salvatore Buzzi in tema di manutenzione delle piste ciclabili della città. Per questa operazione un ruolo fondamentale è svolto, secondo gli inquirenti, da Claudio Turella, funzionario del X Dipartimento di Roma Capitale (Tutela ambiente e verde – Protezione Civile) e ritenuto dagli inquirenti colui che «garantiva al sodalizio continuità tra le diverse Giunte capitoline, consentendogli di esercitare pertanto le proprie influenze, indipendentemente dall’area politica al potere». Per l’appalto il funzionario si sarebbe mosso, in base a quanto ricostruito dal Ros, per far ottenere gli 800 mila euro «al netto dell’Iva invece che comprensivo di quest’ultima imposta». In cambio, Turella «avrebbe avanzato la richiesta di 100 mila euro, successivamente rinegoziata – scrivono i carabinieri – in 30 mila come prezzo per l’atto contrario ai doveri di ufficio». In una intercettazione Buzzi, confermando che Turella era uomo vicino al clan, afferma che «gli davamo la pagnotta pure a lui…». Stando alle carte dell’inchiesta, Turella avrebbe ricevuto dal clan anche «40 mila euro, elargiti quale evidente tangente per l’emergenza neve». Al nome del funzionario «buono per tutte le stagioni» è legato anche un vero e proprio giallo legato a questa inchiesta: il furto, avvenuto il 5 dicembre, di un pc in un ufficio comunale. Di questo episodio i Ros danno conto nell’informativa e questo farebbe supporre un legame tra la rapina e gli sviluppi della maxinchiesta. In particolare i carabinieri fanno riferimento anche alla gran massa di soldi, circa 570 mila euro, che è stata trovata nell’abitazione del funzionario comunale. Ma non solo. Gli inquirenti capitolini stanno ‘rileggendò sotto una nuova luce un episodio avvenuto nell’aprile scorso quando di un sottufficiale della Guardia di Finanza di Cisterna di Latina fu pestato da due individui. Il militare, scrive il Ros, stava svolgendo indagini su una società pontina che aveva avuto rapporti con la cooperativa di Salvatore Buzzi.

Massimo Carminati dai forti legami con i servizi segreti, uomini dell’intelligence che consegnano alla ‘bandà contanti da cambiare. Nelle carte dell’inchiesta Mafia Capitale emergono alcuni fili che portano al classico copione degli 007 deviati. Il Copasir ha chiesto chiarezza. Per ora non emerge alcun coinvolgimento, ma sono in corso ulteriori approfondimenti. La prossima settimana l’Aisi riferirà al Comitato gli esiti. La suggestione parte da lontano. La banda della Magliana vantava infatti accertati rapporti con settori deviati dei servizi ed è in qualche modo entrata in alcuni dei più intricati misteri della recente storia italiana: da Aldo Moro ad Emanuela Orlandi, dalla strage di Bologna all’omicidio Pecorelli. E Carminati, 30 anni dopo, secondo l’ordinanza, continuava a godere di un carisma criminale proprio per essere stato protagonista di queste vicende. ‘Er Cecatò, rileva il gip, «si rapporta contemporaneamente, quasi sempre in una posizione sovraordinata, con i massimi esponenti della pubblica amministrazione capitolina, con esponenti dei servizi segreti, con appartenenti alle forze dell’ordine». Una delle intercettazioni agli atti dà inoltre conto anche di una conversazione in cui due personaggi parlano di agenti dei servizi all’estero che porterebbero in Italia contante da far cambiare alla ‘bandà. Al momento, tuttavia, non c’è nulla di concreto, come ha sottolineato il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone. «Non abbiamo prove – ha spiegato – di contatti di Carminati con i servizi. C’è una lunga conversazione tra lui ed un altro personaggio in cui Carminati dice di essere andato in Libano, tra i ’70 e gli ’80, mandato da qualcuno dei servizi, a fare attività varie. Abbiamo questa traccia ma è insignificante. C’è poi – ha aggiunto – la convinzione diffusa degli interlocutori di Carminati che lui mantenga questi contatti». Suggestione, millanterie o realtà, il Copasir vuole vederci chiaro e giovedì scorso ha chiesto lumi al direttore dell’Aisi, Arturo Esposito, nel corso di un’audizione. Il generale ha negato decisamente che i suoi uomini siano coinvolti nei fatti emersi dall’inchiesta. A seguito delle successive notizie emerse sulla stampa, tuttavia, il Copasir è tornato alla carica. «Abbiamo chiesto – ha riferito il presidente del Comitato, Giacomo Stucchi – un’informativa urgente al direttore dell’Aisi ed anche di essere aggiornati costantemente su quelli che sono gli sviluppi delle informazioni». Già la prossima settimana l’informativa sarà inviata al Copasir. «Tutto il Copasir – ha assicurato Angelo Tofalo (M5S) – si è impegnato fin dai primi giorni per far sì che il lavoro di tanti uomini onesti non sia accomunato a ipotetici comportamenti criminali. Chiederemo che siano avviate le dovute indagini interne cercando di avere risposte chiare e sicure».

 

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