Massacrò di botte la fidanzata, condannato a 20 anni l'assassino di Chiara | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Massacrò di botte la fidanzata, condannato a 20 anni l’assassino di Chiara

Una sentenza accolta tra pianti e applausi. Vent’anni di reclusione per Maurizio Falcioni, il romano di 35 anni che il 4 febbraio scorso ha ridotto in fin di vita la fidanzata Chiara Insidioso Monda, al termine dell’ ennesima lite di gelosia. Un vero e proprio pestaggio che ha portato la 19enne in coma, uno stato da cui la giovane è uscita solo qualche giorno fa. «Il massimo della pena, giustizia è fatta», il commento del papà della ragazza su Facebook. Il gup Giacomo Ebner, al termine di un processo svolto con rito abbreviato, ha completamente recepito l’impianto accusatorio della Procura che contestava all’imputato i reati di tentato omicidio e maltrattamenti. In particolare il giudice ha attribuito a Falcioni, che al momento della lettura della sentenza non era presente in aula, anche l’aggravante della continuazione riconoscendo quindi che l’imputato aveva costruito con la giovane ragazza un rapporto in cui la violenza era spesso presente. In aula molti amici e parenti di Chiara che da 11 mesi sta combattendo la battaglia più difficile. Tra le lacrime il padre Maurizio ha affermato che il suo pensiero oggi «va solo a Chiara» e che è «stata ripagata la fiducia nella giustizia». Proprio ieri sera, alla vigilia dell’udienza, lui stesso aveva deciso di pubblicare su Facebook le foto inedite della figlia sul lettino di ospedale, con le ferite di quel tragico 4 febbraio. Immagini raccapriccianti rese pubbliche «solo per ricordare che la vittima sarà per sempre lei…e soprattutto che lei non avrà possibilità di scegliere il modo in cui guarire». Il calvario della 19 enne, che da qualche giorno è ricoverata in un centro specializzato, era iniziato la sera del 4 febbraio. Come ha ricordato il pm Elena Neri quella fu una giornata «campale e drammatica» per Chiara. Alla base dei continui litigi la gelosia di Falcione legata, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, anche da alcuni contatti che Chiara aveva su Facebook. L’uomo, che una perizia psichiatrica ha stabilito essere capace di stare in giudizio, muratore con piccoli precedenti per droga, quel giorno aggredì la giovane fidanzata con calci e pugni, sferrati con brutale violenza, sbattendole più volte la testa e colpendola al cranio con calci. Poi, preso dal panico, chiese «aiuto per la fidanzata svenuta» e, di fronte alla evidenza che le gravi ferite riportate da Chiara non potevano essere la conseguenza di uno svenimento, negò inizialmente di averla picchiata. Le condizioni della ragazza, sottoposta ad un primo delicato intervento all’arrivo in ospedale, apparvero subito gravissime tanto che gli stessi sanitari rimasero sconvolti dallo stato in cui quella violenza cieca aveva ridotto Chiara.

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