Ebola, parla Fabrizio: "Ero stanco ma volevo tornare" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Ebola, parla Fabrizio: “Ero stanco ma volevo tornare”

– «Fabrizio era stanco, provato dalla malattia ma anche dal complicato viaggio in ambulanza che si era reso necessario per raggiungere l’aeroporto di Free Town, dove siamo andati a prenderlo. Ricordo bene soprattutto i suoi occhi, molto rossi, spauriti, ma anche determinati a lottare». Marco Lastilla, ufficiale medico del team specializzato dell’Aeronautica Militare che ha curato la missione di rimpatrio di Fabrizio Pulvirenti dalla Sierra Leone, ripercorre quei momenti all’indomani della notizia della completa guarigione del medico volontario di Emergency, primo malato italiano di ebola, che oggi ha trascorso la sua prima giornata di convalescenza in Sicilia, in famiglia e ha mangiato manicaretti siciliani tra cui una cassata. «Poco prima di iniziare la procedura di trasbordo all’interno della barella speciale e poi il caricamento sull’enorme Boeing KC-767 allestito per il trasporto, lui ci ha chiesto: ‘Cosa mi accadrà adesso? Dove vi mettete?’. ‘Fabrizio, stai tranquillo, sono un medico anche io. Ti portiamo a Roma adessò, gli ho risposto». Fabrizio Pulvirenti e Marco Lastilla sono accomunati dalla stessa professione, ma anche da una specializzazione in malattie infettive e tropicali che li ha portati in giro per il mondo, spesso in Africa (dove il caso ha voluto che l’uno diventasse paziente dell’altro). Praticamente coetanei, hanno scoperto di aver frequentato lo stesso corso di specializzazione a Roma agli inizi degli studi universitari, dove però non si erano mai incontrati. «La prima telefonata – ricorda Lastilla – mi è arrivata alle sette di sera, ero fuori Roma, fuori dal servizio, ma pronto a partire, come accade quando siamo di reperibilità. La tuta da volo era già in macchina, poche ore dopo ero all’aeroporto di Pratica di Mare insieme agli altri 11 colleghi del team. Ricordo la frenesia delle chiamate tra noi, i messaggini su whatsapp per controllare le ultime cose, procedure provate decine di volte in esercitazione ma stavolta era un’operazione reale. Devo dire siamo stati sempre sereni, sono dieci anni che operiamo insieme, ma l’adrenalina è fortissima in quei momenti». Nato a Milano ma sempre vissuto a Roma, città materna (il padre è invece originario della Puglia), e dove tuttora lavora presso il Servizio Sanitario dell’Aeronautica Militare, Lastilla ha 49 anni. Da 20 è in Aeronautica, segnati da tanto studio, tanti corsi (negli Stati Uniti, nel 2004, apprenderà tante delle tecniche messe poi in pratica in Italia per far nascere e sviluppare la capacità di trasporto aereo in alto isolamento, un settore dove oggi l’Aeronautica Militare e l’Italia sono leader a livello europeo), tante esperienze all’estero, dai Balcani, all’Afghanistan, all’Africa (in Mali e in Uganda). «Ieri – dice Lastilla – quando ho visto Fabrizio, insieme ai medici e agli infermieri dello Spallanzani che lo hanno curato ho provato un’emozione fortissima. Mi piace pensare alla strada che l’Italia ha fatto in questo senso, sono contento di fare parte di un sistema che ha saputo guardare avanti, consentendo oggi a Fabrizio (e speriamo a tantissimi altri in futuro) di sconfiggere mali terribili come ebola».

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