Papa Francesco: "Avere cura dei poveri non è comunismo ma vangelo" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Papa Francesco: “Avere cura dei poveri non è comunismo ma vangelo”

L’attenzione e l’amore per i poveri «è nel Vangelo e nella tradizione della Chiesa, non è un’invenzione del comunismo e non bisogna ideologizzarla». Oggi i mercati contano più delle persone, è un’economia malata. Dire questo non vuol dire essere comunisti. Così Papa Francesco in un’intervista in un libro di Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, dal titolo ‘Papa Francesco. Questa economia uccidè, in libreria da martedì, di cui la ‘Stampà pubblica oggi un’anticipazione. «Innanzitutto -spiega Papa Bergoglio- è bene ricordare che c’ è bisogno di etica nell’economia, e c’ è bisogno di etica anche nella politica. Più volte vari capi di Stato e leader politici che ho potuto incontrare dopo la mia elezione a vescovo di Roma mi hanno parlato di questo. Hanno detto: voi leader religiosi dovete aiutarci, darci delle indicazioni etiche. Sì, il pastore può fare i suoi richiami, ma sono convinto che ci sia bisogno, come ricordava Benedetto XVI nell’ enciclica ‘Caritas in veritatè, di uomini e donne con le braccia alzate verso Dio per pregarlo, consapevoli che l’amore e la condivisione da cui deriva l’ autentico sviluppo, non sono un prodotto delle nostre mani, ma un dono da chiedere». «E al tempo stesso -rimarca il Pontefice- sono convinto che ci sia bisogno che questi uomini e queste donne si impegnino, ad ogni livello, nella società, nella politica, nelle istituzioni e nell’ economia, mettendo al centro il bene comune. Non possiamo più aspettare a risolvere le cause strutturali della povertà, per guarire le nostre società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi. I mercati e la speculazione finanziaria non possono godere di un’ autonomia assoluta. Senza una soluzione ai problemi dei poveri non risolveremo i problemi del mondo. Servono programmi, meccanismi e processi orientati a una migliore distribuzione delle risorse, alla creazione di lavoro, alla promozione integrale di chi è escluso». «Prima che arrivasse Francesco d’Assisi c’ erano i »pauperisti« -ricorda Papa Francesco- nel Medio Evo ci sono state molte correnti pauperistiche. Il pauperismo è una caricatura del Vangelo e della stessa povertà. Invece san Francesco ci ha aiutato a scoprire il legame profondo tra la povertà e il cammino evangelico. Gesù afferma che non si possono servire due padroni, Dio e la ricchezza. È pauperismo? Gesù ci dice qual è il ‘protocollò sulla base del quale noi saremo giudicati, è quello che leggiamo nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: ho avuto fame, ho avuto sete, sono stato in carcere, ero malato, ero nudo e mi avete aiutato, vestito, visitato, vi siete presi cura di me. Ogni volta che facciamo questo a un nostro fratello, lo facciamo a Gesù. Avere cura del nostro prossimo: di chi è povero, di chi soffre nel corpo nello spirito, di chi è nel bisogno. Questa è la pietra di paragone. È pauperismo? No, è Vangelo». ( «La povertà allontana -dice ancora Francesco- dall’idolatria, dal sentirci autosufficienti. Zaccheo, dopo aver incrociato lo sguardo misericordioso di Gesù, ha donato la metà dei suoi averi ai poveri. Quello del Vangelo è un messaggio rivolto a tutti, il Vangelo non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza, quell’ idolatria che rende insensibili al grido del povero. Gesù ha detto che prima di offrire il nostro dono davanti all’ altare dobbiamo riconciliarci con il nostro fratello per essere in pace con lui. Credo che possiamo, per analogia, estendere questa richiesta anche all’essere in pace con questi fratelli poveri». Sottolinea il Papa: «Un mese prima di aprire il Concilio Ecumenico Vaticano II, Papa Giovanni XXIII disse: »La Chiesa si presenta quale è e vuole essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri«. Negli anni successivi la scelta preferenziale per i poveri è entrata nei documenti del magistero. Qualcuno potrebbe pensare a una novità, mentre invece si tratta di un’ attenzione che ha la sua origine nel Vangelo ed è documentata già nei primi secoli di cristianesimo. Se ripetessi alcuni brani delle omelie dei primi Padri della Chiesa, del II o del III secolo, su come si debbano trattare i poveri, ci sarebbe qualcuno ad accusarmi che la mia è un’ omelia marxista. »Non è del tuo avere che tu fai dono al povero; tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato in comune per l’ uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi«. Sono parole di sant’ Ambrogio, servite a Papa Paolo VI per affermare, nella ‘Populorum progressiò, che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto, e che nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario». «La Chiesa -conclude Papa Francesco- quando invita a vincere quella che ho chiamato la ‘globalizzazione dell’ indifferenzà è lontana da qualunque interesse politico e da qualunque ideologia: mossa unicamente dalle parole di Gesù vuole offrire il suo contributo alla costruzione di un mondo dove ci si custodisca l’un l’ altro e ci si prenda cura l’uno dell’altro».

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