Sicurezza, Marino e Zingaretti al prefetto: "Convocare il comitato". Pecoraro: "500 uomini in più" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Terrorismo, Marino e Zingaretti al prefetto: “Convocare il comitato”. Pecoraro: “500 uomini in più”. Vertice con Alfano: “Italia hub per foreign fighters”

Convocare un Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica sul «piano d’emergenza sanitaria» che scatterebbe in caso di attentati in seguito agli avvenimenti di Parigi, con la strage nella redazione di Charlie Hedbo, e gli allarmi per la Capitale. È questa la richiesta fatta dal sindaco di Roma Ignazio Marino e dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti in una lettera inviata al prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro.Nella missiva Marino e Zingaretti chiedono «la convocazione di un apposito Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica durante il quale fare il punto sul piano d’emergenza sanitaria che scatterebbe nel caso dovessimo fronteggiare una situazione di notevole gravità per la nostra cittadinanza». Con questa iniziativa il sindaco Ignazio Marino e il presidente Nicola Zingaretti – si legge in una nota – intendono confermare il loro impegno a tutela della sicurezza dei cittadini e della capacità di tutte le istituzioni di rispondere all’altezza di ogni allarme ovviamente augurandosi – come è scritto ancora nella lettera inviata al Prefetto Pecoraro – che questa nostra preoccupazione non abbia alcuna ragione di essere e che mai assisteremo a Roma a uno scenario così drammatico«.

«È stata fatta un’attività preventiva di vigilanza e siamo fiduciosi perchè non ci sono segnali specifici», ma «è un momento straordinario: ho chiesto 500 uomini in più su Roma» per l’allerta terrorismo. Lo ha detto il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. «È importante che il sistema di prevenzione funzioni», ha aggiunto.- «Abbiamo fatto un’attività preventiva di vigilanza per gli obiettivi sensibili, anche francesi; e siamo fiduciosi perchè non ci sono segnali specifici», ha spiegato Pecoraro che invita i romani a «non preoccuparsi». Ma allo stesso tempo, su un piano preventivo, bisogna tener conto del fatto che «l’Italia è un paese occidentale e per questo è un Paese a rischio», ha detto il prefetto a margine di un convegno sulla corruzione alla Luiss. E il Vaticano?, gli è stato chiesto dai cronisti. «A Roma c’è la Città del Vaticano», si è limitato a dire Pecoraro. «Dobbiamo avere la consapevolezza che bisogna stare attenti e il sistema della prevenzione messo in atto deve funzionare». Per questo «ho chiesto 500 uomini in più tra agenti di polizia, carabinieri, uomini della Guardia di finanza».

Un vertice tra il procuratore capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Giancarlo Capaldo e otto pm del pool antiterrorismo si è svolto oggi negli uffici di Piazzale Clodio, a Roma. Al centro del confronto anche le indagini sull’estremismo islamico, che nella capitale vede indagate almeno 10 persone. Un procedimento che riguarda l’emergenza terrorismo e che presto potrebbe essere al centro anche di un incontro con i responsabili di altre procure che indagano su singole cellule jihadiste. Nel corso dell’incontro di oggi il procuratore Pignatone ha illustrato ai colleghi anche quanto discusso martedì sera nella riunione congiunta con i capi delle altre procure, a cui hanno partecipato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano.

Sono molti gli avvertimenti minacciosi per l’Italia comparsi sul web all’indomani delle azioni in Francia dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly, alcuni dei quali esaminati con particolare attenzione dagli 007. Tra gli altri messaggi, finalizzati soprattutto a fare proselitismo e propaganda online, c’è un post in cui viene raffigurato un uomo incappucciato che sovrasta il Colosseo con la scritta: «Domani il Corano a Roma come a Parigi». Lo rende noto il sito Wikilao, che è in possesso del fotomontaggio, sulla cui provenienza sono in corso accertamenti. Secondo Wikilao, le indagini già compiute dall’intelligence hanno stabilito che il messaggio è stato postato su un social network islamista da un supporter dell’Isis «senza effettive e immediate capacità operative. Ciò non toglie – si legge nel sito – che la cosa abbia messo in apprensione le autorità preposte alla sicurezza del Paese».

Un hub, un nodo di smistamento da dove raggiungere la Siria o ritornare in Europa, utilizzato da decine di foreign fighters partiti da altri paesi europei: le indagini degli uomini dell’antiterrorismo e dell’intelligence rivelano un ruolo tutt’altro che marginale dell’Italia nelle rotte per i fronti di guerra. E anche se al momento non risultano strutture stabili nel nostro paese che hanno come obiettivo proprio l’istradamento degli estremisti di mezza Europa verso la Siria, non significa che i rischi siano minori. In Siria, sottolineano gli analisti, sono finiti non solo vecchi protagonisti degli ambienti islamisti più radicali ma anche e soprattutto migranti di seconda generazione, spesso giovanissimi, appartenenti alla cosiddetta ‘Inspire generation’. Si tratta, dicono gli apparati di sicurezza, di militanti che si muovono all’esterno dei tradizionali circuiti delle moschee, privi di legami evidenti con i principali network terroristici internazionali e anzi spesso apparentemente isolati, la cui adesione al jihad è la diretta conseguenza della propaganda radicale diffusa in rete da diversi siti e magazine a partire proprio da ‘Inspirè, la rivista web fondata da Anwar al Awlaqi, l’ideologo radicale americano di origine yemenita ucciso da un drone americano nel settembre 2012. Grazie a questa propaganda martellante, molti giovanissimi europei, quasi sempre migranti di seconda generazione, si sono trasformati in veri e propri combattenti. E in molti casi sono passati per l’Italia, utilizzando proprio quei canali di cui parlano i rapporti dell’antiterrorismo e dell’intelligence. Ma i pericoli non arrivano solo da questo fronte, come dimostra la continua propaganda online degli estremisti di matrice islamica. L’ultima ‘minaccià in ordine cronologico è stata postata all’indomani degli attacchi di Parigi: in un fotomontaggio si vede un uomo incappucciato che sovrasta il Colosseo con la scritta: «Domani il Corano a Roma come a Parigi». La foto sarebbe stata messa in rete da un supporter dell’Isis senza capacità operative immediate, ma ciò non vuol dire che non vi sia qualcuno invece pronto ad agire. L’Espresso, ad esempio, nel nuovo numero in edicola scrive di un dossier del Viminale contenente le schede di quasi 800 persone: donne e uomini che hanno o hanno avuto in qualche modo a che fare con l’Italia, di cui si conosce identità, storie e, in alcuni casi, anche gli obiettivi che vorrebbero colpire. Il documento più inquietante è un’informativa dell’Aise del 16 luglio del 2014: si parla di una cellula di cinque combattenti dell’Isis, europei di origine tunisina e canadese, che hanno lasciato la Siria per raggiungere il nostro paese con un obiettivo, il Vaticano. I servizi ne avrebbero identificati quattro e hanno seguito le loro tracce fino allo scorso 15 luglio, quando i terroristi avrebbero deciso di imbarcarsi su una motonave con a bordo 400 clandestini, diretta verso il nostro paese. Una volta arrivati in Italia, i cinque avrebbero potuto muoversi liberamente grazie a passaporti norvegesi. L’attenzione dunque è altissima su diversi fronti, tanto che il prefetto di Genova ha innalzato al massimo livello al presidente della Cei Angelo Bagnasco, e i rischi concreti. E non è un caso che il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro abbia chiesto 500 uomini in più per garantire la sicurezza su Roma, anche in vista della prossima elezione del nuovo presidente della Repubblica, che richiederà agli apparati di sicurezza un ulteriore sforzo. «È stata fatta un’attività preventiva di vigilanza e siamo fiduciosi, perchè non ci sono segnali specifici» sottolinea Pecoraro, ma «è un momento straordinario» per l’allerta terrorismo e l’Italia «è un paese occidentale e per questo a rischio». Dunque «e» importante che il sistema di prevenzione funzioni«.

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