Teatro Opera, applausi per il Werther: dramma d'amore e morte | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Teatro Opera, applausi per il Werther: dramma d’amore e morte

– L’amore che si lega con la morte, in una passione sfortunata che assume tutti i colori di un dramma esistenziale. Si apre così, nel segno dell’emozione, il 2015 al Teatro dell’Opera di Roma, dove ieri sera è andato in scena il Werther di Jules Massenet, per la regia di Willy Decker e con la direzione del Maestro Jesus Lopez-Cobos. Tra forti sentimenti, atmosfere suggestive, grande impatto visivo è stato facile per il pubblico partecipare con entusiasmo alla vicenda di Werther, un ragazzo schivo e sognatore, il cui cuore è tormentato dall’amore per Charlotte. Quest’ultima infatti, dovrà sposare Albert pur non amandolo, per una promessa fatta alla madre morta, e dovrà rinunciare alla felicità che Werther avrebbe potuto darle. Tratta dal celebre romanzo di Goethe, I dolori del giovane Werther, quest’opera raffinata e impetuosa, per merito del regista, riesce a trasportare il pubblico direttamente nelle atmosfere del Romanticismo senza dimenticare la sua origine, creando un ponte tra l’ottocentesco Massenet e il ‘700 goethiano. Che fosse uno spettacolo collaudato era cosa già nota: questo allestimento – dell’Oper Frankfurt con le scene e i costumi di Wolfgang Gussmann – è infatti approdato a Roma dopo aver riscosso successi in tutta Europa, a partire dal 1996, quando venne pensato per la Nederlandse Opera di Amsterdam. Al Costanzi resterà in replica fino al 29 gennaio, con la rappresentazione di mercoledì 21 trasmessa in diretta su Rai Radio 3. Interpretato dal bravissimo Francesco Meli, che conosce tutti i segreti del personaggio essendosi trovato più volte a farci i conti, Werther riesce sulla scena a ergersi su tutti, mostrando senza pudore il suo dolore: una sofferenza che se da un lato appare comprensibile perchè l’amore per Charlotte è destinato a rimanere solo un sogno irrealizzabile, dall’altro sembra quasi autoalimentarsi, compiacendosi di se stessa. Molto del fascino intramontabile di Werther sta infatti nella sua spasmodica ricerca di qualcosa che non c’è: ed è proprio il vuoto dell’assenza a dare al personaggio l’intensità più piena del pathos. Di fronte a lui, unita e contrapposta, c’è Charlotte (il mezzosoprano Veronica Simeoni), una donna che vibra e soffre per amore, e che nell’opera appare meno ingessata nelle convenzioni sociali e più risoluta rispetto alla visione del romanzo goethiano, pur piegandosi al matrimonio combinato. E mentre i cantanti dialogano nell’incedere elegante della musica – a ognuno di loro il merito di saper rendere con la voce e la presenza scenica le sfumature psicologiche dei personaggi -, la scena, concepita come uno spazio unico per dare continuità all’azione, non fa distogliere lo sguardo, fino allo straziante epilogo finale, che la platea ha accompagnato da applausi e acclamazioni: la morte di Werther, nel contrasto stridente dei bambini che intonano un canto natalizio, è insieme una condanna e una liberazione. Ciò che viene restituito al pubblico è il racconto di una storia: risiede qui infatti la grandezza di questo Werther, un’opera in grado di appassionare e coinvolgere grazie a una narrazione che le scelte registiche unite alla sapienza musicale di Massenet hanno reso esplicita e comprensibile.

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