'Ndrangheta, scoperta organizzazione a Roma: 30 arresti. Trovati riti di affiliazione, coinvolta una coop di Mafia capitale | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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‘Ndrangheta, sgominata un’organizzazione: 31 arresti. Ecco il codice di San Luca, l’alfabeto della cosca

Una cellula della ‘Ndrangheta radicata da anni nella Capitale. Un’organizzazione collegata alle cosche calabresi di San Luca che muoveva milioni di euro attraverso il traffico internazionale di droga e puntava ad accreditarsi come unico referente nella Capitale anche per la camorra napoletana. A sgominarla gli uomini della Squadra Mobile di Roma, guidati da Renato Cortese, e del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza che all’alba hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare per 31 persone, di cui due attualmente in Spagna. Circa 600 i chili di cocaina e hashish sequestrati. Perquisita anche la cooperativa Edera, coinvolta nelle indagini su Mafia Capitale, che assicurava lavoro a detenuti per farli accedere a misure alternative al carcere. La coop avrebbe dato in passato lavoro ad alcuni degli arrestati di oggi. Secondo gli inquirenti, la ‘cellulà romana era in grado di trattare con i narcos colombiani grazie ai propri emissari in Colombia e Marocco, gestendo un giro di affari di decine di milioni di euro con un traffico di cocaina di circa 1.500 chili. Un’organizzazione spietata che si sarebbe macchiata anche di diversi fatti di sangue nella Capitale, dava rifugio a latitante e aveva una grande disponibilità di armi. A quanto accertato Giovanni Pizzata, uno degli arrestati, aveva costituito un vero e proprio gruppo di fuoco a Roma. Tra gli episodi di cui si sarebbero resi responsabili, il ferimento di un marocchino ad Ardea, «reo» di aver occupato illegalmente una casa in cui viveva un amico di Pizzata e la gambizzazione di un carrozziere, a ottobre 2012, che aveva mancato di rispetto a due membri di spicco del gruppo. Nel corso delle indagini è stato ricostruito e contestato anche un episodio di estorsione ai danni di un imprenditore. Le indagini sono scattate proprio in seguito a un fatto di sangue: l’omicidio di Vincenzo Femia, ritenuto referente sul territorio romano di una delle cosche di San Luca e assassinato il 24 gennaio 2013. Un delitto per cui sono stati arrestati gli esecutori e che avrebbe come movente dissidi tra ‘famigliè sul prezzo della droga nella Capitale. Di fondamentale importanza per l’attuale inchiesta le dichiarazioni fornite da uno degli arrestati per il delitto Femia, Gianni Cretarola, diventato collaboratore di giustizia. Nella sua abitazione di viale Palmiro Togliatti, all’indomani dell’arresto avvenuto lo scorso anno, è stato trovato un quaderno con i riti di affiliazione alla ‘ndrangheta, scritti in codice, soprannominato ‘Codice San Lucà. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip del Tribunale di Roma, ha evidenziato «un elevato coefficiente di pericolosità criminale degli indagati» che come obiettivo avrebbero avuto quello di rafforzare le cosche nella Capitale. «Roma è considerata strategica per la ‘ndrangheta. C’è qualcuno che addirittura ha detto ‘Roma è il futurò». Ha sottolineato il procuratore aggiunto della Dda di Roma, Michele Prestipino, nel corso di una conferenza stampa. «C’è una presenza ‘ndranghetista – ha aggiunto – allo stato non possiamo dire che sia organizzata sul territorio con una locale, ma è altrettanto pericolosa».

Un alfabeto criptato comprensibile solo agli affiliati. È il Codice San Luca, una sorta di Stele di Rosetta della ‘ndrangheta, trovata nell’appartamento del collaboratore di giustizia, Gianni Cretarola, che avrebbe riferito di essere stato affiliato alla ‘ndrangheta nel 2008, mentre si trovava ristretto nel carcere a Sulmona. Nel corso della perquisizione eseguita nella sua abitazione di via Palmiro Togliatti lo scorso anno, all’indomani del suo arresto per l’omicidio di Vincenzo Femia, è stato trovato un quaderno a righe di colore rosso. Un quaderno rosso col prezioso codice che rivela in maniera dettagliata, le fasi di affiliazioni alla ‘ndrangheta e di acquisizioni dei ‘gradì, con il rituale, le formule, i simboli utilizzati. Simboli, annota il gip, «classici della ‘ndrangheta: i riferimenti alla tradizione cattolica, i riferimenti all’isola di Favignana, i riferimenti all’albero, i riferimenti all’onore». «Picciotto, camorrista, sgarrista, santista, vangelista, quartino, trequartino, padrino e capobastone sono le ‘dotì e i vari gradi con cui si identifica uno ‘ndranghetista. L’affiliazione può aver corso in due modi: per nascita, modalità riservata a coloro che già appartengono ad una famiglia mafiosa, o per »battesimo«, tramite il rito di »affiliazione«, che vincola il soggetto all’organizzazione fino alla morte», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione che ha portato all’arresto di 31 persone a Roma. Si viene battezzati «con un rituale preciso, che può celebrarsi poco dopo la nascita (se si tratta del figlio di un importante esponente dell’organizzazione; in questo caso, finchè il bambino non raggiungerà i quattordici anni, età minima per entrare nella ‘ndrangheta, si dirà che il piccolo è »mezzo dentro e mezzo fuori«), oppure attraverso un giuramento, per il quale garantisce con la vita il mafioso che presenta il novizio. Il rituale del battesimo è simile ad una cerimonia esoterica, durante la quale il nuovo affiliato è chiamato a giurare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Il battesimo vincola per tutta la vita e le devianze sono spesso pagate anche dalla famiglia dell’affiliato». «Se loro battezzavano cò ferri, catene e camicie di forza io battezzo cò ferri, catene e camicie di forza. Se loro battezzavano cò gelsomini e fiori di rose in mano io battezzo con gelsomini e fiori di rose»: questa la formula rituale recitata durante il battesimo dopo che il novizio è stato punto per tre volte.

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