Anfore e vasi greci, maxi recupero da 50 milioni di euro | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Anfore e vasi greci, maxi recupero da 50 milioni di euro

– Decine di anfore che raccontano le storie di grandi miti. Spettacolari vasi ipogei di Canosa da cui si affacciano volti di bellissime divinità. E poi un piccolo esercito di bronzetti nuragici e tanagrine, le figure femminili che si usavano nelle sepolture. Fino agli affreschi a tinte porpora con animali e musici, strappati alle ville vesuviane. È l’impressionante collezione di reperti archeologici che un trafficante d’arte smerciava illegalmente in tutto il mondo dalla sua base in Svizzera e che oggi i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio restituiscono al patrimonio italiano al termine di quella che ricorderemo come «Operazione Teseo»: in tutto 5.361 pezzi dal 1000 a.C. al II-III secolo d.C, per un valore stimato di 50 milioni di euro. «È di gran lunga il più grande recupero di beni d’arte della storia, per qualità e quantità, con pezzi di assoluta rarità», racconta il Generale dei Carabinieri TCP Mariano Mossa, presentando le opere, temporaneamente custodite al Museo delle Terme di Diocleziano, insieme al Ministro dei beni culturali Dario Franceschini e al procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, che ha coordinato la complessa indagine internazionale. Tutto nasce da un altro ritrovamento, il vaso di Assteas recuperato al Getty Museum di Malibù. Durante quell’inchiesta i Carabinieri incrociano infatti un intermediario, Gianfranco Becchina, la cui posizione è da subito poco chiara: partito facchino d’albergo, in pochi mesi è diventato titolare di una galleria d’arte in Svizzera con volumi d’affari miliardari. Passata al setaccio la sua attività in collaborazione con la Polizia di Ginevra e Basilea, i Carabinieri scoprono così prima una fittissima rete di scambi internazionali e poi 5 depositi pieni di reperti trafugati, cataloghi, indirizzi, schede di vendita (con foto prima e dopo il restauro). Un patrimonio, spiega Mossa, «frutto di una decina di anni di scavi clandestini», le cui tracce portano i Carabinieri in giro per il mondo, a recuperare opere già vendute «a privati ma anche a importantissimi musei, tra Stati Uniti, Germania, Giappone, Australia e Inghilterra». Arrestato in fuga a Linate (come in Svizzera sua moglie, complice nel traffico) per furto, ricettazione ed esportazione clandestina, purtroppo Becchina è ora libero perchè i reati sono caduti in prescrizione. «Ma – incalza Mossa – soggetti così sono poi attenzionati e per forza devono smettere la loro attività». Di certo, aggiunge il ministro Franceschini, «questa operazione dimostra una delle eccellenze italiane», come l’attività del Comando TCP dei Carabinieri, ma anche la necessità «di un inasprimento delle pene per questi reati sul quale stiamo già lavorando con il Ministero di Giustizia». Intanto, la mirabolante collezione verrà divisa tra i musei archeologici delle (supposte) aree di provenienza, ovvero Lazio, Campania, Sardegna, Puglia, Basilicata e Sicilia. Una distesa di crateri a figure attiche, loutrophoros, oinochoe, trozzelle e statue votive, tra cui spicca un’anfora corinzia del VI secolo a.C. decorata con il mito di Teseo. Ma, sottolinea la soprintendente archeologica di Roma, Maria Rosaria Barbera, «c’è anche quella con il Ratto delle Leucippidi o le donne ammantate delle tanagrine. E poi i vasi filtro per il vino probabilmente di Pontecagnano o le ceramiche di Ignazia, i corredi funerari dalle Necropoli di Taranto e del Fusco, le olle di sapore di Canosa, gli affreschi vesuviani. È evidente che sono state depredate intere necropoli e santuari. Tutti materiali strappati al loro contesto, che non potranno mai più raccontarci per intero la loro storia. E che gridano a tutti: ‘non fate così!»’.

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