A Roma i suoni perduti degli strumenti antichi
Suonare Mozart su un fortepiano uscito dalla bottega dei fratelli Stein, di cui il grande compositore era un estimatore; ascoltare le note delicate di un salterio del XVIII secolo; confrontare i timbri di un mandolino napoletano e di uno lombardo: il titolo ‘Alla ricerca dei suoni perdutì è azzeccato per la mostra di strumenti musicali al Museo di Palazzo Venezia, visitabile da domani al 1 marzo. Esposti ci sono gli strumenti musicali della collezione privata di Fernanda Giulini, imprenditrice lombarda del tessile (è sua l’azienda di abbigliamento Liolà) e grande intenditrice d’arte e di musica. La sua preziosa raccolta – una settantina di pezzi fra cembali, fortepiani, spinette, arpe, salteri, chitarre e mandolini – è stata messa insieme negli anni secondo criteri rigorosi: solo strumenti a corda, innanzitutto, e poi veri e propri capolavori di ebanisteria e pittura («Ho rifiutato di acquistare strumenti preziosissimi perchè erano brutti e non li volevo per casa», racconta lei), per appagare l’occhio oltre che l’orecchio. Sì, perchè la terza caratteristica che li accomuna è l’essere tutti perfettamente accordati e suonabili. La stessa Giulini, diplomata in pianoforte, si esercita su alcuni di essi, conservati nella residenza di famiglia in Brianza, Villa Medici-Giulini, e descritti in un bel catalogo a cura di John Henry van der Meer, uno dei massimi organologi del nostro tempo. A spiegare la scelta della sede della mostra, fortemente voluta dal sottosegretario del Mibact Ilaria Borletti Buitoni, è la direttrice del museo Andreina Draghi: «Fra le tante funzioni che Palazzo Venezia ha avuto negli anni – ha detto oggi in conferenza stampa – come residenza pontificia, sede di ambasciate e anche del governo fascista, la più importante è quella di contenitore per il collezionismo privato, ad esempio per Paolo II Barbo e per il cardinal Domenico Grimani». Quando lo Stato italiano acquistò il palazzo, nel 1916, cominciarono poi a confluirvi sotto forma di lasciti e legati numerose collezioni private: «Il risultato – ha continuato la Draghi – è che il museo ha assunto un carattere eterogeneo e particolarissimo, con moltissimi capolavori delle arti applicate, bronzi, argenti, maioliche…». Insomma, a Palazzo Venezia manufatti come il clavicembalo «Ottoboni», magnificamente dipinto nella seconda metà del XVII secolo da Luca Giordano, trovano una collocazione naturale, «perchè non si frantuma il rapporto fra gli strumenti, gli arredi e gli ambienti». Nelle intenzioni del sottosegretario Borletti Buitoni, la mostra può essere anche lo stimolo per visitare un altro gioiello di Roma, il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di piazza Santa Croce in Gerusalemme, il più importante nel suo genere in Europa, che ha riaperto i battenti dopo oltre due anni di chiusura: «Dobbiamo riscoprire la nostra eccezionale cultura musicale, troppo spesso trascurata, dimenticata, avvilita», ha commentato. Per cominciare, domenica prossima, la prima del mese, si potrà entrare gratuitamente al Museo di Palazzo Venezia e ascoltare gli allievi del Conservatorio di Roma che suoneranno alcuni degli strumenti della collezione Giulini: perchè per questo sono fatti gli strumenti musicali, per quanto antichi e preziosi.
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