Rifiuti, Consiglio di Stato: "Malagrotta va messa in sicurezza" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Rifiuti, Consiglio di Stato: “Malagrotta va messa in sicurezza”

L’ordinanza con cui nel 2011 l’allora sindaco di Roma Alemanno aveva imposto misure per messa in sicurezza della discarica di Malagrotta è legittima. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, ribaltando la sentenza del Tar e accogliendo i ricorsi presentati proposti da Roma Capitale, Agenzia Regionale Protezione Ambientale del Lazio e Associazione Codici contro la società E. Giovi srl che gestisce la discarica. I giudici hanno trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica di Roma, per i provvedimenti di competenza. – La decisione interviene su una vicenda che nel frattempo, anche a seguito dell’inchiesta penale che ha interessato Malagrotta e il suo proprietario, Manlio Cerroni, ha avuto molteplici sviluppi. La stessa discarica è stata chiusa su disposizione del sindaco attuale, Ignazio Marino, nel 2013. Per quanto riguarda la procedura esaminata dai giudici amministrativi, il 22 luglio 2011 il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso della «E. Giovi» contro l’ordinanza Alemanno, a seguito di una verifica affidata al Consiglio superiore dei lavori pubblici e finalizzata a chiarire l’idoneità degli interventi disposti dall’allora sindaco. Il Tar stabilì che le prescrizioni contenute nell’ordinanza, «sia pur ispirate da una ragionevole e comprensibile esigenza di salvaguardia ambientale, non sono da ritenere idonee al caso, in quanto prive di pratica fattibilità nei termini in cui queste vengono enunciate». Ora, invece, la quinta sezione del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha definitivamente dichiarato legittima l’ordinanza a tutela della salute pubblica con cui nel 2011 erano state imposte alla E. Giovi, in qualità di gestore della discarica, opere di bonifica per fronteggiare i gravi fenomeni di inquinamento della falda. E sulla scorta delle indagini tecniche svolte dal collegio di verificatori del Politecnico di Torino, nominato in corso di causa, ha ritenuto opportuno trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica di Roma. «Nel merito – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato – occorre rilevare che le conclusioni alle quali è giunto il verificatore nominato dal Tar per il Lazio sono state del tutto smentite dal collegio di verificatori nominato in secondo grado, che ha proceduto non solo utilizzando i dati evincibili dalla documentazione già agli atti del fascicolo, ma anche attraverso indagini svolte autonomamente, in modo da poter traguardare con un maggior numero di elementi le conclusioni contenute nell’ordinanza impugnata con il ricorso di prime cure».

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