Truffa, la procura indaga sui 36 piloti-cassaintegrati | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Truffa, la procura indaga sui 36 piloti-cassaintegrati. Sotto osservazioni altri 100 comandanti

Potrebbe essere molto più estesa la truffa messa in piedi dai piloti che, in cassa integrazione in Italia, lavoravano regolarmente per compagnie straniere, sommando l’indennità di disoccupazione allo stipendio: dopo aver denunciato 36 di loro, la Guardia di Finanza sta indagando su un altro centinaio di posizioni, tutti comandanti e vice comandanti usciti dalle compagnie italiane attorno al 2008. Il danno alle casse dello Stato, qualora i nuovi accertamenti confermassero le indicazioni emerse, potrebbe dunque essere di decine di milioni. Gli accertamenti e le verifiche condotte finora, infatti, hanno consentito di chiarire la posizione della maggior parte dei circa mille piloti finiti sotto la lente d’ingrandimento, che sono risultati in regola o hanno scelto di andare in pensione. Per oltre un centinaio di persone, invece, i controlli hanno evidenziato elementi da approfondire: i finanzieri stanno dunque incrociando i dati forniti dall’Inps con le informazioni chieste e ottenute alle compagnie straniere per verificare se vi siano profili penali. L’ipotesi investigativa è che anche questi piloti abbiano «dimenticato» di comunicare all’Inps la nuova occupazione o abbiano presentato una dichiarazione falsa, sostenendo di non avere altri rapporti di lavoro e incassando così una cifra oscillante tra i 16 mila e i 26mila euro al mese tra stipendio e indennità. Stesso comportamento dunque dei 36 che sono già stati denunciati: la procura di Roma, che ha ricevuto il fascicolo da Civitavecchia, ha iscritto i loro nomi ipotizzando il reato di truffa e ha poi inviato i fascicoli alle procure competenti: da Milano a Brescia, da Palermo a Treviso, da Tempio Pausania a Sassari. Ma gli accertamenti serviranno anche per distinguere le singole posizioni: dallo screening eseguito finora, infatti, è emerso che non tutti hanno tenuto lo stesso comportamento. C’è chi ha iniziato a lavorare con altre compagnie subito dopo esser stato messo in cassa integrazione, incassando indebitamente l’indennità per 633mila euro e chi, invece, aveva cominciato a volare solo nell’ultimo anno. Solo terminata questa prima fase dell’inchiesta, la Guardia di Finanza passerà al setaccio le posizioni di steward ed hostess. Perchè anche in questo settore, è la convinzione di chi indaga, è probabile che siano state commesse irregolarità. Gli investigatori hanno infatti già accertato che diversi assistenti di volo, soprattutto quelli con maggiore esperienza e le abilitazioni più richieste, hanno già ripreso a lavorare: ora bisognerà capire se anche loro si sono scordati di dirlo all’Inps. E l’Istituto, si apprende oggi, già a marzo del 2012 aveva chiesto con una lettera alla Farnesina, al ministero del Lavoro e all’Enac di avviare i controlli: una serie di denunce anonime segnalavano infatti un «numero considerevole» di piloti in cassa integrazione ma con un lavoro all’estero. «Le segnalazioni – scriveva il direttore generale Mauro Nori – sono state inoltrate all’autorità giudiziaria per gli adempimenti di competenza». La prima riguardava 32 piloti e indicava con precisione le compagnie aeree dove lavoravano nonostante la cassa integrazione, mentre la seconda indicava 42 nominativi. Essendo la maggior parte delle compagnie extraeuropee, concludeva la lettera, l’Inps «non ha il potere di vigilanza ispettiva e gli strumenti di legge per condurre autonomamente indagini appropriate». Dal canto suo l’Enac fa sapere di aver fornito, fin dall’inizio delle indagini «tutte le informazioni di propria competenza» alla Gdf e di continuare a collaborare «per il buon esito» dell’inchiesta.

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