Riciclaggio, per il furto degli assegni in 67 rischiano il processo | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Riciclaggio, per il furto degli assegni in 67 rischiano il processo

Nulla era lasciato al caso: timbri sottratti, cid falsificati, testimonianze del tutto inventate e come unico obiettivo quello di truffare le assicurazioni e il fondo destinato a chi è rimasto vittima di un incidente stradale. La maxi-inchiesta della Procura di Roma sull’organizzazione criminale in cui «militavano» professionisti, titolari di agenzie di pratiche auto e operai specializzati è arrivata ad una svolta con la chiusura dell’indagine, atto che prelude la richiesta di rinvio a giudizio. In totale sono 67 le persone che rischiano di finire sotto processo. Secondo l’accusa il sodalizio aveva drenato illecitamente il fondo mettendo le mani su oltre tre milioni di euro. L’accusa per loro è di associazione per delinquere finalizzata alla falsità materiale e truffa ai danni dello Stato (è il ministero dello Sviluppo economico ad amministrare il fondo per le vittime della strada infatti). Un fascicolo corposo, oltre 33 mila pagine, che ricostruisce minuziosamente l’attività degli indagati che per i pm romani già dal 2007 avevano avviato la loro attività truffaldina. Nel luglio del 2013 una prima svolta all’inchiesta con l’arresto di oltre 40 perone. Secondo l’accusa gli indagati erano riusciti a falsificare la documentazione di molti incidenti, facendoli figurare più gravi di quanto in realtà fossero e ottenendo risarcimenti a cifre molto alte. Tra gli indagati anche l’avvocato Alessandro Digiorgio, il medico Carmine Calderaro e il carabiniere Salvatore Arena che aveva il compito di redarre falsi verbali di testimonianze sugli incidenti. In base a quanto ricostruito dagli inquirenti i risarcimenti potevano arrivare anche a settantamila euro a seconda che si trattasse di un tamponamento o di un incidente dovuto al brecciolino. Ad ogni atto falsificato corrispondeva una tariffa e un certificato fasullo costava circa 500 euro.

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