Affittopoli, il Campidoglio è il più ricco proprietario immobiliare di Roma. Ma solo sulla carta | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Affittopoli, il Campidoglio è il più ricco proprietario immobiliare di Roma. Ma solo sulla carta

Le dimensioni del problema in 3 voci: entrate, uscite e perdite. Queste ultime superano il tetto dei 100 milioni di euro. Grazie anche ad un canone medio pari a 52 euro. Poco meno di 30 milioni, questa la rendita per 43 mila alloggi

È un ricco padrone immobiliare. Che fa la figura del benefattore, grazie ai canoni di locazione più bassi di tutta Roma. Quegli affitti, però, neanche riesce a recuperarli. E spende 24 milioni di euro per i campi rom; 40 per i residence, con cui combattere l’emergenza abitativa; 139 per fittare altri palazzi in cui svolgere le sue attività politico-amministrative. Il profilo è quello del Campidoglio, che ha in mano una fortuna ma riesce a dilapidarla senza battere ciglio. Una bomba che salta fuori grazie al piano di dismissioni che la giunta di Ignazio Marino aveva in mente di portare avanti per dare respiro alle casse capitoline, mettendo in vendita circa 600 edifici, e che invece porta alla luce l’ennesimo spreco di risorse pubbliche. Pagato dai soliti noti: i cittadini. Ecco a voi servita l’affittopoli in salsa romana.

“Mi scusi, cercavo una casa. Zona: Colosseo, tetto massimo: 100 euro”. L’agente immobiliare sgrana gli occhi e ci guarda, senza dire nulla. Una domanda del genere, in una qualsiasi società del settore, avrebbe costretto i dipendenti a chiedere un trattamento sanitario obbligatorio per l’incauto in cerca di casa. Non se la fai dentro gli uffici di palazzo Senatorio. Che, a due anni dall’annuncio del sindaco (“Abbatteremo i canoni di locazione passivi e incasseremo dalle strutture di nostra proprietà”), finalmente è riuscito ad accendere i riflettori su un fenomeno che non conosce né età né colore politico. Non è la prima volta, infatti, che salta fuori chi, pur senza averne diritto, riesce ad accaparrarsi una casa di prestigio con pochi euro. Di solito lo scandalo era circoscritto ai nomi conosciuti e alle loro dichiarazioni dei redditi, che avrebbero garantito acquisti a prezzi di mercato. Stavolta, invece, si conoscono le strade e i canoni. Non le persone, per motivi di privacy spiegano dal Campidoglio.

È così che si scopre come un alloggio di 34 metri quadri a largo Corrado Ricci, di fronte all’anfiteatro Flavio e con affaccio sui Fori Imperiali, si concede alla modica cifra di 662 euro l’anno: 55 euro al mese. Una quota con cui non si paga neppure il condominio in molte zone all’interno del Grande raccordo anulare. Dai Parioli al centro, i canoni vergogna si trovano in tutta la città. A due passi dalla basilica di San Pietro, giusto per fare un altro esempio, un monolocale supera di poco i 2 mila euro per 365 giorni. Finita qua? No. Perché non solo i prezzi sono irrisori, ma il Comune non riesce neppure a farsi pagare con regolarità. L’elenco dei morosi, infatti, è lungo quasi quanto quello di tutti gli immobili. C’è chi, in viale Tiziano, pur con una rata annuale di 2800 euro, ha accumulato 15 anni di ritardi e 34 mila euro di arretrati.

Questi i casi delle singole persone. Poi c’è l’hotel a 5 stelle, anche questo con vista Colosseo, che sfrutta un canone agevolato. In realtà gli alberghi di lusso sarebbero due, ma grazie allo stratagemma della chiusura di un ingresso, e una sola reception, si risparmia sul personale e si tagliano posti di lavoro. Anche questo è affittopoli. Non manca il partito politico. C’è Rifondazione comunista, fuori dal Parlamento dal 2008, che però è presente nella lista nera di chi non paga mai. I responsabili della sede cadono dalle nuvole, i numeri parlano chiaro: 74 mila euro di spettanza non versate. Il circolo è in uno stabile occupato negli anni Ottanta e, mentre gli appartamenti sono stati assegnati a una cooperativa che si occupa di autorecupero; per il Prc nessun contratto, dicono i responsabili del fu partito di Fausto Bertinotti.

Finito qui? Ancora una volta la risposta è negativa. Perché ci sono pure i sospetti sui subaffitti. Un gruppo di lavoro guidato dall’assessore al Patrimonio, Alessandra Cattoi, e quello alla Legalità, Alfonso Sabella, dovrebbe individuare e aggredire i furbetti nascosti negli immobili pubblici. La task force dovrà scovare evasori e truffe, incrociando i dati delle utenze per scovare chi nell’appartamento ‘regalato’ ospitava a pagamento altri inquilini. Ma non manca chi, per gettare benzina sul fuoco delle polemiche, chiede l’intervento del presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone.

Come sempre, in questi casi, oltre al danno non poteva mancare la beffa. E cosa fa il Comune di Roma, dopo aver impiegato oltre 700 giorni per stilare un elenco, per rimettere le cose a posto? Decide di dismettere gli immobili. Per fare cassa, recuperando circa 300 milioni di euro (nei piani più ottimistici) e azzerando i costi di manutenzione. Ma la toppa rischiava di essere peggiore del buco. Con la delibera che era stata portata in aula Giulio Cesare si presentava un mostro amministrativo: lo sconto del 30% sui palazzi di pregio, per chi – in regola con affitti e bollette – avesse deciso di diventarne proprietario. Con una riduzione di 10 punti sulla base d’asta, nel caso la prima fosse andata deserta. Parametri modificati grazie all’opposizione in assemblea capitolina, che ha riportato il maxi-emendamento nelle stanze della commissione Bilancio. Favori che poi sono stati cancellati. Che, però, hanno acceso gli animi.

Le dimensioni del problema sono in 3 voci: entrate, uscite e perdite. Queste ultime superano il tetto dei 100 milioni di euro. Grazie anche ad un canone medio, per le case del Campidoglio, che è pari a 52 euro. Poco meno di 30 milioni, questa la rendita per 43 mila alloggi. Mentre per i fitti passivi servivano, nel 2013, 21 milioni. Soldi che garantivano 4800 spazi, di cui 1042 riconducibili all’imprenditrice Angiola Armellini, accusata dai magistrati di aver frodato il fisco per non aver pagato l’Ici per anni.

Il risparmio, invece, scrivono i tecnici comunali, è di 2 milioni sul 2013. A regime si dovrebbe passare da una spesa di 138,9 (nel 2014) a 72 fra 2 anni (2017). Abbandonando così lo status di ricco proprietario. Che era solo sulla carta.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login