Il Festival delle Cerase compie 30 anni | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Il Festival delle Cerase compie 30 anni

Grandi ospiti a Monterotondo. Luttazi: “come le ciliegie, un personaggio importante tira l’altro”

festivalceraseTrent’ anni di ciliegie d’oro. Prima a Palombara e poi, da tre anni, a Monterotondo. Lunedì 16 febbraio è ripartito – con la presenza di Valeria Golino e Rocco Papaleo –  il Festival delle Cerase, la rassegna cinematografica organizzata dall’associazione culturale “Il Laboratorio” e dal Comune di Monterotondo, con il patrocinio della Regione Lazio, del ministero per i beni e le attività culturali e del “Roma Lazio Film Commission” che, come da tradizione, presenterà ogni lunedì sera, fino a giugno, le migliori produzioni nazionali della stagione in corso.

Anche quest’anno grandi ospiti e bei film, come sottolinea l’ideatore della rassegna, Silvio Luttazi: “Questa festival è partito nel 1986 quando nessuno pensava di festeggiare il cinema italiano. Invece è un successo che continua. Un po’ come le ciliegie forse, un personaggio importante tira l’altro…Sono tante le star internazionali che ci vengono a trovare ogni anno e il bilancio non può che essere molto positivo.”

La festa, cominciata a Monterotondo nella bella sede del Teatro Ramarini, (recentemente riaperto al pubblico), proseguirà con la proiezione settimanale dei 15 film in gara, fino alle premiazioni del 6 giugno, con il parere decisivo della giuria popolare. Per il terzo anno consecutivo la cittadina del nord-est di Roma è sede fissa della kermesse, “una scelta che ci riempie d’orgoglio – come ha dichiarato l’assessore alla cultura Riccardo Varone – dal teatro re-inaugurato a maggio, al museo multimediale che a giorni riusciremo ad aprire in pianta stabile, questa città dimostra che nonostante i continui tagli agli enti locali, si può e si deve investire in eventi di qualità.”

Un programma ricco, quello del Festival delle Cerase numero 30, inaugurato dal film “Il nome del figlio”, commedia di Francesca Archibugi, ispirata dal contributo artistico della pièce francese “Le Prénom”, il testo teatrale di Alexandre de la Patellière che ispira la sceneggiatura del film. Il cast è di prim’ordine: Rocco Papaleo, Valeria Golino, Alessandro Gassman, Luigi Lo Cascio e Micaela Ramazzotti. La vicenda ruota intorno ad una cena tra amici, con una coppia in attesa del primo figlio: Paolo, (Alessandro Gassman) estroverso e simpatico agente immobiliare, e Simona, (Micaela Ramazzotti) bellissima autrice di un romanzo di successo, criticato per la sua bassezza culturale. Oltre a loro Betta, (Valeria Golino) sorella di Paolo, insegnante e madre di due bambini e Sandro, (Luigi Lo Cascio) suo marito, scrittore intellettuale e professore universitario. E poi l’amico d’infanzia Claudio, (Rocco Papaleo) musicista che cerca sempre di ri-mettere in equilibrio gli squilibri degli altri.

“Il nome del figlio” rappresenta la più classica delle situazioni familiari: una cena. I protagonisti si raccontano, mostrano sé stessi, riconciliando con una sola serata il legame tra il loro passato, il presente e il futuro. La scelta del nome del figlio diventa così il pretesto per le situazioni paradossali, tipiche della commedia italiana. Una commedia frizzante e divertente, che non disdegna neanche una satira politica intelligente sui prototipi standardizzati di destra e di sinistra.

“Stare insieme tanti giorni, provare e recitare quotidianamente in sequenza cronologica è stato molto utile per tutti gli attori – ha dichiarato Valeria Golino, la protagonista femminile del film. – Tutti noi, nella nostra sfera familiare, nonostante ci conosciamo da anni, abbiamo delle zone d’ombra, dei segreti. Il mio personaggio è una donna caratterialmente fragile, ma non è una scelta. Anzi, subisce l’essere presa per scontata”

Difficile entrare nel personaggio, in realtà non ci riesco quasi mai – rilancia Rocco Papaleo, attore comico di grande successo, già premiato al Festival delle Cerase. “Mi accusano di essere quello che ha lavorato meno sul personaggio (ride ndr). Io non sono uno che entra nei personaggi – ha proseguito l’attore –  se vuole è il personaggio che entra in me. Diciamo che col mio permesso lo faccio entrare dai, mi faccio in un certo senso abitare.”

Giorgio Marota

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